Doclisboa 2020 – Presentazione
Con il film Nheengatu – A Língua da Amazónia di José Barahona si è aperta la 18a edizione di Doclisboa nel suo nuovo format che prevede sei sessioni diverse tra l’ottobre 2020 e il marzo 2021, e con una nuova direzione artistica, di Joana Gusmão, Miguel Ribeiro e Joana de Sousa. Le proiezioni avverranno in presenza nelle tradizionali sale della capitale portoghese, Cinema São Jorge, Culturgest, Cinemateca Portuguesa e Cinema Ideal.
Ad aprire la 18esima edizione di Doclisboa è stato Nheengatu – A Língua da Amazónia di José Barahona, un viaggio lungo il Rio Negro dove è ancora forte l’impronta linguistica coloniale nelle popolazioni indigene. Doclisboa 2020 si presenta quest’anno sia con una nuova direzione artistica, affidata a Joana Gusmão, Miguel Ribeiro e Joana de Sousa che hanno preso il posto di Cintia Gil e di Davide Oberto, sia a un nuovo format che prevede sei sessioni diverse tra l’ottobre 2020 e il marzo 2021. I sei momenti in cui si snoderà il festival sono designati come “Signals” (22 ottobre – 1 novembre), “Movements” (5 – 11 novembre), “Spaces of Intimacy” (3 – 9 dicembre), “So Many Stories Left Untold” (14 – 20 gennaio), “Archives of the Time Being” (4 – 10 febbraio) e “Where I’m Coming From, Where I’m Going To” (4 – 10 marzo).
Signals prevede una selezione di opere in rappresentanza di ciascuno dei cinque programmi successivi, la retrospettiva Permanent Travel – The Restless Cinema of Georgia, il programma Body of Work, e due sessioni speciali di cinema d’urgenza curate dai collettivi Mentuwajê Guardians of Culture e SOS Racismo. Il programma Body of Work è incentrato sul tema del lavoro, con opere quali Work or to Whom Does the World Belong di Elisa Cepedal, sulla progressiva deindustrializzazione delle città minerarie nelle Asturie, Merry Christmas, Yiwu di Mladen Kovacevic, già visto a Rotterdam, sulla produzione manifatturiera cinese di addobbi natalizi, La Mami di Laira Herrero Garvin, sul gruppo di ballerine di un locale notturno di Mexico City, The Disrupted di Sarah Colt, sulla resistenza ai terremoti finanziari di tre lavoratori in stati diversi degli USA.
La retrospettiva sul cinema georgiano, curata da Marcelo Felix, realizzata in collaborazione con la Cinemateca Portuguesa – Museu do Cinema con il supporto del Georgian National Film Center, prevede un excursus in quella straordinaria cinematografia, per buona parte della sua storia inglobata nel sistema sovietico, partendo dal muto fino al cinema contemporaneo. Saranno presentate opere fondamentali, spesso di recente restauro, di autori quali Nikolai Shengelaya, Sergei Parajanov, Otar Iosseliani, Mikheil Kobakhidze, Lana Gogoberidze. Il paese si appresta a celebrare il trentennale della sua indipendenza dall’Unione Sovietica, e ciò combacia con un accordo con la Russia per cui è stato trasferito a Tbilisi un fondo di pellicole georgiane di epoca sovietica, del cui restauro si è occupato il Georgian National Film Center. Grazie a Doclisboa si potranno scoprire anche opere poco note, come My Grandmother (1929) di Kote Mikaberidze, sorprendente e surreale satira della burocrazia nel neonato sistema sovietico, o Alaverdoba (1962) di Guiorgui Chenguelaia, un dissacrante pamphlet contro la religione.
La sezione industry del Doclisboa, Nebulae, battezzata l’anno scorso, sarà invece completamente online permettendo incontri tra operatori, partecipazione a forum e attività varie attraverso una piattaforma digitale.