Por el dinero

Por el dinero

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Essere allo stesso tempo Don Chisciotte e Cervantes. È la condanna del regista – e dell’artista – contemporaneo secondo la lettura dell’argentino Alejo Moguillansky che con Por el dinero, presentato alla Quinzaine, realizza un orgoglioso, libertario – e anche affettuosamente patetico – inno all’autarchia realizzativa.

Put money in thy purse

Una miserabile troupe argentina composta da un musicista, un regista, due ballerini e una bambina si imbarca per una tournée in America Latina. Quando vengono chiamati a un festival in Colombia si trovano a fare definitivamente i conti col fatto che i soldi non ci sono. [sinossi]

In paesi come il Portogallo o l’Argentina si è trovato il modo di fare film senza ricorrere per forza a finanziamenti pubblici, senza stare ad aspettare anni che un produttore riesca a trovare i soldi o abbia la voglia di farlo, ma facendo piuttosto affidamento sulle rispettive competenze, formando dei collettivi in cui ciascuno contribuisce come può alla causa. È il caso, ad esempio, del gruppo El Pampero Cine, che ha fatto sì che nascesse l’esperienza inaudita di La flor di Mariano Llinás, film della durata stratosferica di 14 ore, montato proprio da Alejo Moguillansky, regista di Por el dinero, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs e montato a sua volta da Mariano Llinás.
Ciò significa una identica veduta d’intenti, un percorso che si decide di fare in maniera condivisa, affrontando fallimenti e successi, e significa trovare degli alleati e dei compagni per poter fare cinema insieme, anche perché da soli non si va da nessuna parte.
E Por el dinero parla proprio di questo, della necessità di fare tutto in maniera autarchica e collettiva senza ricorrere a produttori o quant’altro, della bellezza di poter fare tutto in piena autonomia, della libertà. In questo modo Por el dinero è anche quindi un auto-omaggio al gruppo El Pampero, fondato nel 2002 da Moguillansky insieme allo stesso Mariano Llinás, a Laura Citarella e ad Agustín Mendilaharzu. Ma è anche un auto-parodia, perché non nasconde le difficoltà, e anzi le enfatizza e le ridicolizza.

Una compagnia di giro composta da quattro persone, un musicista, un filmmaker e due ballerini (poi c’è una bambina che appare e scompare), si muove lungo il Sud America in cerca di teatri in cui potersi esibire. Mettono in scena uno spettacolo dal titolo, per l’appunto, Por el dinero, in cui riflettono brechtianamente sul ruolo del denaro nell’arte, leggendo anche la propria dichiarazione dei redditi, e a questo alternano altri momenti, come canzoni contro il denaro o balletti improvvisati. Lo spettacolo ha successo, ma non porta soldi, finché il gruppo non viene convocato a un festival in Colombia, dove dovrà confrontarsi con altri due concorrenti per poter provare a vincere un premio in denaro, che risolverebbe – almeno temporaneamente – la loro precaria e disagevole condizione.
E il film di Moguillansky, oltre a essere auto-biografico nel senso che abbiamo già detto, cioè nel riferirsi esplicitamente all’esperienza di El Pampero, lo è ancor di più perché tutto quello che si vede è accaduto veramente, vale a dire che lo spettacolo omonimo è stato davvero portato in scena nel 2013 dai quattro attori che vediamo sullo schermo (e in cui il filmmaker è ovviamente lo stesso Moguillansky) e che tutto si è fermato per via della selezione di un festival in Colombia, il cui viaggio in aereo ha fatto sballare le spese. Per certi versi, dunque, Por el dinero è un documentario sulla gioia e la disperazione di fare arte, sul fare e sul non fare film, sul fare e sul non fare teatro, sul riuscirci e – contemporaneamente – sul fallirvi.

Vi sono però due piani narrativi in Por el dinero, quello della fase dello spettacolo dal vivo che ha portato la compagnia fino in Colombia (dal retrogusto, più che documentaristico, da appunti di viaggio) e quello della riflessione postuma, quando tutto è finito. Quest’ultimo serve come cornice e serve anche a sostenerne il racconto con la voice over di uno dei quattro che racconta alla polizia la loro esperienza, visto che l’avventura ha avuto esiti tragici, in questo caso immaginari e non reali.
Moguillansky ha caricato con grande efficacia questo secondo livello del racconto, affidando la narrazione a posteriori al ballerino e attore di origine francese Matthieu Perpoint, che parla dunque nella lingua di Molière, ma anche di Richelieu, come viene detto all’inizio in maniera molto significativa, visto che il cardinale – avendo dato un impulso significativo nel Seicento al teatro di Stato – è un po’ il padre di tutti i produttori, e dunque – secondo la lettura di Moguillansky – il padre di tutti i nemici dell’arte, quelli che detengono il potere economico.
Ma la scelta della lingua francese che si sovrappone continuamente a quel che vediamo nelle parti dello spettacolo dal vivo, in cui si parla in spagnolo, vale anche come rilettura del cinema godardiano, visto che Perpoint recita sottovoce, imitando il tono del più grande genio teorico del cinema mondiale. Un riferimento che è confermato dall’uso che Moguillansky fa della musica extradiegetica e del suono in genere, portando tutto al massimo volume e poi svuotando improvvisamente la colonna audio, ricordandoci dunque che stiamo assistendo a una finzione, a una rielaborazione posticcia, a un mix arbitrario – e mai reale – tra immagine e suono. D’altronde il godardismo di Por el dinero è ben lungi dall’essere tronfio e, anzi, stratifica il discorso, visto che Godard è anche il massimo rappresentante del cinema fatto da sé, del cinema fatto in casa, al montaggio, e dei collettivi post-68, in particolare quello del gruppo Dziga Vertov.

Così tutto torna in Por el dinero, anche se resta sempre un po’ nell’aria un senso di incompiutezza, vale a dire che l’anarchica dichiarazione di intenti è potente, giusta e totalmente condivisibile, ma quello spirito improvvisato del fare arte sul momento, del fare arte per poter vivere e per poter morire, non sempre arriva. Forse sarebbe stato necessario vedere delle parti più corpose dello spettacolo per poter meglio esperire questo livello. O forse inficia un po’ il fatto che i personaggi dei due poliziotti che interrogano Matthieu Perpoint appaiono un po’ troppo macchiettistici, da pochade.
Resta comunque il fatto che il gesto di Por el dinero è potente, audace e volutamente suicida, con un malinconico sorriso sulle labbra. E per questo va sostenuto.

Info
La scheda di Por el dinero sul sito della Quinzaine des Réalisateurs.
Il sito ufficiale della Pampero Film, collettivo che ha prodotto Por el dinero.

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