Ella & John – The Leisure Seeker

Ella & John – The Leisure Seeker

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Ella & John – The Leisure Seeker segna la prima volta in cui Paolo Virzì deve lavorare su un materiale completamente anglofono (dopo gli USA visti con occhi italiani in My Name is Tanino), raccontando un road-movie con protagonisti due anziani coniugi – lei malata terminale di cancro, lui alle prese con l’Alzheimer – che come ultima volontà vogliono di nuovo viaggiare insieme, sul camper che li ha accompagnati per tanti anni in vacanza. Nonostante la calorosa accoglienza alla Mostra del Cinema di Venezia, dove il film è in concorso, Ella & John mostra i limiti di uno sguardo incapace di confrontarsi davvero con il mito dell’America, e che srotola la sua narrazione quasi seguendo un ideale bignami del genere. Sprecato il duo di attori protagonisti, Helen Mirren e Donald Sutherland, e del tutto lasciato al suo destino un paesaggio che avrebbe dovuto essere coprotagonista.

I vecchi e il mare

La storia di Ella e John, della loro fuga per sottrarsi alle cure dei medici e dei figli ormai adulti. Lui svanito ma forte, lei acciaccata ma lucidissima, si regalano un’avventura per le strade americane, da Boston a Key West a bordo del loro vecchio camper e tra momenti esilaranti ed altri di autentico terrore, ripercorrono l’appassionata vicenda di un amore coniugale che sembra destinato a regalare rivelazioni sorprendenti fino all’ultimo istante. [sinossi]

“Ma l’America, l’America è lontana, dall’altra parte della luna…” cantava oltre trenta anni fa Lucio Dalla in Anna e Marco, storia dell’innamoramento di due giovani sottoproletari alle prese con una quotidianità soffocante. I protagonisti di Ella & John – The Leisure Seeker, tredicesima regia di Paolo Virzì e ritorno al Lido di Venezia per l’autore livornese dopo La bella vita, Ovosodo e My Name is Tanino, non sono giovani e sono già dall’altra parte della luna, in quegli Stati Uniti avvolti in un’aura metà sogno metà mito: sposati da eoni, Ella e John sono alla fine della loro esistenza, la prima malata terminale di cancro e il secondo afflitto dal morbo di Alzheimer. Per non finire schiavi degli istituti di cura o delle attenzioni fin troppo pressanti dei figli fanno le valigie, accendono il vecchio Leisure Seeker, un camper ‘da cafoni’, e imboccano la strada verso sud, che li dovrà condurre dal Massachussetts fino alle Florida Keys, l’arcipelago di isole nel quale soggiornò anche Ernest Hemingway, passione mai sopita di John, docente di letteratura (sua moglie, a quanto si può dedurre da una sceneggiatura un po’ reticente, è invece una casalinga). Un ultimo viaggio prima della naturale fine, dunque. Nulla di particolarmente nuovo nello scenario del road-movie, che da sempre rappresenta la metafora perfetta del viaggio interiore, del superamento degli ostacoli esterni e del raggiungimento di un Eden forse apparente. O forse no.
Si era creata una logica e giustificata aspettativa attorno al film di Virzì, il primo interamente parlato in inglese della sua ventennale carriera – l’altro episodio fu proprio My Name is Tanino, forse il titolo più zoppicante di una filmografia per molti versi invece brillante e da difendere a spada tratta –, sia per la presenza in scena di due figure di riferimento della recitazione come Helen Mirren e Donald Sutherland, sia perché il romanzo da cui ha preso slancio lo script, pubblicato in Italia dai tipi di Marcos y Marcos con il titolo In viaggio contromano, ha creato nel corso degli anni un piccolo culto.

