Professor Marston and the Wonder Women

Professor Marston and the Wonder Women

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Impeccabile nella confezione tecnico-artistica, Professor Marston and the Wonder Women si muove come un classicissimo biopic, senza particolari sussulti, confidando sul fronte narrativo ed estetico soprattutto nei piani di lettura, nella singolare genesi dell’icona Wonder Woman, con quell’intreccio di Art Nouveau, arte fetish e sadomasochismo che si è via via perso nel corso degli anni. Presentato al Torino Film Festival 2017.

Il triangolo (non) l’avevo considerato

Anni Quaranta. William Moulton Marston insegna psicologia ad Harvard. Appassionato d’illustrazione, all’insaputa di studenti e colleghi ha creato Wonder Woman, eroina dei fumetti protofemminista che incontra la censura del tempo. Un personaggio controverso, sexy e dotato di acume, la cui genesi va fatta risalire alle due donne amate da Marston: la moglie Elizabeth e Olive, sua allieva e terzo elemento di un ménage à trois da tenere nascosto. Ma è possibile amare e vivere liberamente la propria sessualità quando intorno infuriano odio e oscurantismo? [sinossi – TFF2017]

Ne è passata di acqua sotto i ponti dagli anni della golden age dei supereroi a stelle e strisce. Il 1938 di Superman, il 1939 di Batman, il 1940 di Lanterna Verde e di Flash… e poi, estratta dal cilindro, Wonder Woman nel 1941. L’icona che mancava in un universo immaginifico maschile, maschilista e muscolare. (Super)eroina femminista, provocante, vestita di poco e niente, fisicamente prorompente, dominatrice. Tanta carne al fuoco, persino troppa: l’ennesima caccia alle streghe era dietro l’angolo, anche se non era ancora calata la scure oscurantista scatenata dal saggio Seduction of the Innocent di Fredric Wertham e dal Comics Code Authority (CCA), l’organo di censura del fumetto statunitense che perseguitò, mise alla berlina e gettò al rogo fumetti, fumettisti ed editori. Abbiamo fatto un balzo troppo in là, per concederci una sorta di impossibile flashforward: il malefico libro e il CCA sono del 1954 e William Moulton Marston era venuto a mancare sette anni prima, sconfitto da un cancro, ma non è difficile immaginare i fuochi d’artificio che avrebbe regalato un vis-à-vis tra lo psichiatra conservatore Wertham e lo psicologo progressista Marston. In fin dei conti, è quello che fa anche l’interessante Professor Marston and the Wonder Women: ragionare sulle immagini e sull’immaginario, cercando di cogliere le relazioni tra tre persone – tre intellettuali, tre amanti, tre genitori – e le loro trasposizioni cartacee.

Non aveva brillato, almeno fino a oggi, la filmografia di Angela Robinson, regista divisa tra piccolo e grande schermo. Qualche episodio di The L Word, il pilot di Gigantic, quindi altre serie come Charlie’s Angels e True Blood, mentre sul versante cinematografico si era fermata alle prove non molto confortanti di D.E.B.S. (2004) e Herbie – Il super maggiolino (2005). Ma la Robinson, autrice anche della sceneggiatura, aveva più di una carta da giocare per far saltare il banco: in primis, l’ottimo cast. Funziona l’alchimia fisica e intellettuale tra Luke Evans, Rebecca Hall e Bella Heathcote; funziona la contrapposizione tra la mora e longilinea Hall e la bionda e più carnosa Heathcote; funziona Evans, professore progressista un po’ guascone, affascinante, aitante. Funziona a dovere, per una volta, il tradimento della realtà e la scelta molto hollywoodiana di vendere agli spettatori volti splendenti, fisici mozzafiato, nonché dell’erotismo danzato da corpi seducenti. Funziona perché Evans, Hall e Heathcote incarnano le proiezioni del professor Marston, della moglie Elizabeth e della studentessa/amante Olive Byrne; sono la messa in scena dell’immaginazione che ha partorito l’immagine, del desiderio che è stato messo nero su bianco e poi colorato sulle tavole della (futura) DC Comics.

Impeccabile nella confezione tecnico-artistica, Professor Marston and the Wonder Women si muove come un classicissimo biopic, senza particolari sussulti, confidando sul fronte narrativo ed estetico soprattutto nei piani di lettura, nella singolare genesi dell’icona Wonder Woman, con quell’intreccio di Art Nouveau, arte fetish e sadomasochismo che si è via via perso nel corso degli anni, tra accomodanti scelte editoriali, trasposizioni televisive e cinematografiche – in questo senso, le serie per il piccolo schermo Wonder Woman (1975-77) e The New Adventures of Wonder Woman (1977-79), con la giunonica Lynda Carter, si fanno preferire alla ancor più normalizzata versione da blockbuster incarnata dalla virginea Gal Gadot (Batman v Superman: Dawn of Justice, Wonder Woman e Justice League).
Forse ci sarebbe stato lo spazio narrativo e visivo per affondare il coltello, per osare di più, per mescolare maggiormente realtà e fumetto, pulsioni sessuali e metafore cartacee, ma Professor Marston and the Wonder Women offre più di uno spunto di riflessione e suggerisce nuove angolazioni, qualche utile rilettura, magari per riprendere in mano vecchi albi oramai dimenticati e forse sottovalutati o per scoprire che dietro le pagine scottanti di Nights of Horror si celava Joe Shuster, uno dei creatori del granitico Superman. Ne è passata di acqua sotto i ponti dagli anni della golden age

Info
Il trailer originale di Professor Marston and the Wonder Women.
La scheda di Professor Marston and the Wonder Women sul sito del TFF2017.
Il sito ufficiale di Professor Marston and the Wonder Women.
La pagina facebook di Professor Marston and the Wonder Women.
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