Rotterdam 2019 – Presentazione
In corso fino al 3 febbraio l’International Film Festival di Rotterdam 2019, giunto alla 48esima edizione, con un programma come sempre fittissimo, dall’installazione curata da Godard al focus sul cinema brasiliano di origine africana, passando per la sezione dedicata ai “ruin film”, quelle opere inconcluse, o concluse in modo diverso da come erano state pianificate.
Rotterdam 2019 è iniziato con Dirty God, il primo film in lingua inglese della regista olandese Sacha Polak, incentrato su una donna sfregiata dall’acido, interpretata da un’attrice che porta sul proprio corpo delle reali ustioni. Il 48esimo International Film Festival Rotterdan che, dal 23 gennaio, si protrarrà fino al 3 febbraio, e si chiuderà con il thriller finanziario The Hummingbird Project di Kim Nguyen. Tra questi due eventi un programma come sempre fittissimo che prevede la Tiger Competition con otto opere in lizza, facenti parte del ricco programma Bright Future, incentrato sui filmmaker emergenti, con ben 47 titoli, e poi la sezione Voices, i Deep Focus in cui rientra l’installazione di Jean-Luc Godard Accueil livre d’image, e poi i talk e le masterclass di Carlos Reygadas, Agnieszka Holland, Philippe Parreno, Claire Denis, Fabrice Aragno, Jia Zhangke, Roberto Minervini, Samson Wong.
Nella sezione Perspective prosegue l’omaggio del festival al cinema panafricano quest’anno dedicato al Brasile, dove risiede la più popolosa comunità della diaspora africana, con la rassegna Soul in the Eye, dedicata all’eredità lasciata dall’attore, produttore, regista e attivista Zózimo Bulbul (1937-2013); il focus Say No More è invece dedicato a esperienze cinematografiche silenziose, senza voce, né colonna sonora, The Spy Thing è incentrato sulle spy story tanto classiche quanto contemporanee.
Si profila molto interessante il programma Laboratory of Unseen Beauty curato da Olaf Möller, dedicato ai ruin film, quelle opere inconcluse, o concluse in modo diverso da come erano pianificate, e riassemblate in vario modo per essere presentabili e distribuibili. Ne rappresenta un esempio il capolavoro La passeggera di Munk. E tra questi l’installazione degli outtake miracolosamente sopravvissuti di Il colore del melograno di Parajanov, German Concentration Camp Factual Survey, il documentario sui campi di sterminio commissionato a Sidney Bernstein dal comando alleato, poi smembrato in due film e ora rimontato nella concezione originale, il montaggio di materiali dal cinema muto francese curato da Henri Langlois per il Palais des Congrés nel 1974, They Shall Not Grow Old, un montaggio di filmati della Prima guerra mondiale, in parte colorizzati e tridimensionalizzati a opera di Peter Jackson, The Movie Orgy, il Blob ante litteram realizzato da Joe Dante durante gli anni di campus. Olaf Möller cura anche la personale sul cineasta portoghese Edgar Pêra.
Tutto ciò per fare del pianeta IFFR, come viene ribattezzato il festival, un mondo parallelo di cinema che arriverà laddove nessun umano è mai giunto finora.