L’ultimo sole della notte
di Matteo Scarfò
Presentato al Trieste Science+Fiction Festival 2017 nell’ambito di Spazio Italia, L’ultimo sole della notte del giovane Matteo Scarfò presenta due inquietanti visioni del futuro, un mondo post-atomico di sopravvissuti, preceduto da uno distopico. Un ritorno alla fantascienza sociologica, allo spazio interiore, al cinema sci-fi indipendente.
La fuga di Andrea
Dopo una guerra devastante che ha coinvolto l’Italia, il governo italiano ha deciso di creare alcune aree sicure in cui rinchiudere forzatamente migliaia di persone. In una di queste, la Zona 13, gli unici tre abitanti rimasti vivono in un enorme condominio dove nulla manca, ma tutto è in declino. La narrazione procede su due livelli: il presente nella Zona e la vita del passato. Cosa c’è oltre le recinzioni che chiudono il loro nuovo mondo nella Zona? [sinossi]
Partendo da James Ballard – omaggiato anche con una breve apparizione in video tra i filmati che vede il protagonista – e rielaborando due sue opere, Il condominio e L’isola di cemento, il giovane filmmaker calabrese Matteo Scarfò percorre con L’ultimo sole della notte una via indipendente, underground alla science fiction. La sua predilezione è per quel cinema di fantascienza anni ’70, che forse ha rappresentato la fase più florida del genere. Racchiuso tra i due spartiacque di 2001: Odissea nello spazio, del 1968, che ha mostrato le potenzialità della SF, e Guerre stellari, 1977, che ha invece spazzato via tutto in nome di un immaginario fatto di effetti speciali. E in mezzo quella che in letteratura era stata definita la “fantascienza sociologica”, con La fuga di Logan, Il pianeta delle scimmie, Silent Running (2002: la seconda odissea) o THX 1138 (L’uomo che fuggì dal futuro).
Già l’immagine che precede il film, il logo della casa di produzione fondata dal regista, Scarford, con un disegno della Monument Valley, la dice lunga sulle ambizioni ma anche sulla sua cultura. Personaggi ieratici, allucinati, resi con una recitazione straniante, popolano il microcosmo de L’ultimo sole della notte. Tre condomini che escono simulando di andare al lavoro, rimangono in casa a leggere, si occupano della raccolta dei rifiuti. La loro routine. Un palazzone anonimo è la loro base, tutt’attorno uno stato di degrado, grovigli di ferri, rovine, capannoni, strade franate, asfalto sopraffatto dalla vegetazione, giostre abbandonate che spuntano nel nulla. Invertendo la geografia di Stalker di Andrej Tarkovskij, i protagonisti vivono in una zona chiusa, da cui non possono uscire. Forse perché l’esterno è contaminato? La separazione dall’esterno è poi sancita da semplici cartelli di legno, nessuna recinzione tecnologica. Sarebbe facilmente oltrepassabile ma nessuno ne ha il coraggio, i personaggi sono come quelli buñueliani de L’angelo sterminatore, rinchiusi da una forza misteriosa.
Con una narrazione che procede per svelamenti graduali, scopriamo che si tratta di un futuro postatomico, dove c’è stata una guerra e una guerra è ancora in corso. Nonostante le rassicurazioni di benessere di un personaggio di un video che fornisce loro istruzioni di sopravvivenza, il loro sistema chiuso non potrà che collassare, le risorse, rappresentate dalla gran quantità di scatolette di latta, pur al momento abbondanti, finiranno per esaurire, e i rifiuti aumentare, come si evince dal primo drammatico scontro verbale tra i due protagonisti. Le promesse di una bella vita, dal video di cui sopra, sono risibili, la solitudine, la convivenza forzata potrebbero far degenerare la convivenza e produrre conflitti, come appunto racconta Ballard in Il condominio. E l’annunciatore del video, nel suo discorso positivo, fatto davanti a una libreria un po’ come i primi spot elettorali di Berlusconi, sciorina due citazioni famigerate di presidenti americani, quella degli stili di vita non negoziabili di Ronald Reagan e il chi non è con noi è contro di noi di George W. Bush. Il sottotesto politico è molto più forte nel futuro antecedente l’apocalisse, quello dei ricordi dei personaggi. Una società rampante come quella del protagonista Andrea con il suo amico, sgradevole e odioso yuppie, ambizioso e spregiudicato affarista, che propone business tra un cocktail e l’altro. Un mondo di benessere o quello che sembra in un uno stato di polizia che offre miraggi alla Essi vivono. Dove le autorità si identificano in un palazzo storico pomposo – unico in un film di non-luoghi –, con tanti dipinti alle pareti, in cui funzionari robot dagli occhi senza pupille interrogano le persone tastando la loro adesione ai concetti di sport-famiglia-stato-nazionalismo.
Matteo Scarfò fornisce complessivamente un’ottima prova, un esempio di come si possa fare ancora fantascienza a costo quasi zero, senza effetti speciali (l’unico è quello del fungo atomico che si vede dalla spiaggia). Non esente da sbavature e fragilità, comunque perdonabili. La recitazione straniante, per esempio, se è efficace nella parte postatomica non funziona in quella “pre-atomica”; e il film soffre per la troppa carne messa al fuoco. Ma rimane anche un sismografo, come sempre lo è stata la fantascienza sociologica, delle inquietudini del presente.
Info
Una clip de L’ultimo sole della notte.
- Genere: fantascienza
- Titolo originale: L'ultimo sole della notte
- Paese/Anno: Italia | 2016
- Regia: Matteo Scarfò
- Sceneggiatura: Matteo Scarfò
- Fotografia: Emanuele Spagnolo
- Montaggio: Lucia Patrizi
- Interpreti: Alessandra Mortelliti , Alessandro Damerini, Andrea Lupia, Danilo Rotundo
- Produzione: ScarFord Produzioni
- Durata: 106'

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