Il materiale emotivo
di Sergio Castellitto
Con Il materiale emotivo Sergio Castellitto, insieme alla sodale e compagna Margaret Mazzantini, prende una sceneggiatura firmata vent’anni fa da Ettore e Silvia Scola insieme a Furio Scarpelli e la trasforma in una riflessione un po’ stantia sul distacco dalla vita, l’isolamento volontario, l’incapacità di aprirsi al mondo. Grava sul film anche una riflessione sulla vita (e il cinema) come perenne scena teatrale.
Il libraio Vincenzo
Vincenzo vive fuori dal mondo, rintanato dentro la sua libreria parigina. Al piano di sopra, altrettanto fuori dal mondo, la figlia Albertine resta chiusa in un mutismo selettivo, da quando un incidente (che forse tanto casuale non è stato) l’ha confinata su una sedia a rotelle. Intorno a loro circola una piccola galleria di passanti più che di personaggi: gli infermieri Gerard e Colombe, un giovane prete, un clochard, un cleptomane letterario e Clemente, il ragazzo napoletano che porta a Vincenzo la colazione. Ma è solo quando l’attrice Yolande irrompe nella sua vita che Vincenzo si scuote dal proprio torpore esistenziale: Yolande è un fiume in piena, e tramite lei Vincenzo dovrà confrontarsi con quel “materiale emotivo” tanto a lungo trattenuto. [sinossi]
Cos’è un sipario, a conti fatti? Si potrebbe perfino ridurre a questa domanda il senso de Il materiale emotivo, la nuova regia di Sergio Castellitto, come d’abitudine assistito in fase di scrittura dalla moglie e sodale Margaret Mazzantini. Si inaugura infatti con un sipario rosso la settima avventura dietro la macchina da presa dell’attore romano, e con lo stesso sipario si chiude. Ben prima di interrogarsi su cosa ci sia nel mezzo è allora lecito, e in una certa qual misura giusto, porsi la domanda su quale sia il valore attribuibile a tale scelta estetica. Si deve leggere il sipario nel senso di “separare”, grado di separazione dichiarato tra la realtà dello spettatore e quella della messa in scena? O si invoca altresì da parte di Castellitto/Mazzantini l’appartenenza al filone filosofico ed estetico che legge la vita come quotidiano e intimo palco teatrale? Semplificando il dualismo: la vita è fiaba o mascherata? Il materiale emotivo, d’altro canto, è già di suo rappresentazione di una narrazione preesistente, visto che l’ispirazione proviene da una sceneggiatura scritta all’inizio del millennio, quasi venti anni fa, da Ettore e Silvia Scola insieme a Furio Scarpelli. Quella sceneggiatura, dal titolo assai più fascinoso Un drago a forma di nuvola, non divenne mai un film, ma fu trasformata in fumetto nel 2014, scritto da Ettore Scola e disegnato da Ivo Milazzo.
Dal momento che Castellitto e Mazzantini hanno deciso di rimettere mano al testo originale, riscrivendolo, non sembra inutile ragionare sulle modifiche apportate. La più evidente delle differenze riguarda il personaggio di Albertine, la figlia del protagonista costretta all’immobilità perché paralizzata. Nel testo originale l’incidente che ha devastato la vita della ragazza è avvenuto quando aveva tre anni; Il materiale emotivo non solo sposta l’evento molto in avanti nle tempo, quando è già adolescente, ma suggerisce perfino che alla base vi sia un tentativo di suicidio. Così facendo si modificano in maniera sostanziale sia il rapporto padre/figlia, che risulta assai più denso di conflitti, sia (come conseguenza diretta) il rito serale della lettura del libro da parte del padre. Se il Pierre scritto dagli Scola e da Scarpelli utilizzava i testi per “liberare” la mente della figlia, spingendola a immaginare un mondo che non ha mai conosciuto a causa della disabilità, il gesto compiuto da Vincenzo – nella riscrittura il personaggio diventa un italiano trapiantato a Parigi per giustificare l’accento di Castellitto, che incarna anche il personaggio principale – assume i contorni dell’onanismo intellettuale fine a se stesso. Perché mai infatti una ragazza che ha conosciuto il mondo e ha addirittura tentato volontariamente di abbandonarlo dovrebbe imparare a leggerlo attraverso la letteratura? A decadere è in verità tutto il discorso sull’immaginazione come rifugio che ammantava la sceneggiatura: Castellitto decide di mantenere soprattutto i bozzetti, e pensa forse di rimandare, nelle scenografie palesemente artificiose, ad alcune opere di Scola, in primis ovviamente Ballando ballando (non a caso d’ambientazione parigina).
Quel che ne viene fuori è un’opera dichiaratamente artefatta, che si lancia nel birignao e tenta di chiudersi a tripla mandata, ben più dei suoi protagonisti, nella piccola libreria e in quella Parigi metà sfondo metà Amélie. Nel lavorare sullo spazio Castellitto non ha la leggiadria e la profondità di campo e di sguardo di Scola, così tutto resta asfittico, mortuario, e passatista. Per ricercare stille di moderno bisogna perdersi nelle memorie astiose di Albertine, che ricorda quando scorrazzava sui pattini a rotelle per le vie della città. Tutto si fa dunque monocorde, prevedibile, imprigionato in una narrazione che non sa immaginare, ma si limita a mostrare i conflitti sperando che la loro stessa “visibilità” li renda così evidenti da non poter essere schivati. La riflessione sul distacco dalla vita si fa stantia, così come la messa in quadro dell’isolamento volontario e della totale incapacità di dialettica. Il teatro e il cinema sono l’estrema rappresentazione di questo disagio, più che un modo per esorcizzarlo. Perduto in un non-mondo estraneo a tutto Castellitto non mostra la forza di poter sognare, e si perde semmai nella furia belluina della Yolande interpretata da Bérénice Bejo (il film è parlato quasi esclusivamente in francese, ma purtroppo in Italia uscirà doppiato: un’insensatezza incomprensibile), ennesima donna sanguigna e poco cerebrale che Castellitto e Mazzantini mettono in scena – in un’immagine del femminile in tutta franchezza che inizia a venire a noia per via della sua superficialità. Mentre Scola prefigurava draghi a forma di nuvole, e sceglieva come narratrice una giovane che non ha parola, Castellitto si perde nei “materiali emotivi”, senza però accettare fino in fondo il proprio umore, e preferendo restare in scena, a ballare a uso e consumo del pubblico. A distanza di sicurezza dal vero.
Info
Il materiale emotivo, il trailer.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: Il materiale emotivo
- Paese/Anno: Francia, Italia | 2021
- Regia: Sergio Castellitto
- Sceneggiatura: Ettore Scola, Furio Scarpelli, Margaret Mazzantini, Sergio Castellitto, Silvia Scola
- Fotografia: Italo Petriccione
- Montaggio: Chiara Vullo
- Interpreti: Alessio Montagnani, Alex Lutz, Bérénice Bejo, Bruno Gouéry, Clementino, Julie Ciccarelli, Marie-Philomène Nga, Matilda De Angelis, Maxence Dinant, Nassim Lyes, Sandra Milo, Sergio Castellitto
- Colonna sonora: Arturo Annecchino
- Produzione: Mon Voisin Productions, Rai Cinema, Rodeo Drive, Tikkun Productions
- Distribuzione: 01 Distribution
- Durata: 89'
- Data di uscita: 07/10/2021
