The Whaler Boy
di Philipp Yuryev
L’american dream declinato in un villaggio di balenieri nell’estremo oriente russo, in realtà fisicamente non lontano dagli USA affacciandosi sullo stretto di Bering. È il soggetto di Kitoboy (The Whaler Boy) di Philipp Yuryev, presentato alla 17a edizione delle veneziane Giornate degli Autori.
Così lontano così vicino
Leshka è un adolescente che vive in un villaggio sperduto di cacciatori di balene sullo stretto di Bering, nel circondario autonomo della Čukotka. Da poco è possibile accedere a internet. L’unico momento di conforto per i ragazzi è diventata una video chat erotica che si interrompe continuamente. Il buffering, comunque, non impedisce di osservare giovani donne che vivono a migliaia di chilometri di distanza. Per tutti sembra essere poco più che un passatempo divertente, per Leshka invece si trasforma in una cosa seria quando si imbatte in una ragazza che gli cambia la vita. Al mattino presto, Leshka ruba un motoscafo e parte. Arriverà in Alaska? [sinossi]
Solo 86 chilometri separano la Russia dagli USA, le due potenze antagoniste sullo scacchiere globale, che una volta raggruppavano il mondo in due blocchi contrapposti nella guerra fredda. Questa almeno la distanza del tratto di mare più breve nello stretto di Bering che separa la punta estrema del territorio russo con l’Alaska. Se ne accorge, cercando su internet, Leshka, il giovane protagonista di Kitoboy (The Whaler Boy), opera prima del russo Philipp Yuryev, presentato alla 17a edizione delle veneziane Giornate degli Autori. Nel mondo globalizzato attuale, l’american dream, il sogno della vita americana, coltivato da tanti adolescenti anche per la pervasività mediatica di quel modello, non solo sopravvive, ma raggiunge anche i territori più estremi, come lo sperduto villaggio di cacciatori di balene situato nella Čukotka, regione estrema della Russia che si affaccia sullo stretto di Bering. Ne sono vittima i ragazzi, dagli occhi a mandorla siberiani, vestiti come con pesanti divise militari, che abitano quel villaggio, che paradossalmente sognano una vita negli States piuttosto che anelare a Mosca. Kitoboy è la fotografia di un mondo globalizzato da internet dove le distanze sono accorciate ma, in questo caso paradossalmente, una distanza fisica che sembra non ingente, è in realtà un abisso culturale e sociale. I ragazzi del villaggio sono impegnati, come mostra Philipp Yuryev in straordinarie sequenze etnografiche, nella caccia alla balena, che fa parte di un regime di sussistenza e che avviene ad armi pari, perché il divincolarsi del cetaceo arpionato potrebbe causare il ribaltamento delle imbarcazioni dei pescatori che andrebbero incontro alla morte in quelle acque gelide. La balena rappresenta l’animale grasso da cui si prende tutto, come ancora si vede nelle scene della sua macellazione. Quel villaggio ne è come in simbiosi, quando si uccide un cetaceo le acque si colorano di rosso e vediamo anche i ragazzi giocare tra gli intestini dell’animale sulle onde.
The Whaler Boy è un racconto di coming of age, un tentativo di ingresso nella vita sessuale adulta, in un mondo dove non ci sono ragazze e la pornografia virtuale delle camgirl in chat erotiche soddisfa gli appetiti degli adolescenti. Ed è questo ormai a veicolare quel sogno americano che una volta si incarnava nei telefilm come Dallas. E, come gli adolescenti si potevano innamorare perdutamente dei protagonisti delle loro serie tv preferite in un effetto perverso di imprinting, Leshka finisce per innamorarsi della bella ragazza in chat per la quale una sospensione dell’incredulità genera l’illusione della sua consistenza non solo virtuale. E Yuryev decide di aprire il film proprio con quella ragazza vera, reale, che non si vedrà più come tale nel film, che entra nel suo posto di lavoro, in un locale di spogliarello in un vicolo degradato, raggiunge la sua stanza, una camera da letto stuccata dal gusto kitsch e dai colori confetto, e da lì si connette con il mondo intero. Un incipit che serve anche a creare un effetto sorpresa in un film che prende una piega diversissima, in un posto sperduto, e che mostra pure la completezza della diffusione del mondo parallelo di internet, in grado di mettere in contatto i sobborghi di Detroit, governati dalle insegne luminose al neon, con un villaggio immerso nella tundra russa. Ed è ancora l’energia giovanile di Leshka e i suoi amici a essere esaltata nel film, nelle scene di loro che scorrazzano in motocicletta, al ritmo delle canzoni di Julee Cruise scritte da Angelo Badalamenti, il che ci riporta ancora a un altro parallelismo, quello con Twin Peaks e ai suoi centauri come, un’America rurale dove albergano i mostri. E questi motivi, insieme a quelli di Johnny Cash, costituiscono una colonna sonora che palpita di America.
Philipp Yuryev usa un aspect ratio 4:3 anomalo, che gli permette di non distrarsi in paesaggi da cartolina per concentrarsi sulle persone. Racconta un antropologia dei villaggio con quei personaggi che prevedono anche il classico scemo del villaggio, il padre di Leshka e con gruppi musicali folk che ricordano i Leningrad Cowboys. E ci porta alla fuga, a navigare con il ragazzo in quello che per lui è il superamento delle Colonne d’Ercole per arrivare in una terra di nessuno, un ancestrale muro di Berlino, dove si rischia la fucilazione se si tenta di attraversarlo, rappresentato dalle isole Diomede, cosparse di scheletri di balena, dove un teschio del grande animale acquatico è piantato in verticale con funzione totemica.
Info
The Whaler Boy sul sito delle Giornate degli Autori.
- Genere: drammatico, teen movie
- Titolo originale: Kitoboy
- Paese/Anno: Belgio, Polonia, Russia | 2020
- Regia: Philipp Yuryev
- Sceneggiatura: Philipp Yuryev
- Fotografia: Mikhail Khursevich, Yakov Mironchev
- Montaggio: Alexander Krylov, Karolina Maciejewska, Philipp Yuryev
- Interpreti: Arieh Worthalter, Kristina Asmus, Maria Chuprinskaya, Nikolay Tatato, Vladimir Lyubimtsev, Vladimir Onokhov
- Colonna sonora: Krzysztof A. Janczak
- Produzione: Man's Film, Orka, Rock Films
- Durata: 94'