…E tu vivrai nel terrore! L’aldilà

…E tu vivrai nel terrore! L’aldilà

di

…E tu vivrai nel terrore! L’aldilà, secondo capitolo della “trilogia della morte” di Lucio Fulci, è un delirante viaggio nell’incubo, tra le opere più visionarie del cinema italiano e punto di non ritorno della poetica horror del cineasta romano.

L’inferno sulla terra

Louisiana, 1927: il pittore Zweick, sospettato di stregoneria, viene crocifisso in una cantina di un albergo. Nello stesso momento Emily, una ragazza del luogo, entra in possesso di un misterioso libro intitolato Eibon, e scopre che l’hotel è stato costruito su uno dei varchi dell’Inferno. Il libro prende fuoco tra le sue mani. Louisiana, 1981: Liza Merril, una giovane ragazza newyorkese, eredita l’hotel, che adesso versa in pessime condizioni… [sinossi]

…E tu vivrai nel terrore! L’aldilà racchiude il senso dell’orrore che troverà compimento sul grande schermo già in quel bizzarro titolo, estraneo all’immaginario thriller e horror che dominava lo scenario italiano dell’epoca, diviso invece tra riferimenti zoologici, numereologia e qualche schizzo di gotico. Lucio Fulci, all’epoca delle riprese cinquantatreenne con alle spalle trentasette regie per il cinema – di cui solo una minima parte dedita al sovrannaturale – si rivolge direttamente allo spettatore: tu vivrai nel terrore, con dei puntini di sospensione che fanno intendere che prima di questo evento, già di per sé poco auspicabile, accadrà altro. Accadrà altro di terribile a dirsi. Il luogo in cui conduce tutto questo terrore, poi, ha confini ben precisi: l’aldilà. Non esiste forse un altro titolo in grado di dialogare in maniera così diretta con il proprio pubblico, indicando tanto la condizione esistente (il terrore) quanto quella futura (l’aldilà).
Curiosamente il film uscì nelle sale quasi in contemporanea con Black Cat, titolo con troppa facilità dimenticato anche dai cultori dell’opera di Fulci e che ha potuto godere di una parziale riscoperta proprio durante il 2017, con proiezioni prima ai Mille Occhi di Trieste e quindi al Torino Film Festival. Sempre nel 1981, ma qualche mese più tardi, le sale italiane ospitarono Quella villa accanto al cimitero, a sentenziare senza possibilità di contraddittorio lo stato di salute dell’immaginario visionario di Fulci, e le ultima grida belligeranti di un cinema italiano libero da compromessi e censure che ben presto finirà per morire asfissiato, o meglio cadere nello stato comatoso in cui permane ancora oggi, almeno per quel che concerne le derive “di genere” della produzione.

In Italia …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà incassò al botteghino quasi 750 milioni di lire, una cifra considerevole anche se molto inferiore sia a Paura nella città dei morti viventi (1980), che aveva sfiorato il miliardo, sia soprattutto al cult Zombi 2, uscito in sala alla fine di agosto del 1979 e destinato a raccogliere oltre un miliardo e mezzo in patria e trenta milioni di dollari in giro per il mondo. Se si considera che Quella villa accanto al cimitero avvicinò gli incassi di Zombi 2 è lecito, per quanto vagamente paradossale, parlare di …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà come dell’opera meno in grado di trovare spazio nel cuore degli affezionati cultori dell’orrore. I motivi possono essere molteplici, a partire dal ruolo “mediano” che acquista all’interno di quella che lo stesso Fulci definì La trilogia della morte, composta per l’appunto da Paura nella città dei morti viventi, L’aldià e Quella villa accanto al cimitero: tre film che profanavano una volta per tutte il concetto di suspense, trovando nel delirio l’unico appiglio possibile a una mente sconvolta dall’orrore. Un concetto puramente lovecraftiano (e in maniera inevitabile riconducibile anche al Poe più schizofrenico), che fa deragliare un cinema dell’orrore che aveva fino a quel momento ricercato anche nella trama, nell’intrico della narrazione, il senso della propria deformità.
Anche per questo è interessante mettere in relazione …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà con due titoli del Dario Argento del periodo, Suspiria e Inferno, anche perché vi sono degli evidenti rimandi a loro all’interno del film di Fulci: da Suspiria si riprende una delle trovate di sceneggiatura più note, quella che vede un pastore tedesco d’accompagno per ciechi aggredire il suo ‘padrone’ dopo essere stato posseduto, mentre Inferno (prodotto appena un anno prima, nel 1980) si regge su un assunto pressoché identico, il fatto che la magione protagonista – ovviamente in negativo – del film sia stata costruita su una delle porte dell’Inferno. Ma se Argento, pur facendosi prendere la mano dall’irrazionale, mantiene ancora un punto di connessione tra sovrannaturale e razionale, gestendo con mano ispirata sia le svisate visionarie sia un tessuto narrativo che si agita dalle parti della fiaba nera, Fulci opera una cesura netta, e taglia via ciò che a suo modo può risultare solo un orpello: la logica. Non è esistita mai, prima di …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà, una simile caduta libera nel “maelström dell’assurdo”, per riprendere il titolo di un mediometraggio autoprodotto quasi venti anni or sono dall’allora sconosciuto Gabriele Albanesi.

