Space Dogs

Presentato nel concorso Cineasti del presente del 72 Locarno Film Festival, Space Dogs di Elsa Kremser e Levin Peter parte dalla leggendaria cagnolina Laika, lanciata nello spazio nella navicella sovietica, per arrivare ai cani randagi che ora popolano la città di Mosca. Una riflessione sulla degenerazione di quella che è stata una superpotenza, che ha gareggiato nella corsa allo spazio, e sul rapporto, contraddittorio, tra uomini e animali.

Mondo cane

Laika, un cane randagio, è stato il primo essere vivente lanciato nello spazio, verso una morte certa. Si dice che il suo fantasma sia tornato sulla Terra e ora vaghi per Mosca. Il film segue le avventure dei suoi discendenti: due cani di strada che vivono oggi nella capitale russa. [sinossi]

È stato Frank Poole il primo uomo ad arrivare su Giove, il secondo astronauta non ibernato dell’astronave Discovery di 2001: Odissea nello spazio. Ci è arrivato però già morto, dopo lo scontro con Hal 9000. Prima di lui lo stesso destino è capitato a Laika, la cagnolina spedita nello spazio il 3 novembre 1957 a bordo della capsula spaziale sovietica Sputnik 2, il primo essere vivente ad aver viaggiato nello spazio, e per questo entrata nella cultura popolare. La povera bestiola usata come cavia in una missione senza possibilità di sopravvivenza, rimasta in vita per poco più di un’ora dopo il lancio, come sappiamo ora da documenti desecretati dopo il crollo dell’URSS, perché la propaganda fece credere che l’animale sopravvisse felicemente nello spazio per una settimana. Laika rappresenta l’utilizzo ai propri fini che da sempre l’uomo ha fatto degli animali, ancorché per un fine di grande rilievo come una tappa fondamentale nella conquista dello spazio, che vide i sovietici vincere il primo round nei confronti degli Stati Uniti.

Il lancio di Laika viene ricostruito avvalendosi di filmati di repertorio, dai filmmaker austriaci Elsa Kremser e Levin Peter, tedesco, nel film Space Dogs, presentato nel concorso Cineasti del presente del 72 Locarno Film Festival. Laika era un cane randagio, prelevato tra le strade di Mosca. I due cineasti seguono ora la vita dei cani randagi nella capitale russa, che rappresentano una vera e propria popolazione dell’ecosistema urbano. Li seguono mettendosi al loro livello, con mdp alla loro altezza, con uno stile che ricorda quello dei patinati documentari naturalistici alla National Geographic, con la differenza che non ci troviamo in una giungla tropicale, bensì nelle periferie degradate di una grande città, tra discariche e macchine abbandonate, e l’oggetto non è il raro animale esotico bensì il cane domestico rinselvatichito. Ma vale comunque la legge della giungla, della sopravvivenza del più forte.

Così i registi non lesinano a mostrare una sequenza che diventa scioccante nella società attuale, dove gli animali da compagnia sono sacralizzati, umanizzati, vezzeggiati. Si tratta dell’azzannamento a morte di un gatto da parte di due cani, di cui peraltro non si nutrono, seguendo quell’istinto di gioco predatorio, per il quale gli stessi gatti catturano topi, uccellini e lucertole senza cibarsene. Questa sequenza, molto discussa e discutibile, merita una riflessione: il film non potrà fregiarsi della dicitura «Nessun animale è stato maltrattato…» e a Locarno il film viene accompagnato da avvisi per le persone sensibili. Siamo ormai lontani dai tempi di Jacopetti o Deodato, in cui scene di snuff animale venivano bellamente spiattellate. Una conquista di civiltà indubbiamente. Ma se ci turba la sequenza di cui sopra e non quella di un leone che si ciba della gazzella in un documentario naturalistico, dovremmo allora riflettere su un’aberrazione di segno opposto della nostra società.

Mettendosi al livello dello sguardo di questi cani randagi, i due filmmaker in Space Dogs ci portano, allo stesso tempo, dal loro punto di vista, quasi con l’effetto di un film di Disney con animali antropomorfi, facendo del film una riflessione sulla coscienza umana e animale, e sul rapporto di sfruttamento e amore tra la specie umana e le altre specie animali. Così è per lo scimpanzé, altro animale feticcio dell’uomo come il cane. Quanto il secondo è il suo migliore amico, tanto il primo è l’essere vivente a lui più simile, sostituisce il cane nella foresta di Tarzan. Lo scimpanzé è l’animale che invece è stato impiegato nel programma spaziale statunitense, nel progetto Mercury, e ora i registi ci mostrano come questo animale venga ancora sfruttato, portato, buffamente vestito, per divertimento nelle feste dei bambini. E poi, si scopre, sono state usate anche delle tartarughe, come equipaggio di veicoli spaziali, in una sorta di bestiario interstellare.

Passare da Laika alla popolazione attuale dei cani randagi a Mosca, significa riflettere sulla dissoluzione di un impero, di una grande potenza e civiltà che ha primeggiato in scienza e tecnologia, pur in un regime autoritario. Una società, con tutti i pregi e difetti, che ora è svanita, sostituita da una giungla d’asfalto, dominata dal capitalismo sfrenato, dalla legge del più forte. Che differenza tra i cani randagi e quei cagnolini esibiti, curati e pettinati mostrati con orgoglio nei filmati di repertorio di propaganda sovietica in technicolor, la progenie di quei cani mandati nello spazio, di Strelka e Belka, i successori di Laika. Un cucciolo di quella discendenza venne addirittura regalato da Krusciov alla first lady americana Jackie Kennedy.

Nel loro racconto di animali spaziali, Elsa Kremser e Levin Peter si avvalgono della voce off dell’attore Aleksei Serebryakov, e del montaggio di Jan Soldat, che pure si era occupato di rapporti tra uomini e cani, nella nostra società, nel film Be Loved.

Info
Lapagina dedicata a Space Dogs sul sito del Locarno Festival.
Il sito ufficiale di Space Dogs.

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