The Movie of My Life

The Movie of My Life

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Terzo lungometraggio del regista brasiliano Selton Mello, The Movie of My Life sposta l’ambientazione del romanzo del cileno Antonio Skármeta, ribadendone con ciò l’universalità, e tributando al contempo un vibrante omaggio alla Settima Arte e al suo potere salvifico. Alla Festa del Cinema di Roma.

Il primo cinema del mondo

Nel Sud del Brasile, durante gli anni ‘60, il giovane Tony Terranova è appena tornato nella sua città natale, interrogandosi sull’improvvisa fuga del padre, un uomo di origini francesi di cui il ragazzo ha un limpido ricordo. Nel frattempo, il giovane trova il suo primo amore, e intanto scopre la sua divorante passione per il cinema… [sinossi]

È la seconda volta, curiosamente, che il tema dell’abbandono paterno, insieme a quello della disperata ricerca di un legame da riallacciare da parte di un figlio, fa capolino sugli schermi di questa dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Due film, entrambi latinoamericani, che esemplificano l’estrema varietà (tanto di approccio quanto di risultati) che quel panorama cinematografico, preso nel suo complesso, esprime. Laddove, infatti, l’argentino Cuernavaca sbanda su un plot squilibrato, su una scrittura pacchiana e su una messa in scena a dir poco pretenziosa, ben altro sguardo e consapevolezza mostra Selton Mello (tra i nomi più interessanti della recente cinematografia brasiliana) in questo notevole The Movie of My Life.
Un film, quello di Mello, che nasce dal romanzo Un padre da film del cileno Antonio Skármeta (autore che ispirò tanto Michael Radford per Il postino, quanto Pablo Larraìn per No – I giorni dell’arcobaleno), che per esplicita volontà dell’autore ha visto modificata la sua ambientazione dalla sua terra natale al Brasile. Una scelta dettata dall’amore di Skármeta per la nazione brasiliana e la sua cultura, ma in fondo anche la dichiarazione esplicita di un’universalità che traspare perfettamente nella trasposizione sullo schermo della vicenda.

A partire dal titolo scelto, che concentra l’attenzione sul parallelo cinema/vita (parallelo introdotto a inizio film, e più volte ribadito nel corso della trama), The Movie of My Life si presenta come un vibrante tributo alla Settima Arte, concepita come soffio vitale che trasfigura l’esistenza quando viene fruita, ma anche quale positiva forza in grado di modificarne, permanentemente, il corso.
Tutto, in The Movie of My Life, urla l’amore del regista per lo spettacolo cinematografico fruito nel buio della sala, nel riproporsi di un rito che mostra ancora (nel setting storico e sociale rappresentato) i crismi della magia: dallo sguardo estatico del protagonista Johnny Massaro (al suo esordio sul grande schermo) davanti alle immagini de Il fiume rosso di Howard Hawks e Vera Cruz di Robert Aldrich (tra gli altri), alla centralità della sala cinematografica nel corso della narrazione, dall’insistenza della regia sulle latte che contengono le pellicole in 35mm, tangibili e misteriosi incubatori di sogno, alla riproduzione dei graffi durante i titoli di testa e di coda, imperfezioni riproposte in tutta la loro valenza lirica.
Tutto è squisitamente cinematografico, in The Movie of My Life, anche laddove il cinema non è direttamente evocato; persino nella splendida fotografia in seppia che colora gli eventi (per una volta non gratuitamente) col filtro dell’amore per un elemento vivo, più che con quello della nostalgia. E non è un caso, forse, che il personaggio che nel corso della trama scopriremo più negativo, sia anche quello che dichiara esplicitamente il suo disinteresse per l’arte cinematografica.

Quello che il regista racconta è un coming of age vibrante al punto da apparire autobiografico, snodatosi tra una cittadina brasiliana che assume contorni fortemente simbolici (l’iconografia del western hollywoodiano è richiamata più volte, sia nei luoghi che nei volti dei personaggi) e un altrove solo evocato, tanto quello degli studi del protagonista quanto quello dell’incomprensibile fuga di suo padre. È anche cinema di luoghi quali emblemi di precisi snodi dell’esistenza, quello di Sello: dai binari della ferrovia a simboleggiare un elemento di possibilità, emblema di fuga ma anche di un possibile ritorno, al bordello quale luogo del necessario rito di passaggio all’età adulta, fino alla sala cinematografica come catalizzatore (fuori e dentro lo schermo) di una ricomposizione e di una ritrovata empatia. La voce fuori campo del protagonista guida lo spettatore attraverso la scansione temporale della storia, ma il suo uso è (qualità anch’essa rara, attualmente) narrativamente funzionale quanto non invasivo; un elemento che illustra e completa gli eventi, senza mai farsi didascalico. Il tono, improntato a un lirismo non privo di asprezze, integra e tiene in equilibrio una lieve componente umoristica, mai programmatica e perfettamente in grado di riprodurre l’humour casuale del quotidiano, e la tensione esplicita della ricerca, quella caparbiamente perseguita dal protagonista. Una ricerca che vede tra i suoi complici e strumenti il personaggio di Paco, interpretato dallo stesso regista, e quale terminale ultimo il genitore, con un volto riconoscibile qual è quello di Vincent Cassel.

Si può forse imputare a The Movie of My Life qualche lungaggine di troppo a partire dalla sua seconda frazione, tradotta in qualche flashback superfluo che poco aggiunge all’equilibrata costruzione narrativa; e si può inoltre discutere su una conclusione che, pur toccante e dall’indubbia efficacia emozionale, appare leggermente affrettata. Restano comunque, del film di Selton Mello, lo sguardo lucido ed equilibrato su una vicenda familiare che (pur filtrata dall’ottica di un dichiarato amarcord) non nasconde mai le sue asprezze, l’efficace amalgama dei toni del racconto, l’estetica improntata al vintage che, lungi dal rappresentare un vuoto esercizio di stile, diviene al contrario elemento funzionale e significante (diremmo persino indispensabile) per il mood della narrazione. Un risultato indubbiamente prezioso.

Info
La scheda di The Movie of My Life sul sito della Festa del Cinema di Roma.
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