Swimming Out Till the Sea Turns Blue

Swimming Out Till the Sea Turns Blue

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Presentato tra i Berlinale Special della 70 Berlinale, Swimming Out Till the Sea Turns Blue segue il ritorno alla forma del documentario per Jia Zhangke, che completa così un’ideale trilogia di opere su artisti cinesi, segnando un nuovo capitolo della sua epopea sulla madrepatria, scandagliata attraverso lo spazio e il tempo.

Rivers may depart

Nel maggio 2019, un gran numero di eminenti scrittori e studiosi cinesi si sono radunati in un villaggio nella provincia cinese dello Shanxi. Le immagini di questo evento letterario aprono una “sinfonia” di 18 capitoli che abbraccia la storia della società cinese dal 1949. La storia è raccontata attraverso i ricordi dello scrittore Ma Feng e le testimonianze di tre grandi autori che sono attivi oggi: Jia Pingwa (nato negli anni Cinquanta), Yu Hua (nato negli anni Sessanta) e Liang Hong (nato negli anni Settanta). Questi scrittori raccontano le loro stesse vite e carriere letterarie, il che consente al film di tessere una storia spirituale di settant’anni del popolo cinese. [sinossi]

Alcune sculture umane in pietra imponenti, ieratiche, scandagliate in lungo e in largo, immerse in un chiaroscuro, aprono Swimming Out Till the Sea Turns Blue, ultimo lavoro di Jia Zhangke, che segna il suo ritorno al documentario, presentato tra i Berlinale Special della 70 Berlinale. Le statue in questione rappresentano figure di lavoratori e appartengono all’epoca socialista, epoca in cui comincia la narrazione di storia cinese del film. Sono tipiche dell’esaltazione dell’ideologia collettivistica dell’epoca, del realismo socialista, paragonabili per esempio al monumento che rappresenta il logo dei film prodotti dallo studio sovietico Mosfil’m. Sono statue conservate nel museo della storia locale della città denominata Jia Family Village. Jia Zhangke fa seguire a quella visione un ideale controcampo rappresentato dai suoi abitanti, volti reali dei contadini del villaggio. Da un lato l’eternità, la perfezione, nell’utopia che voleva essere perseguita, dall’altro l’immanenza, la gente comune di oggi.

Dopo una pausa di dieci anni dal suo ultimo documentario I Wish I Knew, Jia Zhang-ke torna al cinema del reale con questa opera che potrebbe chiudere un’ideale trilogia sulla Cina filtrata attraverso varie sensibilità di artisti. Una trilogia cominciata con Dong sul pittore Liu Xiaodong e proseguita con Useless sullo stilista Ma Ke. A ben vedere anche in I Wish I Knew l’arte gioca un ruolo di primo piano, in questo caso proprio la settima arte cui Jia Zhangke attinge per delineare una storia iconografica della metropoli di Shangai. E a ben vedere l’arte è una chiave di lettura importante anche nelle sue opere di fiction, per marcare determinati periodi storici, come le rappresentazioni teatrali di propaganda socialista di Platform, e le infiltrazioni musicali dall’occidente in tanti suoi film. In Swimming Out Till the Sea Turns Blue l’arte che fa da protagonista è la letteratura. L’epicentro geografico del film, in questo caso, è il Jia Family Village dove si svolge un importante festival letterario. Nessuna parentela, specifica il regista, con il proprio cognome. Eppure quell’omonimia casuale sembra opera del destino, in quanto il comune in questione si trova proprio nella provincia natia tanto cara al regista, quella dello Xanshi di cui è il grande cantore e a cui è ritornato con il suo cinema, con una parabola di allontanamento e riavvicinamento, come quella dei protagonisti degli ultimi suoi film. Lo spazio e il tempo, della Cina, sono le due variabili che percorre, trovando spesso un epicentro da cui tutto parte e in cui tutto si concentra. Se il parco tematico di The World – Shijie concentrava il mondo in un pezzo di Pechino, il piccolo villaggio rurale del Jia Family Village, rappresentativo di una Cina agricola fatta di distese di campi di grano, così diversa dai grattacieli delle grandi metropoli, racchiude la storia del paese come raccontata dagli scrittori nazionali. Jia Zhangke non è mai uscito con il suo cinema dalla Cina, con l’eccezione dell’Australia di Al di là delle montagne che però era la Cina del futuro, come la montagna per Maometto.

Jia Zhangke sceglie quattro scrittori per una storia letteraria del paese, tre dei quali viventi. Sono Ma Feng, esponente della scuola Shan-Yao-Tan, grande cantore del mondo rurale nello Xanshi degli anni Cinquanta; Jia Pingwa, originario della vicina provincia dello Shaanxi, esponente del movimento Xungen, la letteratura delle radici, autore di opere scomode negli anni Novanta; Yu Hua, dello Zhejian, esponente di punta della corrente della Chinese Pioneer Literature; Liang Hong, dello Henan, altro grande autore che si è focalizzato sulla Cina dei villaggi agricoli. La fetta di storia cinese abbracciata dal film, si incrocia con le storie cinesi dei film di Jia Zhangke, attraversando gli stessi snodi cruciali, dalla rivoluzione culturale, all’handover di Hong Kong. Il regista ancora una volta usa la musica come demarcazione, con per esempio Šostakovic che accompagna la parte di storia socialista, sovietica, e divide il film in 18 capitoli collegati tanto agli autori quanto ad aspetti della vita quotidiana della gente comune. Ancora come nei suoi documentari precedenti, Jia Zhangke realizza come un’azione artistica combinata con gli artisti che riprende, con i quali sviluppa empatie e lavora su una sensibilità artistica condivisa, che ha per oggetto il paesaggio umano cinese, la vita delle persone comuni. Con il pittore Liu Xiaodong di Dong, incrociava il proprio percorso artistico nell’alveo del fiume Yangtze, il Fiume Azzurro. Ora protagonista è l’altro grande fiume cinese, lo Huang He, il Fiume Giallo che attraversa anche lo Xanshi. I fiumi che con il loro percorso tortuoso, e diverso, rappresentano la vita, e prima o poi finiscono nel blu del mare.

Info
Swimming Out Till the Sea Turns Blue sul sito della Berlinale.

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