Blade of the Immortal

Blade of the Immortal

di

Takashi Miike torna sulla Croisette fuori concorso con Blade of the Immortal, un jidaigeki screziato di fantasy e horror tratto da un celebre manga di Hiroaki Samura. Un divertissement che mostra il lato più ludico del regista giapponese, che però allo stesso tempo torna a ragionare da vicino su tematiche a lui particolarmente care come il concetto di corpo, l’impossibilità a morire e la coazione a ripetere. Un’opera magari diseguale ma di grande forza fisica, in cui a dominare non è il rosso del sangue (anzi, lasciato spesso in secondo piano) ma gli effetti dello scontro corpo a corpo. Una riflessione, a suo modo, sul potere e sulle sue forme di repressione delle classi “svantaggiate”. Con Takuya Kimura, Ebizō Ichikawa, Sota Fukushi e la giovanissima Hana Sugisaki.

Il codice che non c’è mai stato

Manji è un samurai che ha tradito lo shogunato; per questo, braccato e con una taglia sulla testa, viene coinvolto in un combattimento nel quale vede morire di fronte ai propri occhi la giovane sorella. Anche lui sta per morire, dopo aver massacrato gli avversari, ma una misteriosa donna appare e gli dona l’immortalità attraverso dei “vermi del sangue” che si rigenerano incessantemente nella sua carne. Cinquanta anni dopo questi fatti i genitori della giovanissima Rin Asano vengono uccisi da un gruppo di spadaccini della scuola “Itto ryu”, intenzionati a distruggere la scuola di samurai del padre di Rin. La ragazzina vuole vendicasi, e si rivolge a Manji per essere addestrata al combattimento. Manji rivede nello sguardo di Rin la sorella defunta… [sinossi]

Blade of the Immortal è l’ottantanovesimo lungometraggio diretto da Takashi Miike, considerando sia i film pensati per la sala che quelli destinati dal direct-to-video (non sono invece conteggiati gli episodi e le miniserie televisive); un numero in eterno divenire, visto che Miike ha già concluso il lavoro sull’avventura fantasy JoJo’s Bizarre Adventure: Diamond Is Unbreakable – Chapter 1, che uscirà nelle sale giapponesi ad agosto, e si è catapultato sul set di Laplace’s Witch, che sulla carta sembra un progetto più personale, teso verso le timbriche di un oscuro mystery. Sulla prolificità del regista di Ichi the Killer, The Happiness of the Katakuris, Audition e Shinjuku Triad Society si è già scritto molto, fin a partire dai primissimi anni del Ventunesimo Secolo, ed è inutile ribadire concetti triti e ritriti tanto per gli appassionati cultori quanto per gli spettatori meno ferrati ma curiosi. Certo, anche un film come Blade of the Immortal non fa altro che inserirsi in un sistema produttivo che trova in Miike un cantore puntuale, esecutore attento ma mai prono di fronte alle sceneggiature che gli vengono propinate, e che spesso e volentieri prendono a mani basse tanto dalla letteratura di largo consumo quanto dall’universo manga. Ma questa è oramai un’ovvietà che non dovrebbe stupire davvero nessuno.
Blade of the Immortal (il titolo originale, Mugen no jūnin, è traducibile alla lettera come “L’abitante dell’infinito”, dai vaghi e con ogni probabilità involontari sapori lovecraftiani) nasce sul grande schermo da un manga pubblicato per un ventennio, a partire dal 1993, da Hiroaki Samura sulla rivista Afternoon edita dalla Kōdansha; la storia è quella di Manji, rōnin [1] che per i suoi crimini è stato dannato da una misteriosa donna a vivere in eterno, ospitando all’interno del suo sangue dei famelici vermi che riemarginano ogni tipo di ferita che gli può venire inflitta. Manji, in questa condizione, si trova ad aiutare una ragazzina che ha visto massacrare i propri genitori – gestori di una scuola per samurai – e che vuole ottenere la propria vendetta.

