Red Joan

Red Joan

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Veterano del teatro inglese con qualche sortita nel cinema, Trevor Nunn dirige con Red Joan un film privo di mordente, poco incisivo nelle sue narrazioni in flashback, incapace di rendere la portata della scelta “morale” della protagonista.

Il senso di Joan per la bomba

Londra, 2000: Joan Stanley, anziana fisica in pensione, riceve la visita di agenti dell’MI5, che la arrestano con l’accusa di tradimento. La donna, infatti, avrebbe passato ai sovietici i risultati della sua ricerca sulla bomba atomica, condotta durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’arresto è per Joan l’occasione per un viaggio nel passato, e nei ricordi dell’amore che la fece accostare per la prima volta alla politica… [sinossi]

Ci sono film (non molti, per fortuna) che sembrano presumere che basti far leva su un interprete di livello, preferibilmente anziano/a, sicuramente con molto carisma, costruire attorno a lui/lei una rabberciata trama divisa tra passato e presente, per mettere su un prodotto accettabile da dare in pasto agli sprovveduti spettatori. Judi Dench, già interprete di Philomena – che, pur nella sua dignitosa confezione, rientrava grossomodo nello schema sopra menzionato – sembra essere un volto particolarmente adatto a questo meccanismo. A differenza del film di Stephen Frears, tuttavia, Red Joan non ha neanche dalla sua la confezione, in sé piuttosto scialba e anonima; oltretutto, il film di Trevor Nunn (regista veterano del teatro inglese, con frequentazioni saltuarie del grande schermo) relega l’attrice britannica in uno spazio che è di fatto un misero angolino: un presente (il 2000) che non ha altra funzionalità se non quella di illustrare didascalicamente quel passato che viene a bussare – nella veste di un gruppo di agenti dell’MI5 – alla porta della protagonista. E in effetti, la Joan Stanley del 2000, per com’è costruita dalla sceneggiatura, brilla sia per l’incoerenza dei comportamenti, sia per la scarsa credibilità nel rappresentare la versione anziana del personaggio interpretato da Sophie Cookson.

Non è, ovviamente, solo questione del talento (non proprio accostabile) delle due interpreti. Il film di Nunn denuncia piuttosto, in ogni sua parte, una costruzione difettosa dei personaggi, di cui la figura della protagonista non è che l’esempio più eclatante: un’incoerenza e volubilità che fa apparire la Joan anziana dapprima una povera vecchia che non capisce bene cosa le stia capitando, poi – senza alcun preavviso, ma in virtù del semplice avanzare del suo racconto – una veterana che rivendica con orgoglio le scelte fatte in gioventù. Se la Dench fa quello che può per conferire almeno una parvenza di credibilità a una figura mal concepita, Sophie Cookson da par suo non pare avere nemmeno questa capacità: la sua è una mera figura di studentessa innamoratasi dell’uomo sbagliato (col volto di Tom Hughes: forse una delle più infelici scelte di casting degli ultimi anni) che si ritrova in mano le chiavi del futuro del mondo senza sapere bene come ne è venuta in possesso. Posta in questi termini, la storia di Red Joan potrebbe persino apparire interessante: il problema è che le intenzioni dello script (mutuato dal romanzo omonimo di Jennie Rooney, a sua volta ispirato alla storia di una vera “talpa” inglese del KGB) erano probabilmente di ben altro segno.

C’è un generale senso di trascuratezza narrativa, che aleggia su tutto Red Joan, una sciatteria nella gestione del racconto che contrasta in modo stridente con le sue ambizioni. Diciamo questo perché, di fatto, la vicenda di Melita Norwood (vero nome del personaggio – soprannominata all’epoca “nonna spia”) presentava in sé spunti tutt’altro che banali; potenziali embrioni di una riflessione generale sull’etica individuale e collettiva, in un periodo in cui il mondo era sull’orlo della catastrofe. Ma la Joan di Sophie Cookson appare qui più simile a una (post)adolescente scaricata dal boyfriend bello e dannato – e incidentalmente impegnato politicamente – piuttosto che una studentessa che lentamente matura in sé una difficile decisione, dalle implicazioni potenzialmente globali. Il film parte dall’idea – oggi largamente accettata dagli storici – che il cosiddetto “equilibrio del terrore”, con l’arma atomica in mano a entrambe le superpotenze, abbia rappresentato di fatto il più forte deterrente per una catastrofe generale. Mostrare la maturazione di questa consapevolezza – ante litteram – in una studentessa politicizzatasi alla fine degli anni ’30, disposta a tradire la sua comunità per favorire un nuovo equilibrio globale, rappresentava in sé un’istanza più che sufficiente per la realizzazione di un film. Il problema è che non c’è molto di tutto questo nella figura della protagonista, che sembra mossa da istanze esclusivamente umorali, limitandosi a fare il broncio nei momenti di maggior frizione con gli altri personaggi.

È loffio e poco ispirato, il film di Trevor Nunn, inutilmente didascalico in molti passaggi, contrassegnato da uno stucchevole e poco stimolante andirivieni tra passato e presente: un andirivieni che assume a volte la forma del kitsch involontario, in particolare in alcune scelte di montaggio tese a sottolineare la continuità di sentimenti tra le due versioni della protagonista. Del clima della società britannica di poco prima della guerra, e poi del mondo accademico che stava prendendo su di sé nientemeno che il peso della costruzione dell’arma nucleare, non ci sono che superficiali tracce: persino l’annuncio, dato dai notiziari radio, dell’esplosione della bomba su Hiroshima, non sembra provocare nei protagonisti che un passeggero turbamento. Così, tra l’articolarsi di una love story che vorrebbe muoversi parallelamente con le evoluzioni della Storia, la presenza intermittente di figure accessorie e inconsistenti (il futuro marito della protagonista) e un racconto in flashback che si muove a strappi e frammenti di narrazione, la storia di Red Joan si avvia verso la sua doppia conclusione: da una parte una protagonista giovane che ha realizzato una “presa di coscienza” di cui non abbiamo visto, di fatto, alcuna traccia; dall’altro una donna anziana che decide infine di affrontare, con retorica fierezza, le conseguenze delle azioni compiute decenni prima. Se il film fosse giunto fin qui col supporto di qualcosa di simile a una sceneggiatura coerente, il risultato ne avrebbe certamente giovato.

Info
Il trailer di Red Joan.
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