Grandeur et décadence d’un petit commerce de cinéma
di Jean-Luc Godard
Presentata fuori concorso al Locarno Festival questa opera poco nota di Jean-Luc Godard del 1986, nella versione restaurata: Grandeur et décadence d’un petit commerce de cinéma è una riflessione dell’autore della Nouvelle Vague sulla grandezza del cinema classico del passato, e sulla decadenza di quello del presente dell’epoca, appiattito al mezzo televisivo. Quale ruolo della generazione intermedia di cineasti? Godard ancora una volta l’aveva vista lunga.
Bande colorate a parte
Il regista Gaspard Bazin sta lavorando a un nuovo lungometraggio. Per il momento sta ancora scegliendo gli attori e cercando i finanziamenti. Si rivolge a Jean Almereyda, produttore un tempo alla moda ma ormai in declino. Questi fa sempre più fatica a raccogliere i capitali necessari per i suoi progetti e sua moglie Eurydice sogna di essere una stella del cinema. Almereyda desidera compiacerla e tra i due uomini s’innesca un gioco perverso, ma la reputazione di incorreggibile seduttore di Bazin lo dissuade dal richiedere una parte per Eurydice. [sinossi]
Godard e la televisione. Il rapporto conflittuale del grande autore della Nouvelle Vague con il piccolo schermo trova una straordinaria espressione in Grandeur et décadence d’un petit commerce de cinéma, film del 1986, nel pieno dell’era dell’edonismo televisivo, ora presentato in versione restaurata al Locarno Festival fuori concorso, con un restauro che non può che evidenziare l’imperfezione e la bassa definizione dell’immagine televisiva dell’epoca. Godard partorì quest’opera su commissione per una serie televisiva, Série noir, girandola appunto su supporto elettronico. Appare evidente che il noir si riduca a un suo classico stratagemma narrativo, il MacGuffin tanto caro a Hitchcock, oppure serva a fagocitare il tutto in chiave metalinguistica, un po’ come nell’epilogo di Lo stato delle cose di Wim Wenders. Film, quest’ultimo, che ha in comune con Grandeur et décadence d’un petit commerce de cinéma un’analoga figura tragica di regista, che potremmo accostare a quella del protagonista del più recente Innocenza selvaggia di Philippe Garrel.
Grandeur et décadence d’un petit commerce de cinéma appare sospeso tra l’evocazione della grandeur del grande cinema classico del passato e la mediocrità contemporanea – per l’epoca ma Godard aveva capito come sarebbero andate le cose – di un cinema sempre più appiattito dal mezzo televisivo. Gli studi della Albatros film sono popolati da personaggi che richiamano il grande cinema. Il produttore che usa come pseudonimo il nome di Jean Vigo, e che nella sua carriera vanta tanto i peplum quanto i primi film della Nouvelle Vague quanto Paradžanov; il regista interpretato da Jean-Pierre Léaud che si chiama Gaspard Bazin e che è nipote di Mauritz Stiller; l’attrice più promettente, Eurydice – che discetta sulla distinzione tra classici e romantici mentre nella visione cinematografica di Gaspard non sono così diversi –, che assomiglia a Dita Parlo e sembra come affiorata dal mondo dei morti. E poi c’è ancora la Nouvelle Vague, la generazione che ha esaltato certo cinema dei maestri e al contempo ha preso le distanze dal cinema de papa, rappresentato dallo stesso Godard che interviene nel ruolo di se stesso, chiedendo polemicamente come facciano a dare così tanti soldi al collega Roman Polanski. E naturalmente è omaggiato anche Truffaut, scomparso due anni prima, nella figura del regista interpretato da Jean-Pierre Léaud.
Negli uffici degli studios parigini di Grandeur et décadence d’un petit commerce de cinéma, campeggiano ritratti e poster, di Erich von Stroheim, di Charlie Chaplin, di Jacques Tati, di Michelangelo Antonioni. Si vede La grande illusione, ma in televisione. E un libro su Jerry Lewis si distingue nella loro biblioteca. Ciononostante il loro lavoro è una squallida routine, nel fare i conti con i produttori, nel fare i propri conti, nel contare le banconote, nel fare provini come in una catena di montaggio. Situazioni che si susseguono e ripetono e che in fondo rimandano alla monotonia della serialità televisiva. E Godard ragiona anche sulla consistenza stessa dell’immagine televisiva, analogamente a quello che avrebbe fatto con i pixel e il digitale in Film Socialisme, o all’analoga estetica del David Lynch con le famose nebbioline di Fuoco cammina con me. In Grandeur et décadence d’un petit commerce de cinéma compaiono ossessivamente le bande verticali dei colori, la tavolozza della TV, che apparivano nello schermo del tubo catodico quando andava via il segnale, segno della precarietà dell’immagine televisiva. Le bande colorate che costellano tutto il film, a volte in piccoli re-cadrage, a volte a tutto schermo. Oppure che si inseriscono, tra altre immagini secondarie, tra i quadri a una parete tra cui c’è un ritratto di Rembrand, che, nel gioco di assonanze che si rincorrono nel film, sembra Molière. E che scandagliato diventa un reticolo di chiaroscuro, molto diverso dai colori melmosi televisivi. Che Godard sottolinea ancora con un buio improvviso nel film in cui compare la scritta – la classica scritta godardiana come altre volte nel film – “Interruzione tecnica”. In un film dove le immagini sono spesso manipolate, a volte rallentate, a volte bloccate in un frame. Dove i monitor, le immagini secondarie, abbondano. Dove le ragazze che fanno i provini cercano la camera, vogliono essere nell’inquadratura. Dove anche si mette la videocassetta che ripropone un caminetto acceso, un must dell’epoca, concepita proprio per permettere di simulare il caminetto nei salotti di chi non ne possiede. Esempio del mezzo come surrogato e della sua letterale freddezza.
I film lo hanno ucciso, si dice di Gaspard. È vero, il cinema uccide la vita”. Il cinema, ora che è morto anche Truffaut, diventa una grande camera verde. E Godard riempie il film di campi/controcampi (la nostra musica) illusori, tra persone reali e fotografie o ritratti, degli aspiranti attori come delle icone del cinema e dell’arte. E in fondo cos’è la storia di Orfeo ed Euridice se non quella di un ultimo struggente campo controcampo mancato?
Info
La scheda di Grandeur et décadence d’un petit commerce de cinéma sul sito del Festival di Locarno.
- Genere: thriller
- Titolo originale: Grandeur et décadence d'un petit commerce de cinéma
- Paese/Anno: Francia | 1986
- Regia: Jean-Luc Godard
- Sceneggiatura: Jean-Luc Godard
- Fotografia: Caroline Champetier, Serge Le François
- Interpreti: Anne Carrel, Françoise Desprote, Jacques Pena, Jean Brisa, Jean Grécault, Jean-Luc Godard, Jean-Pierre Delamour, Jean-Pierre Léaud, Jean-Pierre Mocky, Marie Valera, Nathalie Richard
- Produzione: Hamster Productions, JLG Films, RTL, Télévision Suisse-Romande (TSR), TF1
- Durata: 92'