Red Snow

Red Snow

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Presentato in concorso al Marrakech International Film Festival 2018, Red Snow, opera prima della giapponese Sayaka Kai, è un thriller di ottima fattura che non sfigura di fronte alle opere dei maestri del cinema di genere contemporanei come Kiyoshi Kurosawa o Hideo Nakata.

Neve sottile

Trent’anni fa un ragazzino scomparve in circostanze misteriose che coinvolgevano un uomo sociopatico e la sua tormentata figlia. Quando un giornalista arriva nella località del fattaccio, intento a riaprire quel caso da lungo tempo chiuso, si scatena un tumulto di tensioni represse e di sensi di colpa; una spirale di violenza scaturisce dallo scontro tra storie e ricordi traumatici. [sinossi]

Una macchia rossa in mezzo a un’inquadratura completamente bianca. Si definisce poco a poco, rimanendo un’immagine quasi astratta, come quella di un ragazzino dal maglione rosso che sta scappando da qualcuno o da qualcosa. Con questa scena inizia Red Snow, un thriller che segna l’esordio al lungometraggio della regista giapponese Sayaka Kai, presentato in concorso al Marrakech International Film Festival 2018. La sequenza, man mano che se ne delineano i contorni, contiene un’altra peculiarità: sembra proprio che si tratti della soggettiva dell’inseguitore. Un vecchio stratagemma del cinema di genere, usato molto anche da Dario Argento. Un modo facile per preservare il whodunit, visto che non si può vedere il volto dell’assassino, ma anche un’identificazione dell’omicida con lo spettatore. Sayaka Kai usa questo sistema in un film dove massima è l’ambiguità, morale prima ancora che narrativa. La regista costruisce un thriller che si gioca su conflitti, cromatici (già nel titolo) e materici.

Una piccola località, un’isoletta sperduta nel nord dell’arcipelago giapponese, si presume dalle parti dell’Hokkaido viste le nevicate persistenti per tutto il film e la coltre di neve di grande altezza. Una località sperduta, fatta di piccole case sparse, palazzi fatiscenti e diroccati, una città fantasma. Un luogo che è stato teatro di un evento di cronaca decenni prima, la sparizione di un ragazzino, che è rimasta irrisolta. Anche il processo relativo è stato celebrato sbrigativamente e non ha portato a risultati.
Arriva un personaggio da fuori, un giornalista, che afferma di avere la chiave per riaprire quel vecchio caso: bisogna ritrovare quell’unica testimone, all’epoca pure una bambina, che è stata reclusa in casa proprio perché non potesse rivelare nulla. E lui sostiene di averla individuata. Su questa premessa narrativa si costruisce il thriller pieno di colpi di scena, dove nulla può dirsi mai acquisito o risolto definitivamente e finanche il giornalista si scoprirà non essere tale.
Un thriller costruito tra passato e presente, tra flasback e flashforward. «Siamo pezzi di un puzzle» dice un personaggio, ma un puzzle di cui non si conosce il disegno finale, che potrebbe dare luogo alle figure più inimmaginabili.

La peculiarità di Red Snow rispetto a un prodotto medio di genere, come si diceva sopra, consiste nella cura estrema della costruzione dell’immagine. Per esempio nella differenza fotografica tra passato e presente laddove le immagini dei flashback hanno una patina come da vecchia foto ingiallita che contrasta con la nitidezza e il naturalismo di quelle contemporanee. E anche quadri che prevedono entrambe le definizioni nei due lati dello schermo, quando presente e passato coesistono. Uno dei personaggi del villaggio lavora come artigiano del vasellame. Così è il lavoro della regista Sayaka Kai che parte dalla materia, fotografica, per modellarla. E come uno di quei vasi che si scopre internamente di colore rosso, una volta che sia stato raschiato lo strato superficiale, così la coltre di neve ha seppellito i fantasmi del passato, pronti a riaffiorare, come lo scheletro che si rinviene in uno scavo quasi fosse un reperto paleontologico. E se il film inizia nel bianco, nel bianco andrà anche a finire, in una barca che si allontana nel mare avvolto da una nebbia fittissima. Come traghettati da Caronte, come Artù nel finale di Excalibur di John Boorman che viene portato nell’isola di Avalon, come la traversata del brumoso lago Biwa in I racconti della luna pallida d’agosto. I personaggi verranno inghiottiti in un oblio di algida purezza.

Info
La scheda di Red Snow sul sito del Marrakech International Film Festival.

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