Tutto quello che vuoi

Tutto quello che vuoi

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Con Tutto quello che vuoi, presentato al Bif&st 2017, Francesco Bruni torna alla commedia generazionale e, seppur all’interno di schemi consolidati, riesce a divertire ed emozionare.

Tenerezze trasteverine

Alessandro è un ventiduenne trasteverino ignorante e turbolento; Giorgio un ottantacinquenne poeta dimenticato. Vivono a pochi passi l’uno dall’altro, ma non si sono mai incontrati, finché Alessandro accetta malvolentieri un lavoro come accompagnatore di quell’elegante signore. Col passare dei giorni dalla mente dell’anziano poeta, e dai suoi versi, affiora un ricordo del suo passato: indizi di una vera e propria caccia al tesoro. Seguendoli, Alessandro si avventurerà insieme a Giorgio alla scoperta di quella ricchezza nascosta… [sinossi]

Dopo l’ambizioso ma irrisolto dramma corale Noi 4, Francesco Bruni per la sua terza regia torna a quello che sa fare meglio: la commedia generazionale. In Tutto quello che vuoi, presentato in anteprima al Bif&st 2017, proprio come nel suo esordio Scialla, Bruni mette in scena un adulto e un ragazzo, intenti a confrontarsi, in spassoso alterco, sulle proprie visioni di vita, per poi andare a stringere un forte legame affettivo. Se nel suo primo film la relazione esaminata era quella padre-figlio, questa volta il regista-sceneggiatore (suoi tanti script per Paolo Virzì) salta la generazione di mezzo puntando al rapporto, sebbene non di consanguineità, tra un nonno e un virtuale nipote.

Protagonista del film (e a tratti mattatore della scena) è il ventenne trasteverino Alessandro (Andrea Carpenzano, già visto in Il permesso – 48 ore fuori) che trascorre le sue giornate a zonzo per il quartiere insieme agli amici, marcando il territorio con spavalde scorribande. Proprio durante una di queste, dopo che un invasore in motorino è finito in terra malmenato, Alessandro viene arrestato dalla polizia. Il padre ha pronta per lui una più appropriata forma di impiego del tempo: accompagnare a pagamento un anziano signore del quartiere nelle sue passeggiate pomeridiane. L’elegante vegliardo un po’ svanito è un poeta, ha un’avvincente storia e un segreto legati alla Seconda Guerra Mondiale alle spalle e ad incarnarlo è il regista (e talvolta attore) Giuliano Montaldo.

L’obiettivo di Bruni è presto detto: rivitalizzare i sempiterni topoi della commedia di costume nostrana che, partendo dal neorealismo rosa, passano poi per il miglior cinema di Carlo Verdone e approdano un po’ nostalgicamente all’oggi. Il viatico per raggiungere credibilità ed empatia è poi infallibile: un’immersione con rinnovato slancio in una romanità sbruffona e tenera (versante incarnato dal giovane e convincente Carpenzano), che è ancora in grado di riconoscere e omaggiare i vecchi maestri (Montaldo e, in senso lato, il suo cinema).

Ma non è solo alla produzione nostrana che il Bruni regista mira a fare riferimento, se infatti con il precedente Noi 4 si cimentava a ricreare le complesse intersezioni tra il privato e il sociale tipiche del cinema di Asghar Farhadi, in Tutto quello che vuoi il modello preso ad esempio sembra essere l’Alexander Payne di Nebraska. Anche qui infatti si respira una certa disillusione (l’anziano è solitario e incompreso), sebbene presto lenita dallo spirito energico di una romanità giovanile e spontanea e poi, proprio come nel film di Payne, anche in questo caso giovani e anziani si mettono on the road per meglio comprendersi e volersi bene. Ma soprattutto Bruni pare guardare al modello del dramedy indie statunitense in generale, quando innesca i suoi meccanismi narrativi, che non sempre riescono a sposarsi con lo spirito verace dei suoi personaggi. Si pensi ad esempio all’espediente dei “graffiti” poetici sui muri dello studio dell’anziano protagonista, un classico sintomo nel cinema made in USA della follia degli outsiders, qui utilizzati come innesco per un viaggio geografico e nella nostra Storia (i protagonisti si recano in Toscana, dove l’anziano ha combattuto la guerra) accompagnato poi dall’altrettanto strumentale MacGuffin della ricerca di un fantomatico “tesoro”. Tesoro che si rivelerà poi essere, come spesso accade, soprattutto di natura umana e affettiva.

Scaltro e abile sceneggiatore, Bruni mescola in Tutto quello che vuoi l’alto e il basso, il colto e il popolaresco, imperituri cliché e grimaldelli narrativi, vecchi e nuovi maestri, il cinema nostrano del passato e quello internazionale che lui ama. A questo si aggiunge una sincera sensibilità derivante da riferimenti autobiografici, che vanno da un omaggio alla figura paterna, incarnata nel personaggio di Montaldo, alla condiscendenza dimostrata nel ritrarre il proprio quartiere, una Trastevere a tratti senza tempo, che però, attraverso il personaggio della ragazza impegnata nella ristrutturazione di un vecchio forno-cinema, ci ricorda il sostegno di Bruni all’iniziativa del Cinema America e ai suoi giovani promotori. La cosa però rischia di diventare a sua volta un cliché del suo cinema, dal momento che in Noi 4 Bruni si soffermava invece sull’operosità degli occupanti del Teatro Valle.

Quanto alla poesia, questa non è certo una cosa facile da raccontare sul grande schermo, per cui nel corso del film fanno capolino sentenze difficili da digerire del calibro di “le poesie si scrivono quando non si sa dove mettere l’amore”, oppure “le cose belle sono inutili, come la poesia”. Per fortuna poi, a fare da contraltare, ci pensa una bella declamazione a voce alta di un articolo del Corriere dello Sport. Interessante è poi l’utilizzo che Bruni fa dei videogame, quali insospettabili strumenti di comunicazione tra giovani e anziani, dal momento che consentono di reinscenare ora una partita del Grande Torino, ora una battaglia della Seconda Guerra Mondiale.

Non tutte le trovate sfoderate da Bruni dunque funzionano, a tratti si ha l’impressione di osservare il nudo meccanismo da manuale di sceneggiatura, uscendo dunque dalla finzione per apprezzare il lavoro che ci sta dietro, tutto volto a rivitalizzare per l’ennesima volta un copione già di suo usurato.
Ma è innegabile che Tutto quello che vuoi con il suo zigzagare nel tempo e nello spazio, un po’ colto e un po’ cialtrone, spesso riesca a cogliere nel segno e a strappare sapide risate, raggiungendo una non trascurabile autenticità soprattutto nella resa dei suoi personaggi, che aprono la strada a un sentimentalismo accorato e schietto, a cui lo spettatore non può fare a meno di aderire. Ed è difficile dargli torto.

Info
La scheda di Tutto quello che vuoi sul sito del Bif&st.
Il trailer di Tutto quello che vuoi.
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