Lajka
di Aurel Klimt
Presentato in anteprima al Trieste Science+Fiction Festival 2018, Lajka è un piccolo, grazioso, fragile lungometraggio a passo uno realizzato in otto anni di lavoro da Aurel Klimt e dal suo team tecnico-artistico. Una favolistica rilettura della triste parabola della celeberrima cagnetta dello spazio, con canzoni, buoni sentimenti e buffi alieni che si prendono la rivincita sulla Storia e le cattive azioni del genere umano.
Lontano da Bayqoñyr
La vita nei sobborghi di una grande città della Russia non è affatto semplice per la cagnetta Laika. Catturata, viene forzatamente addestrata a diventare una pioniera dei viaggi spaziali. Subito dopo il suo decollo, altri animali prendono velocemente la via dello spazio da Houston e Baikonur: tutti insieme colonizzano un pianeta lontano. I primi tempi scorrono in armonia e pacifica convivenza con le forme di vita indigene, ma l’improvviso sbarco di due cosmonauti sul pianeta metterà le loro vite a repentaglio… [sinossi]
Arriva da lontano Lajka. Prima degli otto lunghi anni di lavoro di Aurel Klimt e della sua già lunga carriera; prima della (folle) corsa verso le stelle e del braccio di ferro Usa-Urss; persino prima della cagnetta sovietica Laika, aka Kudrjavka. Insomma, prima dello Sputnik 2 e del fatale 3 novembre 1957. Lajka è figlia di un’utopia che sembra non avere fine, di una visione dell’animazione che è sopravvissuta alle strette maglie della Madre Russia e del blocco sovietico, e che oggi riesce a ritagliarsi un po’ di visibilità nonostante gli autori e i colossi a stelle e strisce: Wes Anderson, Tim Burton e soprattutto la Laika di Philip e Travis Knight. Già, proprio Laika.
Non è all’altezza dei maestri e delle opere della scuola di Praga, ma Lajka arriva proprio da lì, da una nobilissima tradizione che ha sempre guardato più all’arte che alla realtà, al realismo, inseguendo altri tipi di perfezione. Guardando il lungometraggio di Klimt non si può che tornare nostalgicamente ai capolavori di Jiří Trnka o, senza volersi spingere così indietro, alle ultime perle di Jiří Barta (Toys in the Attic). C’era e c’è in questa idea di stop motion una poesia che riesce a tenere testa ai budget nordamericani, al loro esercito di animatori, alla diversa grandezza di energie e tempo. Anche nel traballante Lajka, così cedevole nella seconda parte, ritroviamo la magia dell’imperfezione, delle invenzioni, delle bizzarrie estetiche e narrative, della neve e dell’acqua che non devono essere neve e acqua, ma lo devono diventare nei nostri occhi e nei nostri sogni.
Quello che Klimt chiede ai suoi odierni spettatori, indubbiamente diversamente allenati rispetto ai loro genitori e nonni, sono sospensione e immersione. Una completa adesione alle avventure di questa altra cagnetta spaziale, alla sua imperfetta fluidità dei movimenti, al design caricaturale e volutamente sgraziato dei cattivi. Perché Lajka è una storia di buoni e cattivi: da una parte i due blocchi, Usa e Urss, così distanti eppure così colpevolmente simili, e dall’altra gli animali e le creature aliene. Insomma, un altro mondo è possibile, ma distante anni luce dalle ideologie incancrenite, dalla ipocrisia umana, dalla sopraffazione.
Una favola buffa, volutamente ingenua, tenuta in piedi un po’ a fatica dal collante musical e da qualche irriverente trovata comica. Lajka ha purtroppo il fiato un po’ corto, lo si nota anche sul piano estetico, quando narrazione e messa in scena si ripetono meccanicamente. Presentato in anteprima al Trieste Science+Fiction Festival 2018, il lungometraggio di Klimt non ha potuto godere della sua naturale versione 3D, lasciandoci (in parte) il dubbio di come sarebbe potuto essere. Ma anche gli effetti tridimensionali, almeno sulla carta, ci sembrano una coperta un po’ troppo corta.
Ci resta comunque la magia d’antan delle prime sequenze, con l’inseguimento finito sul tram, i tre adorabili cuccioli, la neve farinosa. E poi la tagliente ironia dei razzi spaziali tutti uguali, coi vari animali che prendono il controllo – era proprio così, ogni nazione con un programma spaziale puntava su specie diverse: cani, scimmie, piccioni e via discorrendo – e arrivano su un pianeta accogliente, privo di ingombranti e castranti sovrastrutture politiche, economiche e morali. Un piccolo inno alla libertà. E un altro piccolo tassello a favore della stop motion, tecnica complicata, certosina e maniacale, vivissima nonostante tutto.
Info
Il trailer originale di Lajka.
Il sito ufficiale di Lajka.
La scheda di Lajka sul sito del Trieste Science+Fiction Festival.
- Genere: animazione, fantascienza, musical
- Titolo originale: Lajka
- Paese/Anno: Repubblica Ceca | 2017
- Regia: Aurel Klimt
- Sceneggiatura: Aurel Klimt, Martin Velísek
- Fotografia: Radek Loukota
- Montaggio: Aurel Klimt
- Interpreti: Cenek Koliás, Helena Dvoráková, Ivana Lokajová, Jan Budař, Jan Vondrácek, Karel Zima, Martin Matejka, Miroslav Táborský, Petr Ctvrtnícek, Robert Nebrenský, Vladimír Merta
- Colonna sonora: Josef Čermák
- Produzione: Studio Zvon
- Durata: 88'

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