Joueurs

Joueurs

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Esordio della francese Marie Monge, Joueurs è una classica storia di amour fou senza grande personalità e senza guizzi, che punta tutto sulla presenza delle sue giovani e belle star, Stacy Martin e Tahar Rahim. Alla Quinzaine.

Gli eroi son giovani e belli

Una storia d’amore a Parigi nell’universo del gioco d’azzardo e dei demolition derby. [sinossi]

Prova a metterla subito sul piano del canone e del paradigma la francese Marie Monge con il suo esordio Joueurs, presentato alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes 71: i suoi protagonisti si chiamano infatti Ella e Abel; lei è dunque Ella, vale a dire tutte le donne possibili, mentre lui è evidentemente Caino, un demone tentatore, che si cela dietro il nome di Abel, provando a dissimulare sotto uno strato di angelicità il suo lato oscuro, in cui non potrà che trascinare anche lei.
Un canone, quello impostato dall’esordiente Marie Monge, che finisce ben presto per aderire allo stereotipo della classica storia di amour fou, condita dalla presenza di due attori lanciatissimi come Stacy Martin (Nymphomaniac) e Tahar Rahim (Il profeta). Ma, come insegna tutta la storia del cinema, due star giovani e di bella presenza non bastano per costruire un film, soprattutto se non si spinge abbastanza il pedale sullo scandalo, che in casi come questi potrebbe essere d’aiuto.
Invece Stacy Martin il suo film-scandalo ce l’ha già avuto – Nymphomaniac, per l’appunto – e ora evidentemente sente il bisogno di normalizzarsi. Così all’inizio di Joueurs la vediamo trottare come cameriera in un ristorantino di cui è proprietaria a metà insieme al padre silente. La ragazza non ha alcuna distrazione e sente di non aver niente da chiedere dalla vita, finché non le appare Abel e, previa una blanda opera di convincimento, questi la conduce dunque nel sottobosco del gioco d’azzardo prima e dei demolition derby poi (si tratta di una sorta di auto-scontro clandestino, in cui vince chi si ritrova l’ultima macchina funzionante). Lei diventa dunque addicted, più che del gioco e dell’adrenalina, di Abel stesso, con cui sente finalmente di poter vivere pienamente – anche se, in effetti, quest’ultimo punto non viene descritto a dovere ed è più che altro lasciato all’immaginazione dello spettatore.

I due belli e dannati, è ovvio, hanno il destino scritto e così tutto scorre via come ampiamente preventivabile: desideri di fuga in Messico, debiti di un certo peso che spuntano fuori all’improvviso, tentativo di abbandonare tutto per poi ricascarci di nuovo e, dulcis in fundo, la minacciosa apparizione del super-scagnozzo che vuole indietro i suoi soldi.
Se, dunque, come si diceva, si è scelto di seguire il canone alla Bonnie & Clyde, questo canone però deve essere forzato, deve essere reso quantomeno in modo adrenalinico, si vogliono vedere delle scene action (e invece, le stesse corse in macchina sono girate con pigrizia). Se non si punta su deviazioni e biforcazioni impreviste dell’amour fou, che almeno si spinga al massimo su questo binomio di amore e morte, si lavori sull’eccitazione delle atmosfere di pericolo, si punti – chessò – alla cocaina e alle droghe, che è sempre – come insegna Scorsese – il modo per far fare uno scatto oltre il livello di guardia e per far perdere il controllo ai propri personaggi, come succedeva già in Quei bravi ragazzi e, più di recente, in The Wolf of Wall Street (che è, pur sempre, anche un film sul gioco d’azzardo).

Invece Joueurs è trattenuto e timido su tutti questi versanti, così come la sua protagonista che in realtà non si immerge mai veramente nelle spire dell’inferno cui tanto la vorrebbe condurre Abel. E che, quando torna sui suoi passi, viene riaccolta dal padre senza nemmeno una parola di biasimo, facendo sospettare che ci siano stati dei tagli importanti nel montaggio definitivo del film, visto che la figura paterna – che, nel frattempo figlia di nuovo con una nuova donna, senza che vi siano state delle sequenze di preparazione in tal senso – dovrebbe rappresentare la coscienza critica di Ella, e invece è solo una sbiadita e accomodante apparizione sullo sfondo.
Certo, non ci sono clamorosi scivoloni di tono in Joueurs, non si cade mai nel ridicolo involontario in nessuno dei passaggi di questa storia improntata al maledettismo, ma quel che manca è il coraggio, il tentativo – anche solo accennato – di sfuggire alle regole scritte del genere; e manca la personalità registica, decisamente troppo timida e scolastica. Se si vuole rifare il polar, bisogna avere il coraggio di rischiare. Perché non ha senso alludere al lato oscuro della vita, se poi non lo si abbraccia veramente con tutto quello che comporta.

Info
La scheda di Joueurs sul sito della Quinzaine.
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