Se il tema centrale del film, quello dell’uomo-demone abilissimo nelle arti marziali e che non può in nessun caso venire ucciso rievoca all’istante la progressione dell’ammazzatutti Izo, protagonista di uno dei titoli centrali per comprendere la poetica di Miike, Blade of the Immortal segue un tracciato assai meno sperimentale, adeguandosi a quello strano ibrido tra jidaigeki, commedia fracassona e horror che ha reso inconfondibile il marchio di fabbrica del regista giapponese. Lontano dall’asciuttezza angosciosa e stilizzata di Izo, Blade of the Immortal appare semmai come la versione soprannaturale e semplificata di 13 assassini: se in quel caso però si rifletteva sul concetto di gruppo che accetta di andare al macello per assolvere a un compito più alto (lo stesso lirismo crepuscolare de I sette samurai, il suo remake hollywoodiano firmato da Sturges e Il mucchio selvaggio di Sam Peckinpah, tanto per fare tre esempi), Manji è un puro esecutore di una vendetta privata. Almeno all’apparenza.
Laddove l’impianto narrativo e la matrice di partenza non permetto a Miike di eludere alcune trappole che nel corso delle quasi due ore e mezza di durata compaiono sullo schermo – a partire da una certa ripetitività delle situazioni, e da un mancato approfondimento di parte dei caratteri in scena – è affascinante notare come anche di fronte a un progetto standardizzato, e che la stragrande maggioranza dei registi affronterebbe senza particolari velleità, Miike sia in grado di ricondurre i nodi cruciali del racconto verso tematiche care alla propria poetica espressiva. Sulla mattanza di Blade of the Immortal (prosciugata in ogni caso della maggior parte del sangue, ma restano comunque a terra centinaia di cadaveri nel corso del film) appaiono in riflesso alcuni passaggi tutt’altro che secondari, e che appartengono in tutto e per tutto agli interessi peculiari del regista.

Innanzitutto il concetto di classe, con gli uomini capitanati da Kagehisa Anotsu che lottano, pur con diverse sensibilità, perché le loro radici – contadine o comunque povere – non consentono loro per legge di appartenere al mondo che può portare un’arma e usarla (e anche il discorso sull’ingiusto dominio della spada, arma nobile, sugli altri oggetti da usare in combattimento non è da prendere sottogamba o lasciare in secondo piano). Ma anche e soprattutto il discorso sul corpo, sulla sua rinnovabilità, sull’infinita energia che riproduce cellule, dona nuova vita-non-vita, e sul concetto di sevizia, smembramento e nuovo accorpamento. Il corpo in Miike è materia fluida, quasi come quel sangue che non si vede ma c’è, o come l’acqua in cui ci si sofferma a bere, arsi dalla sete per una gran corsa. Il corpo non è solo vivo, concetto secondario e superabile, è cosa a se stante, oggetto rimodellabile a proprio piacimento, arma impropria. Così come l’ambiguità sessuale – gli uomini di Kagehisa stuprano senza problemi la madre della giovane Rin, ma il loro capo non ha una reale identità sessuale, né virile né femminile –, altro aspetto centrale della poetica di Miike.
Al di là di questo Blade of the Immortal, che la settantesima edizione del Festival di Cannes ha deciso di ospitare nel fuori concorso, è un divertissement che sa tenere lo spettatore sulla sedia, girato con grande professionalità e una classe che film dopo film, anno dopo anno, si fa sempre più cristallina – sotto questo punto di vista basterebbe anche solo lo straordinario incipit in bianco e nero. Certo, Miike questo film l’ha già girato e probabilmente tornerà a girarlo di quando in quando. Ma c’è forse qualcosa di male?

NOTE
1. I rōnin (浪人, alla lettera ‘uomo alla deriva’) erano i samurai che, oramai senza padrone – o per la morte dello stesso o perché “licenziati” dopo un atto considerato disonorevole – decadevano dal loro status e vagavano senza meta alla ricerca per lo più di monasteri buddisti dove passare il resto dei loro giorni seguendo il codice di comportamento. Spesso diventavano però spadaccini al soldo dei signorotti locali che si servivano di loro per difendere il feduo od ottenere vendetta verso qualche nemico. È da notare come sovente il rōnin diventasse tale per essersi rifiutato di praticare il seppuku, il suicidio rituale, contravvenendo dunque alla regola di vita del samurai, il cosiddetto bushidō.
Info
Un teaser di Blade of the Immortal.
  • blade-of-the-immortal-2017-takashi-miike-01.jpg
  • blade-of-the-immortal-2017-takashi-miike-02.jpg
  • blade-of-the-immortal-2017-takashi-miike-03.jpg
  • blade-of-the-immortal-2017-takashi-miike-04.jpg
  • blade-of-the-immortal-2017-takashi-miike-05.jpg
  • blade-of-the-immortal-2017-takashi-miike-06.jpg
  • blade-of-the-immortal-2017-takashi-miike-07.jpg

Articoli correlati

Array
  • Festival

    Cannes 2017 – Minuto per minuto

    Approdiamo sulla Croisette e arriva con noi il tradizionale appuntamento del minuto per minuto. Dalla selezione ufficiale alla Quinzaine des réalisateurs e alla Semaine de la critique, ecco a voi il Festival di Cannes 2017!
  • Festival