Fulci mette per immagini le liriche della poesia di un pazzo, un testo di montaggio e fotografia che sembra quasi partorito dalla mente di Abdul Alhazred, per restare dalle parti di H.P. Lovecraft: …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà è un’ode barbarica a dèi crudeli, e si muove tra lo spazio e il tempo con un’eleganza destinata a essere squarciata e macellata da raptus di una violenza inaudita. Se all’epoca dell’uscita in sala la critica si tenne a debita distanza dal film, con il Corriere della Sera che ammette candidamente di preferire della pornografia a una visione del genere, è anche perché il bombardamento cui Fulci sottopone il suo pubblico non ha eguali, né sembra porsi dei limiti. Dalla Louisiana color seppia dell’incipit, che già espone con chiarezza gli intenti del film, fino a quella maestosa chiusura su cui si tornerà tra poco, …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà si muove sempre alla ricerca dell’assoluto, mettendo in scena una carneficina che altro non è se non la lettura della vita, una via crucis infinita di sofferenza in sofferenza, tra demoniaco e terraceo. Tutti gli elementi, compresi quelli naturali – la sequenza in cui le tarantole attaccano Michele Mirabella e ne devastano il volto è davvero difficile da sostenere, anche in virtù degli ottimi effetti speciali serviti da Giannetto De Rossi, quasi sul punto di volare oltreoceano per lavorare a Hollywood [1] – agiscono con forza contro l’umano e la sua indomita spinta a sopravvivere, ad andare oltre, a resistere a tutte le insidie possibili.
Una sorta di teatro della crudeltà in versione post-surreale, ferina e priva di qualsiasi falso pudore. Non è più possibile vedere con gli occhi, alla fine di tutto, perché lo sguardo non è in grado di conformare con precisione e chiarezza la vastità dell’orrore, del vuoto che circonda e sovrasta l’umano. Figurativamente perso tra Athanasius Kircher e Arnold Böcklin, Fulci mette il punto a un Novecento ostile e alienato, che trasfigurano la magnificenza di Piranesi in una valle di nebbie e fumi, esterni ma anche introiettati negli stessi personaggi. L’aldilà, incubo e vagheggiato sogno di ogni derelitto. E tu, e noi, e tutti vivranno nel terrore.

Note
1. Negli Stati Uniti De Rossi lavorerà, tra gli altri, sui set di Dune di David Lynch, Conan il distruttore di Richard Fleischer, Dragonheart di Rob Cohen e La maschera di ferro di Randall Wallace.
Info
Il trailer di …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà.
  • e-tu-vivrai-nel-terrore-laldila-1981-lucio-fulci-05.jpg
  • e-tu-vivrai-nel-terrore-laldila-1981-lucio-fulci-04.jpg
  • e-tu-vivrai-nel-terrore-laldila-1981-lucio-fulci-03.jpg
  • e-tu-vivrai-nel-terrore-laldila-1981-lucio-fulci-02.jpg
  • e-tu-vivrai-nel-terrore-laldila-1981-lucio-fulci-01.jpg

Articoli correlati

  • Mille Occhi 2017

    Black Cat

    di Presentato ai Mille occhi nell'ambito dell'omaggio a Dagmar Lassander, Black Cat è un horror del 1981 di Lucio Fulci, uno dei tanti finti adattamenti della novella di Edgar Allan Poe.
  • Buone feste!

    Zeder

    di Il meglio della sua filmografia Pupi Avati l'ha dato nella messa in scena del deforme e dell'horror. Prova ne è Zeder, che immerge Lovecraft nella bassa padana...
  • Trieste S+F 2016

    La casa dalle finestre che ridono

    di La casa dalle finestre che ridono, la più celebre incursione nel thriller e nell'horror di Pupi Avati, viene ospitato sullo schermo del Trieste Science+Fiction, nell'omaggio a Fant'Italia.
  • Cult

    Suspiria RecensioneSuspiria

    di Uno dei capolavori di Dario Argento, Suspiria, festeggerà tra pochi mesi i quaranta anni; un'occasione ideale per tornare a ragionare su uno dei capisaldi del fantastico, italiano e mondiale.
  • Torino 2014

    Profondo rosso RecensioneProfondo rosso

    di Al Torino Film Festival è stata presentata la versione restaurata in digitale del capolavoro di Dario Argento. L'occasione per aprire nuovamente gli occhi su uno dei titoli fondamentali del cinema thriller e horror degli ultimi quarant'anni.
  • DVD

    Sette note in nero RecensioneSette note in nero

    di Sinister Film e CG Home Video ripropongono in dvd il famoso e apprezzato thriller di Lucio Fulci. Uno dei suoi film migliori, raffinatissimo, teso e avvincente, sorretto da un'enorme consapevolezza teorica sul mezzo-cinema e da non banali riflessioni metafilmiche.
  • Saggi

    Il rosso segno di Bava

    A cento anni dalla nascita di Mario Bava, un omaggio doveroso a uno dei grandi maestri del cinema italiano, riconosciuto come tale solo dopo la sua morte e forse tuttora poco compreso.

Leave a comment