Plan 75

Plan 75

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Plan 75, primo lungometraggio da regista per la giapponese Chie Hayakawa presentato in concorso in Un certain regard, prende il la da un cortometraggio della cineasta e affronta il tema dell’eutanasia come rimedio a una società sempre più vecchia. Un lavoro rigoroso, che tenta di trovare il modo per rappresentare l’accettazione della morte, e il senso di colpa della vita.

Ci rivedremo all’ombra di un vecchio melo

Il programma del governo “Plan 75” incoraggia gli anziani a subire l’eutanasia per porre rimedio a una società invecchiata. Una donna anziana i cui mezzi di sussistenza sono sempre più scarsi, un pragmatico venditore del programma e un’infermiera filippina affrontano scelte di vita o di morte. [sinossi]

Kōreika shakai (a volte traslitterato senza ricorrere alla separazione: “kōreikashakai”) è il termine giapponese che sta a indicare l’invecchiamento della popolazione. Un tema pressante per l’arcipelago nipponico, visto che il Giappone detiene il record tutt’altro che positivo di percentuale più alta di popolazione anziana, un dato addirittura quadruplicato negli ultimi quarant’anni. Gli studi stimano che nel 2060 oltre il quaranta per cento dell’intera popolazione sarà composta da persone con più di sessantacinque anni di età. Questa situazione è dovuta soprattutto a uno dei tassi di fertilità più bassi al mondo, cui si aggiunge un’alta aspettativa di vita, ma vi contribuisce in modo attivo e terribile anche una politica che ha sempre visto nell’immigrazione regolare un nemico, di fatto sabotando quello che dovrebbe essere un naturale ricambio generazionale. Uno scenario non così lontano da quello italiano, ennesima dimostrazione dei punti di contatto che a partire dal Novecento le due nazioni hanno dimostrato di possedere. Parte da queste premesse Plan 75, l’esordio alla regia della quarantacinquenne Chie Hayakawa, che è stato presentato in concorso in Un certain regard al Festival di Cannes: sempre sulla Croisette, nel 2014, la regista aveva avuto modo di mostrare – nello spazio dedicato ai cortometraggi – Niagara, nel quale già si metteva in scena una badante, alle prese con un’anziana affetta da demenza senile. Ma è stato un caso di cronaca avvenuto nel 2016, con un massacro perpetrato all’interno di un centro anziani da parte di un giovane che accusava i “vecchi” di aver compromesso il suo futuro (ed è ricostruendo una situazione simile che si apre il film), a spingere la regista a interrogarsi in modo compiuto sul tema di una nazione che sta rapidamente facendosi decrepita. Così nel 2018 è arrivato il cortometraggio Plan 75, che ha permesso a Hayakawa di sperimentare sia il punto di vista che il senso della messa in scena.

Un lavoro propedeutico per questa prima incursione nel lungometraggio, che è stato utile anche per strutturare in modo attento, e non banale, il discorso. Se da un punto di vista strettamente narrativo Plan 75 può essere definito un lavoro distopico, visto che ipotizza la proclamazione di una legge che prevede la possibilità, per chi ha più di settantacinque anni, di ricorrere all’eutanasia di Stato in modo da alleggerire le spese del welfare, dall’altro Hayakawa sceglie uno stile rigoroso, che non si discosta mai dal reale pur cercando in alcuni passaggi di muoversi in direzione di un lirismo “naturale”, ad esempio lavorando sul dettaglio delle mani di un’anziana o sullo stupore dello sguardo di fronte al rosseggiare di un tramonto. La linea narrativa, pur tripartita, serve al medesimo scopo: c’è sì il giovane uomo che deve propagandare la proposta governativa, e lo fa sedendosi a un banchetto e sottoponendo i vari pacchetti di offerta agli anziani interessati – tutti della fascia più povera della popolazione, allettati dalla ricompensa economica di centomila Yen che lo Stato garantisce a chi aderisce al piano: un dettaglio solo all’apparenza insignificante, ma che testimonia la volontà della regista di rappresentare il dislivello tra le classi sociali, una rarità di questi tempi in ambito nipponico –, e che è la ripresa più evidente di ciò che accadeva nel cortometraggio, ma ci sono anche una donna sola che non ha più rapporti con la figlia al punto di non aver mai conosciuto i suoi nipotini, e perfino un’immigrata filippina, che lavora allo “smaltimento” degli oggetti di proprietà non reclamabili dei defunti. L’anzianità, il rapporto dell’individuo con lo Stato, l’immigrazione: squaderna ogni aspetto con grande nettezza Hayakawa, senza mai ricorrere all’effetto melodrammatico, anche quando deve provare a rappresentare l’abbandono della vita. Nel campo controcampo che vede l’anziana protagonista star di fronte a un uomo che è a pochi secondi dalla “buona morte” (e che è per di più lo zio del venditore del programma) prendere consapevolezza della sua finitezza, e di quel che significa abbandonare la vita si nasconde non solo il senso dell’intero film, ma anche e soprattutto la tensione registica di riuscire a mostrare l’impossibilità dell’umano di accettare davvero la morte, di comprendere il senso profondo di un respiro che cessa, di un battito di non c’è più, di uno sguardo senza vita.

La regia di Hayakawa è pulita, non alla ricerca dello stupore né avvezza all’esibizione tecnica. Si muove con lentezza nella prima parte, per spingere lo spettatore a provare lo stesso senso di torpore che è proprio del pre-mortem, tentando poi disperatamente di ridestarsi, di riaccendersi come quel finale che sembra quasi doversi tramutare in thriller, o in action, con le tre storie che si agitano in modo parallelo, ma che ovviamente non può e non deve muoversi in tali direzioni. Quasi fosse una discepola di Kōhei Oguri, Chie Hayakawa dirige lo sguardo in quell’interstizio ai più invisibile che divide la messa in scena “neutra” della realtà alla dimensione poetica dell’immagine, trovando a tratti quasi miracolosamente una sua postura. Incorniciato da un incipit (già indicato dianzi) e da un finale non facili da dimenticare Plan 75 è un esordio affascinante, e che ha il coraggio di rappresentare non la morte, ma l’attimo che la precede, e che può essere eterno.

ps. È una gioia vedere di nuovo sullo schermo una grande attrice (e cantante) come Chieko Baisho, fedelissima sodale di Yōji Yamada per il quale ha lavorato per ora in 56 film – nella serie dedicata a Tora-san interpreta Sakura Suwa.

Info
Plan 75 sul sito del Festival di Cannes.

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