Diorama
di Demetrio Giacomelli
Vincitore della sezione Italiana.doc al Torino Film Festival, Diorama è un documentario che segue tre storie emblematiche sul rapporto dell’uomo con la fauna che popola le città e i luoghi antropizzati. Una convivenza, e un adattamento da cui emergono tante cose, i sensi di colpa della specie umana, il rimosso, l’antropomorfizzazione delle bestie.
Ecosistema urbano
Il rospo, la cicogna e la rondine. Diorama racconta l’incontro tra l’uomo e l’animale selvatico in città… [sinossi]
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Non bacerebbe un rospo ma solo perché, temendo che possa diventare principe azzurro, perderebbe così la sua ancestrale bellezza di anfibio dalla pelle rugosa. Raffaella è una dei volontari che pattuglia le strade di notte per catturare i rospi in modo da evitare che finiscano schiacciati dalle macchine. Quello di Raffaella è uno dei ritratti, quello più bello e significativo, di Diorama, documentario di Demetrio Giacomelli sul rapporto dell’uomo moderno con gli animali selvatici, vincitore della sezione Italiana.doc al 35esimo Torino Film Festival. La signora dei rospi ama sinceramente quelle creature, è ossessionata dalla missione di salvarle. Definisce il loro gracchiare come una melodia celestiale; si pente di aver saltato dei turni per cose private, visto che in sua assenza c’è stata un’ecatombe; quando trova un rospo morto lo tiene per un po’ nella speranza che possa rianimarsi; preferisce di gran lunga questo suo modo di operare rispetto ai tunnel sotto l’asfalto, perché i rospi hanno bisogno di stare all’aperto. Raffaella è una donna colta, parla di maschere africane, e sinceramente affettuosa verso i suoi animaletti preferiti. Demetrio Giacomelli la racconta senza alcuna ironia e rendendole piena dignità.
Gli altri due ritratti di Diorama appaiono meno riusciti e interessanti. C’è un gruppo di ornitologi che studia i rondoni allo stadio milanese di San Siro, e poi uno stabilimento farmaceutico, dove si producono farmaci antitumorali, il cui edificio è da anni stato scelto dalle cicogne per nidificare, che vengono lasciate indisturbate dal personale. Il comune denominatore di queste storie riguarda il nostro rapporto con gli animali selvatici, la convivenza e la ricerca di un punto di equilibrio nella città o in spazi antropizzati, e il senso di empatia che ormai gli esseri umani provano per le altre specie animali. Se una civiltà contadina e rurale poteva vedere gli animali come cose, parti di una natura da cui semplicemente attingere risorse per il sostentamento o altri scopi, ora la separazione tra città e campagna, lo svincolarsi dell’uomo ai cicli naturali, ha portato paradossalmente a una rivalutazione dell’animale, fino a conferirgli la stessa dignità dell’uomo. E allo stesso tempo gli animali vengono fatti scendere dal piedistallo di creature metaforiche – i tre animali del film e anche altri che si vedono, come i gufi, fanno tradizionalmente parte del folklore – per rientrare tra le creature vere, tra gli esseri viventi.
Un verso di rospo che, sottotitolato, dice “Cosa vedi?”. Si tratta di quel noto test psicologico, il test di Rorschach, che consiste nell’interpretare figure e disegni astratti, che si deve classificare come animale, naturale, astratto. È un approccio all’uomo di città, spaesato di fronte a come considerare l’animale, che diventa sempre di più creatura antropomorfa. E nei confronti del quale emergono i sensi di colpa dell’uomo industrializzato che ha inquinato, cancellato, ridotto all’estinzione l’ambiente naturale e il mondo animale. Loro sono qui da molto più tempo di noi, osserva Raffaella. Lo stesso Diorama è strutturato e cadenzato come un qualcosa da interpretare, con una serie di frammenti iniziali in montaggio parallelo che poi vengono sviluppati e così compresi. E l’ambiguità è anche presente nel racconto di Raffaella cui può succedere di scambiare per rospi delle foglie secche.
La più riuscita delle tre storie è decisamente quella della signora dei rospi. Altri momenti, come nella parte sugli ornitologi che osservano i rondoni, sembrano più artefatti, i personaggi sono meno spontanei, sembra che recitino cose imparate a memoria. Demetrio Giacomelli mette in pratica anche la sua formazione all’Accademia di Belle Arti, giocando con la composizione delle immagini, a volte tendendo all’astratto, vedi l’uso delle sagome dei rospi spiaccicati. Ma non sempre questi e altri inserti, come filastrocche lette dai bambini, appaiono giustificati e organici.
Info
Diorama sul sito del Torino Film Festival.
- Genere: documentario
- Titolo originale: Diorama
- Paese/Anno: Italia | 2017
- Regia: Demetrio Giacomelli
- Fotografia: Massimo Foletti
- Montaggio: Demetrio Giacomelli
- Produzione: Controra Film, Marechiaro Film
- Durata: 86'