Woman

Presentato fuori concorso a Venezia 76, Woman è una galleria di ritratti femminili da tutto il mondo, opera di Anastasia Mikova e Yann Arthus-Bertrand, un inno alla varietà culturale dell’umanità, alla biodiversità di costumi, abiti, credenze religiose, ma anche una denuncia dello stato di arretratezza della condizione femminile in molte parti del mondo.

La donna nel mondo

Un ritratto intimo di duemila donne di cinquanta diversi paesi, affrontando tematiche quali la maternità, l’educazione, il matrimonio, l’indipendenza economica, la sessualità, le mestruazioni, l’aborto. Il film, basato su incontri in prima persona, riunisce testimonianze di donne molto diverse, da capi di stato, alle regine di bellezza, alle autiste di autobus fino a chi coltiva la terra nelle aree remote del pianeta, offrendo un quadro più completo di cosa significhi essere una donna nel mondo. [sinossi]

Yann Arthus-Bertrand è un importantissimo fotografo naturalista, specializzato in immagini aeree. Una delle sue opere, che rappresenta il Cœur de Voh una foresta di mangrovie a forma di cuore nella Nuova Caledonia, è diventata celeberrima. Anastasia Mikova lavora con lui da molto tempo, ed ha contribuito al precedente lungometraggio, Human, la cui struttura viene ora ripetuta in Woman, presentato fuori concorso a Venezia 72. Lo schema è molto semplice: una carrellata di primi piani di donne da tutto il mondo che si esprimono in merito alla loro condizione di vita e alle loro difficoltà. Tutte inquadrate su fondo nero e riprese allo stesso modo, con la videocamera alla stessa distanza per garantire un’omogeneità nelle immagini. Donne velate, donne dai vestiti colorati, donne di qualche popolazione indigena con quei grossi dischi inseriti tra le labbra inferiori; donne operaie e donne capo di stato; donne maltrattate, stuprate, sfregiate dall’acido, costrette ad abortire feti di otto mesi, donne giovani, donne anziane, donne che non sono nate tali come, l’unica riconoscibile almeno da un pubblico italiano, Vladimir Luxuria. Una carrellata di immagini, con una fotografia mesmerica, che suona come un inno alla biodiversità, che non riguarda solo la flora e la fauna, ma anche le tante culture umane che abitano il pianeta. Yann Arthus-Bertrand passa così dai suoi paesaggi, a dei volti che suonano anch’essi come geografie.

Difficile considerare Woman come un film e questo non solo per la mancanza di una narrazione, almeno tradizionale. Si tratta di un progetto fotografico, come si è detto, di altissimo livello. Lontano tanto dai documentari didattici alla National Geographic, tanto dal lavoro di Godfrey Reggio, perché del tutto assente quella dimensione di partitura sinfonica, ma anche da quell’Human Flow di Ai Weiwei che si poneva come campionario dei dolori dell’umanità. E Woman non è certo esente da eccessi estetizzanti, come quell’immagine iniziale della donna che nuota nel mare, che fluttua nel blu, come una sirena, avendo come sfondo una grande balena. Scena di cui va comunque riconosciuta la grande perizia nella realizzazione. Un lavoro fotografico che esibisce il suo alto budget, non foss’altro che per la grande varietà geografica, dei luoghi in cui la troupe deve essersi spinta, e per la quantità di tempo che deve essere stata necessaria. Una complessità nel lavoro di realizzazione esibita anche in quelle riprese di scena sui titoli di coda, abbastanza autoreferenziali come spesso in questi casi.

Woman rimane comunque un’opera il cui impatto, visivo ed emotivo, è difficile da evitare o aggirare. Un’opera sulla femminilità e sulle condizioni femminili, ancora difficili in tante parti del mondo. Ma un’opera che dà comunque visibilità a un’energia, a una forza di reazione, come una sorgente d’acqua che si cerca di ostruire o tappare, più energia sprigionerà come reazione.

Info
La scheda di Woman sul sito della Biennale di Venezia.

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