    Cannes 2017Cannes 2017

    Cannes 2017, come tutte le precedenti edizioni, è una bolla, una magnifica altra dimensione: ci si immerge nel buio delle sale per ore, giorni, settimane. Concorso, fuori concorso, Un Certain Regard, Semaine de la Critique, Quinzaine des Réalisateurs, Cannes Classics...
  • Festival

    Festival di Cannes 2017 – Presentazione

    Al via Cannes 2017: dal 17 al 28 maggio, da Les Fantômes d'Ismaël di Desplechin fino alla Palma d'oro. Due settimane di cinema, di mercato, di prospettive. Cannes 70 è l'edizione di Netflix, di Twin Peaks, del piccolo (grande) schermo, del cinema del e nel futuro.
  • Rotterdam 2017

    The Mole Song – Hong Kong Capriccio

    di Presentato all’International Film Festival Rotterdam il secondo capitolo della saga di Takashi Miike basata sul personaggio dell’agente talpa, infiltrato nelle organizzazioni criminali: The Mole Song – Hong Kong Capriccio.
  • Cannes 2016

    Terra Formars

    di Al Marché ci si è imbattuti anche nell'ultimo film di Takashi Miike, Terra Formars, adattamento poco brillante di un manga e di un anime già di loro dimenticabili.
  • Cult

    Shinjuku Triad Society RecensioneShinjuku Triad Society

    di Shinjuku Triad Society è il primo capitolo della cosiddetta "Black Society Trilogy" che rese noto il nome di Takashi Miike anche in occidente.
  • Cult

    the-happiness-of-the-katakurisThe Happiness of the Katakuris

    di Oggetto di culto difficile da maneggiare, il film di Takashi Miike è un folle pastiche ultra-pop in cui tutto viene frullato in maniera indiscriminata, dall'animazione al disaster movie, dall'horror al musical.
  • Cannes 2015

    Yakuza Apocalypse

    di Takashi Miike firma un folle pastiche avant-pop e demenziale, che mescola gli yakuza eiga all'horror, ai kaiju eiga, ai film di arti marziali. Con un ranocchio gigante da antologia. Alla Quinzaine des réalisateurs.
  • Rotterdam 2015

    Over Your Dead Body

    di Presentato a Rotterdam l’ultimo lavoro di Takashi Miike che, a modo suo, si rifà alla più famosa storia di fantasmi giapponesi, Tōkaidō Yotsuya kaidan.
  • Roma 2014

    As the Gods Will

    di Il nuovo film di Takashi Miike, tratto da un manga di successo, è l'ennesimo grido di anarchica libertà del regista giapponese. Al Festival di Roma 2014.
  • Roma 2013

    The Mole Song – Undercover Agent Reiji

    di Takashi Miike firma uno sfrenato viaggio nella cultura pop, tra yakuza-eiga e demenzialità. In concorso al Festival di Roma.
  • Cannes 2013

    Shield of Straw

    di Takashi Miike firma una delle sue opere più incomprese, action che si trasforma in crudo resoconto politico del Giappone contemporaneo.
  • AltreVisioni

    Lesson of the Evil

    di L'eversivo potere cinematografico di Takashi Miike, qui al servizio di una storia di genocidi, adolescenti e retaggi occidentali. Al Festival di Roma 2012.
  • AltreVisioni

    For Love’s Sake

    di Tra romanticismo e azione, furibonda violenza e intenso melodramma, For Love's Sake è l'ennesima conferma del raffinato eclettismo di Takashi Miike. Presentato a Cannes 2012.
  • Nihon Eiga

    I sette samurai RecensioneI sette samurai

    di Giappone, 1587. Negli ultimi anni del periodo Azuchi-Momoyama, un piccolo villaggio di contadini subisce le angherie di una banda di briganti...
  • Blu-ray

    13 Assassini

    di In blu-ray lo splendido jidai-geki di Takashi Miike, presentato nel 2010 in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
  • AltreVisioni

    Hara-kiri: Death of a Samurai

    di Takashi Miike firma il remake del capolavoro di Masaki Kobayashi, tragica riflessione sull'iniquità della società feudale giapponese. In concorso a Cannes 2011.
  • Archivio

    13 Assassini

    di Tra i pochi film di Takashi Miike in grado di sfondare il muro di silenzio distributivo italiano, 13 assassini è anche uno dei suoi capolavori recenti. A Venezia 2010.
  • Archivio

    Yattaman – Il film

    di Takashi Miike firma per il grande schermo la versione live action di Yattaman, celeberrimo anime televisivo degli anni Settanta.
  • AltreVisioni

    Sukiyaki Western Django

    di Il western disegnato da Miike è l'ennesimo canto al corpo non-morto destinato a deturpazioni, cesure, deformazioni di ogni tipo...