Focus, Grandma

Focus, Grandma

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Presentato al 19 Festival del Cinema di Porretta Terme, Focus, Grandma è l’ultimo film del regista bosniaco Pjer Zalica, che torna alle guerre dei Balcani e alla dissoluzione della Jugoslavia, affrontando il tema sia in chiave allegorica che in forma diretta. I due livelli però portano a un pesante accumulo didascalico.

Lunga vita alla signora

Aprile 1992. I membri di una famiglia numerosa, sparsi in varie parti della Jugoslavia, si riuniscono attorno al letto della loro morente capostipite. La donna è molto malata, ma, nonostante il medico del paese le avesse dato pochi attimi di vita, l’attesa verso l’agonia dura da giorni. I suoi parenti passano il tempo tra attività varie e ragionamenti sull’eredità. Tra liti, accuse reciproche e scontri terrificanti, nessuno sembra accorgersi del cataclisma che è alle porte: la guerra è arrivata a Sarajevo. [sinossi]

Ci vorrebbe un grande storico per spiegare le cause della guerra dei sette anni, come dice il narratore di Barry Lyndon. E una simile epigrafe potrebbe essere applicata anche alle guerre jugoslave, che per dieci anni hanno insanguinato la regione dei Balcani portando alla dissoluzione della Repubblica Socialista Federale. Ci vorrebbero grandi storici, ma anche scrittori e registi per capire le ragioni in cui i fratelli hanno cominciato a uccidersi tra di loro, come raccontato in Underground. Molti hanno cercato di interpretare i motivi per cui sia cessata così di colpo una coesistenza pacifica tra ceppi etnici e religiosi diversi, come anche il cinema ha testimoniato per esempio nei primi film di Kusturica. La settima arte ha raccontato la disgregazione della Jugoslavia in vari modi, spesso con metafore, come quell’isola che si divide sempre in Underground, oppure come una polveriera pronta a esplodere, come in La polveriera di Goran Paskaljevic, che equivale a quella mina impossibile da disinnescare di No Man’s Land di Danis Tanović. A tornare a quegli eventi e all’innesco del conflitto è il film Focus, Grandma (il titolo originale è Koncentrisi se, baba) del regista bosniaco Pjer Zalica. La Jugoslavia è una vecchia signora allettata, in fin di vita, al cui capezzale si radunano figli e parenti che arrivano da posti diversi delle ex-repubbliche socialiste federate. Uno dei figli, che preferisce non arrivare, vive invece in Italia. Hanno diversi credi, una di loro per esempio è una suora cattolica, e diverse opinioni sulla situazione conflittuale nel paese, senza però tendenzialmente accorgersi della gravità delle dinamiche in atto. Mentre l’agonia dell’anziana donna, data per spacciata più volte dal medico, si prolunga, gli eredi cominciano a litigare, a fare manovre subdole per l’eredità, soprattutto per quella dimora sulle colline di Sarajevo, che alla fine verrà polverizzata, colpita da una granata.

È una famiglia complicata, quella dei protagonisti di Focus, Grandma, come loro stessi dicono. Tra i figli dell’anziana donna morente ce n’è una croata e una che vive in Montenegro con il marito montenegrino, c’è una nipote che si è fatta suora nello sbigottimento di tutti. Così era complessa la Jugoslavia, un coacervo di popoli slavi, di etnie e religioni diverse, compressi in uno stato relativamente piccolo, se si pensa che tutta la famiglia si riunisce nel giro di poco tempo, anche i coniugi in Montenegro arrivano poco dopo essere stati convocati. Le discussioni si susseguono sulla situazione nel paese. Bane, il marito montenegrino di Suzana (interpretato da un attore montenegrino, Branimir Popović che è stato anche ministro della cultura del Montenegro), è un omone robusto ed è un fautore della grande Serbia, ritiene terroristi tutti i separatisti che giustamente andrebbero bombardati. È anche un nostalgico di Tito, cosa che gli attira le antipatie dell’intera famiglia perché, come si scopre, il padre defunto era un oppositore politico del regime jugoslavo. La coppia montenegrina si rivela comunque sincretica in campo religioso: hanno tentato di mandare la figlia con problemi tanto in un istituto cristiano ortodosso che in uno musulmano. Le discussioni proseguono. Si scoprono lacune nella comprensione della situazione politica: ognuno si è formato un’opinione in base all’informazione televisiva che ha ricevuto, tra disinformazioni e accuse alla propaganda americana. Confrontandosi si capisce che sono tutte visioni parziali. La nonna è data più volte per essere alla fine. Ogni volta è un falso allarme e la vedremo anche alzarsi dal letto come se stesse bene. L’agonia del paese prosegue da tempo così come quella della Jugoslavia o quella stessa di Tito che è durata 113 giorni. Dopo essersi occupato della guerra nei suoi postumi, a livello familiare, e del coacervo etnico slavo, nei suoi precedenti Benvenuto Mr. President e Kod amidze Idriza, Pjer Zalica si focalizza sul conflitto nelle sue prime fasi.

I parenti convenuti al capezzale della madre morente sono come dei passeggeri che ballano sul Titanic che non si rendono conto che la nave è lì per affondare, o come i personaggi del Dottor Stranamore che continuano le loro manovre meschine nella war room nonostante la guerra nucleare sia ormai deflagrata. La tensione tra loro si accresce nelle beghe ereditarie, nel cercare di accaparrarsi i beni dell’anziana morente, anche con manovre losche tipo manomettere il testamento. Senza capire che l’ambita casa di campagna che si contendono a breve non ci sarà più. I personaggi rivelano la loro grettezza e la nonna si renderà conto di aver cresciuto dei mostri. L’unica figura positiva, che non partecipa a quella diatriba, ma che è lì solo per accudire la nonna è Julija, la nipote che si è fatta suora. Tutti loro non si rendono conto di essere su una barca che sta affondando, non colgono i forti segnali in tal senso: l’esercito che sta scavando trincee attorno a Sarajevo per esempio o il ragazzo che ha disertato che gli dice che rischia la corte marziale e loro cercano di tranquillizzarlo dicendo che sarebbe prevista solo in caso di guerra. L’unico ad avere le idee chiare è il figlio assente Braco, che vive a Milano e che è consapevole che non è il caso di rientrare in Jugoslavia. Si offre anzi di accogliere i figli di tutti ma nessuno capisce i motivi di quella proposta.

Con Focus, Grandma Pjer Zalica ha confezionato un buon film, ben sceneggiato con una struttura claustrofobica da Kammerspiel. Il limite però è l’accavallarsi di un impianto allegorico, la nonna come la Jugoslavia ormai al capolinea con i figli che se ne contendono gli averi, alla contemporanea spiegazione dello stesso, nella narrazione naturalistica ed esplicita che evidenzia, come se non lo si fosse capito, le posizioni dei vari familiari in base alle rispettive appartenenze nella galassia jugoslava in frammentazione. Il che porta a un eccesso didascalico, inutile e pesante. Ed è posticcio anche il finale, in cui i due livelli si scontrano. La nonna muore solo dopo che una vera granata ha colpito la casa. La guerra è arrivata anche in Bosnia e per Sarajevo si profila un lungo periodo di sofferenza.

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