Rocketman

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Rocketman di Dexter Fletcher prende alla lettera tutto l’immaginario che da decenni circonda il personaggio di Elton John per dare vita a un biopic-musical immersivo e galvanizzante, pronto anche ad abbracciare senza remore il kitsch più libero e delirante.

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Già co-regista, per quanto non accreditato, di Bohemian Rapsody, il britannico attore e regista Dexter Fletcher si candida ufficialmente a rivitalizzare il glorioso genere del musical con Rocketman, biopic dedicato a Elton John presentato fuori concorso a Cannes 2019. Fletcher, a differenza da quanto ha fatto il collega Bryan Singer per Freddie Mercury, punta senza remore a riprodurre, anche stilisticamente, tutto l’immaginario pop e glitterato che da decenni circonda, come un alone magico, il suo personaggio, concedendosi sortite nel kitsch più libero e delirante, con sfocature dell’immagine, caleidoscopi di lustrini, riflessi e, soprattutto, sontuosi numeri musicali che occhieggiano ai musical hollywoodiani del passato.

Questa volta poi, in perfetta ottemperanza al diktat di Ian Dury, la mitica triade Sex and Drugs and Rock and Roll non viene smembrata, né censurata. Certo, sui titoli di coda troneggia una didascalia che ci tiene a rammentare quanto Elton John sia, ad oggi, sobrio da ben 28 anni, ma pazienza, Rocketman è un blockbuster di calibro internazionale, per cui qualche concessione al puritano pubblico americano va pur fatta.

Per cui ecco che, prima di deprimersi come lo sfortunato collega dei Queen in Bohemian Rapsody, l’Elton John di Rocketman qui si diverte parecchio, anzi, Fletcher lo utilizza, anche grazie al talento del suo versatile interprete, Taron Egerton, come una vera e propria macchina dello spettacolo, un performer da vaudeville in grado di alternare dramma e commedia, danza, canto e pirotecniche follie.

Il collante narrativo che tiene insieme il tutto è semplice, quasi essenziale: ancora in piumati abiti di scena, Elton John si reca in una struttura per il rehab e qui, nel corso di una riunione collettiva, tiene banco rievocando il suo passato. Niente traumi indicibili però giacciono alla base della dissolutezza del nostro eroe, soltanto il desiderio di essere amato.

E così, con questo sguardo umanista, ora malinconico, ora apertamente onirico, Fletcher ripercorre l’ascesa di Elton John, da pianista prodigio poco amato dal padre e tiepidamente sostenuto da madre e nonna, a star del pop mondiale, raccontando inoltre con la necessaria, ruspante vitalità la sua scoperta dell’omosessualità. Nonostante per buona parte del film finisca poi messa da parte dai suoi amori, al centro di Rocketman c’è anche la storia di una grande amicizia: quella tra John e il suo paroliere Bernie Taupin, qui incarnato da un ottimo Jamie Bell, protagonista anche di una bella performance canora.

Ma soprattutto, come si è accennato, Rocketman rispolvera in pompa magna i sani vecchi stilemi del musical classico hollywoodiano, percorrendo con dolly aerei e fluide staedycam delle coreografie alla West Side Story, concedendosi poi virtuosistici raccordi di montaggio basati sul cambiamento di foggia degli occhiali del protagonista, lasciando infine che gli si infiammino le estremità e che parta poi a razzo verso il cielo durante la performance del brano che da il titolo al film.

Centrale, e declinato in differenti arrangiamenti, è poi il ruolo assegnato a uno dei brani più belli del cantante britannico, quella Goodbye Yellow Brick Road che, citando Il mago di Oz, riassume con una certa disillusione quel sogno di ritorno a una vita passata che ogni artista dal successo internazionale, assai umanamente, prima o poi si ritrova a rimpiangere.

Info
La scheda di Rocketman sul sito del Festival di Cannes 2019.
Il trailer di Rocketman.

 

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