È interessante notare come Virzì, autore della sceneggiatura insieme a Francesca Archibugi e Stephen Amidon, sia intervenuto a modificare l’asse portante del romanzo di Michael Zadoorian: il viaggio sulla pagina scritta infatti sposta l’anziana coppia da est verso ovest, partendo dalla Detroit della crisi economica con l’obiettivo di raggiungere Disneyland sulla costa della California, a nord di San Diego. Uno spostamento orizzontale che diventa verticale sullo schermo, con Ella e John che non abbandonano mai la costa est. Ma c’è una differenza ancora più sostanziale: per Zadoorian i coniugi sono appartenenti alla classe operaia, sono proletari che non hanno altro desiderio se non quello di vedere per la prima volta dal vivo Mickey Mouse. Il mito dell’America, il sogno che si può fare realtà, la speranza in una fiaba cartoon che evada dalle gabbie di un quotidiano opprimente, non solo per via delle condizioni fisiche. Tutto questo viene scientemente abbandonato da Virzì, che mette in scena invece una coppia borghese, colta, immersa nel milieu intellettuale di Boston, la città universitaria per eccellenza degli Stati Uniti. Un cambio radicale, che sposta inevitabilmente anche l’asse di rapporto tra i personaggi, scardina le relazioni, modifica il tema dello sguardo sull’America: mentre Topolino è il pop per eccellenza, l’anima eterna di una nazione anche nella crisi, cosa ci può essere di più elitario della memoria degli scritti di un eretico come Hemingway, o di scrittori probabilmente altrettanto ignoti alla massa quali James Joyce e Herman Melville?

Virzì, con lo sguardo empatico ma distaccato di chi non può sentirsi fino in fondo parte di un processo culturale al quale è totalmente estraneo, si abbarbica alla cultura per trovare un appiglio in grado di scardinare il sigillo che cela agli occhi il “mistero” dell’America. In qualche modo Ella & John è una smentita nei fatti dello stesso genere di appartenenza del film: il road-movie rimane come elemento puramente cinematico, con lo spostamento fisico di personaggi che iniziano a essere mobili anche dal punto di vista mentale. Ciò che viene però crudelmente a mancare è il senso intimo del road-movie, che pure Virzì aveva tratteggiato con cura nel precedente La pazza gioia, presentato lo scorso anno alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes: ecco dunque un proliferare troppo presto stancante di piani stretti sui volti dei personaggi o rinchiusi nell’abitacolo del Leisure Seeker, con il resto del mondo fuori, anche dall’inquadratura. Una scelta che non ha in sé nulla di claustrofobico, ma finisce con l’impoverire lo stesso scopo del viaggio della coppia, quello di recuperare e forse preservare per sempre la memoria dei viaggi che i due compivano in vacanza insieme agli amati figlioli.
Lo spettatore si trova dunque costretto nel camper con i due personaggi, che anche per via delle rispettive patologie non possono far altro che ripetere in maniera ossessiva e poco proficua lo stesso schema: dialogo che porta a galla una memoria del passato, piacevole o meno che sia, qualche discussione più o meno aspra, e la rappacificazione. Nulla evade da questa ripartizione a suo modo perfino ossessiva, e che cannibalizza l’intero film. Alle prese con il mito dell’America Virzì sceglie una strada già battuta e tracciata, e non fa nulla per tentare deviazioni dal percorso: si limita a suddividere con casta precisione i momenti tragici da quelli comici, garantendo al suo pubblico uniformità di risate e lacrime. Ma i gag raramente raggiungono lo scopo, e spesso scadono nella più trita ovvietà triviale (il fucile nascosto nei pantaloni, l’erezione nel pre-finale, la sequenza all’hamburgeria). La regia di Virzì sembra poi stranamente svogliata, incapace di incidere su un territorio, geografico e umano, che vede come un estraneo e del quale non parla la lingua – la pessima sequenza con il corteo pro-Trump da questo punto di vista è esemplificativo di un disagio strutturale nell’affrontare l’opera. Non c’è verità nei dialoghi di Ella & John, ma semmai imitazione della stessa, quasi si tratti dell’opera di qualcuno che ha visto la produzione media del cinema a stelle e strisce e si limita a rifarla, rimetterla in scena senza interventi personali, e ossessioni in grado di giustificare eventuali reiterazioni. Anche i due protagonisti sembrano fuori parte e fuori posto, limitandosi allo stretto indispensabile. Resta un’opera piana quasi quanto la strada che i due percorrono, anonima. Mai spassosa e priva, al di là di ovvi sviluppi narrativi, del reale dolore. Manca l’empatia, da sempre fattore determinante nei lavori del regista di Tutta la vita davanti e Il capitale umano, altro esempio di adattamento infedele di un romanzo statunitense, in quel caso molto più centrato e comprensibile. Peccato, davvero.

Info
Il trailer di Ella & John – The Leisure Seeker.
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