Historia de mi nombre
di Karin Cuyul
Presentato in concorso al Festival de cine de Las Palmas de Gran Canaria 2019, dopo l’anteprima all’IFFR, Historia de mi nombre è un viaggio nella memoria della propria vita della giovane filmmaker cilena Karin Cuyul, dove gli eventi famigliari si intrecciano con gli ultimi tragici atti della dittatura di Pinochet.
Karin’s movie
La regista Karin Cuyul intraprende un viaggio nella memoria nei tanti luoghi della sua vita in Cile, proveniendo da una famiglia girovaga. Ed emerge che i genitori le diedero quel nome in omaggio a Karin Eitel, una ragazza dissidente che venne detenuta e torturata dalla polizia segreta di Pinochet, dopo un processo farsa trasmesso dalla televisione nazionale. [sinossi]
Historia de mi nombre è un racconto autobiografico, uno scavo nella propria infanzia da parte della giovane filmmaker Karin Cuyul che con questo film esordisce. Come altre operazioni analoghe, si pensi solo a Un’ora sola ti vorrei di Alina Marazzi, il film funziona come un blob di immagini di repertorio, di formati, grane e consistenze diverse. In questo caso il footage è da nastro magnetico, da videocassetta, con immagini flaccide, confuse, colori strabordanti e tenui, oscillazioni e scritte a indicare la regolazione del tracking. Una definizione scarsa che contrasta con le immagini HD più recenti che però a volte sono volutamente fuori fuoco, per creare un confine indistinto di sgranature, a partire dalla ripresa dell’incendio di dieci anni prima che ha dato origine al tutto.
Historia de mi nombre, presentato in concorso al Festival de cine de Las Palmas de Gran Canaria 2019, è un diario in voce off in prima persona della regista, che proviene da una famiglia che ha più volte trasferito la propria residenza. Nel ripercorrere i tragitti della propria vita, Karin Cuyul ripercorre in lungo in, quel poco, largo il Cile, dalla pampa alla costa, con un road movie che si snoda sulle strade verticali di un paese che è una lunghissima striscia di territorio tra oceano e montagne. Il lavoro potrebbe essere avvicinato a quello del filmmaker ungherese Péter Forgács nell’uso degli home movie che celebrano momenti privati gioiosi, matrimoni, feste, anche quando la società sta vivendo periodi dolorosi e traumatici, guerre, regimi sanguinari. Gli home movie di Karin Cuyul e la sua indagine famigliare portano dall’aspetto privato a quello politico senza neanche troppi passaggi. La regista scopre la vicenda di Karin Eitel, una dissidente del regime detenuta e torturata dai macellai di Pinochet dopo un interrogatorio farsa trasmesso dalla televisione pubblica. Questo avveniva nel 1988, poco prima del referendum che avrebbe posto fine alla dittatura, come raccontato nel film No – I giorni dell’arcobaleno di Pablo Larraín. E quando la regista era nel pancione di sua madre che, con il padre, decise di darle lo stesso nome. Così da quei filmati si rievoca quel periodo. Le discussioni tra chi voleva la democrazia e chi temeva una transizione e preferiva il quieto vivere. Per concludere che nessuno della cerchia di amici dei genitori, tutti di idee socialiste e genuini oppositori del regime – la madre avrebbe poi lavorato per il programma di assistenza alle vittime della dittatura – andò alle urne quel giorno del 5 ottobre 1988. Perché non ci credevano.
Percorrendo il paese, Karin Cuyul fa riemergere i traumi del paese, non solo quelli politici. Si vedono per esempio le devastazioni del recente tsunami. E ne disseppellisce i fantasmi. Mostra, tra i filmati di repertorio, l’escavazione di fosse comuni per identificarne i cadaveri, usando un montaggio analogico per abbinare una di queste scene con quella di anziani e tranquilli contadini che zappano l’orto. La regista però si dilunga troppo nella ricostruzione dei fatti personali, di cui può interessarci ben poco, diluendo così i ricordi di un genocidio che sempre dovrà essere ricordato.
Info
Historia de mi nombre sul sito di Las Palmas.
- Genere: documentario
- Titolo originale: Historia de mi nombre
- Paese/Anno: Brasile, Cile | 2019
- Regia: Karin Cuyul
- Sceneggiatura: Karin Cuyul
- Fotografia: Felipe Bello
- Montaggio: Catalina Marín, Nicolás Tabilo
- Produzione: 3 MOINHOS, Cinestación, Pequén Producciones
- Durata: 78'
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