Forever Young – Les Amandiers

Forever Young – Les Amandiers

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In concorso a Cannes 75, Les Amandiers (Forever Young) è il nuovo film di Valeria Bruni Tedeschi, una rievocazione del periodo in cui l’attrice-regista frequentava la scuola di teatro Amandiers. Un saggio di recitazione pieno di gioia e vitalità, ma che pian piano va a chiudersi in un dramma i cui toni appaiono eccessivi e forzosi.

Mourir sur scène

Seconda metà anni ’80. Stella, Etienne e Adèle hanno vent’anni. Superato l’esame di ammissione per la prestigiosa scuola di Teatro fondata da Patrice Chéreau e Pierre Romans, i ragazzi vivono a pieno la loro giovinezza. Insieme, affrontano i primi grandi cambiamenti, amore e passione ma anche le prime tragedie. [sinossi]

Comincia veramente bene Les Amandiers (in Italia esce con il titolo inglese Forever Young), nuovo film di Valeria Bruni Tedeschi, per la seconda volta in concorso a Cannes, dopo Un castello in Italia (rispetto al quale ha fatto molti passi in avanti). Comincia con una frenesia di vivere e di raccontare che viene riversata nei provini in cui ci vengono presentati i protagonisti: un gruppo di giovani attori che vogliono essere presi a tutti i costi alla scuola di teatro Nanterre-Amandiers, diretta da Patrice Chéreau. Siamo alla metà degli anni Ottanta, anzi esattamente nell’86 come si scoprirà più avanti quando in radio verrà annunciato il disastro di Černobyl’; un periodo in cui Valeria Bruni Tedeschi fu davvero allieva di quella scuola. La rievocazione avviene dunque con modalità semi-autobiografiche, come accade di consueto quando l’attrice franco-italiana si mette dietro alla macchina da presa. E qui il suo alter-ego in scena è Stella, interpretata da una magnifica Nadia Tereszkiewicz, frenetica e fragile, maldestra e sensuale.

Comincia bene, dunque, Forever Young – Les Amandiers, dimostrando ancora una volta come la Bruni Tedeschi, checché ne dicano in molti, sia dotata di un buon talento da metteur en scène, capace di modulare scene e situazioni con toni cangianti e spiazzanti grazie a una camera sempre vitale ed energica. Les Amandiers si caratterizza perciò, da subito, come una sorta di saggio sulla recitazione, di omaggio all’arte dell’attore e alle sue contraddizioni, al suo egocentrismo e alla sua disperata vitalità. Ma, date queste premesse di contesto, il film deve pure raccontare una storia, deve aggrapparsi a un filo che lo conduca verso la fine. O, almeno, così ha pensato che dovesse fare Valeria Bruni Tedeschi. Perciò, invece di puntare tutto e solo sulla performance attoriale come ad esempio il Cassavetes di La sera della prima, Forever Young comincia progressivamente a virare verso il dramma, verso la cupezza dei toni, ed è qui che comincia a perdere la sua libertà, la sua anarchia narrativa.

Stella infatti si innamora di un suo compagno di corso che ha problemi con la droga e che, con le sue ripetitive scenate da pazzo, trascina il film in una cupezza mal gestita. In questa seconda fase, allora, Forever Young – Les Amandiers perde progressivamente anche la centralità data all’arte della recitazione. Eppure ci sarebbe stata la possibilità di continuare solo e soltanto su quella linea, visto che i giovani attori sono chiamati dallo stesso Patrice Chéreau, interpretato da Louis Garrel, a mettere in scena un testo giovanile di Cechov, Platonov, la prova più ardua da affrontare per loro dato che per la prima volta dovranno recitare davanti a un pubblico. E dunque i problemi di scrittura si palesano e si ampliano, andando a investire anche la struttura corale del racconto, fin lì gestita abbastanza bene, e che poi invece comincia a deragliare con una serie di sequenze superflue interamente dedicate a personaggi secondari. E qui, oltre alla droga, arriva anche l’AIDS, malattia che ha segnato purtroppo quel periodo ma che in Forever Young sembra connotarsi come un surplus non richiesto, come una volontà di voler per forza contestualizzare e storicizzare un racconto che forse invece poteva restare sognato e sognante, amaro sì ma non cronachistico.

Detto questo, resta il fatto che Les Amandiers mantiene una sua vitalità, una corporeità registica che non è facile trovare altrove. Basti pensare a un’altra prova da regista di un’attrice passata in questi giorni a Cannes, e cioè a Marcel! di Jasmine Trinca, per capire come la Bruni Tedeschi sia in grado di far deflagrare la sua esperienza da attrice in film sempre nervosi, eccentrici, personali, e come dunque meriti ampiamente la collocazione in concorso qui sulla Croisette.

Info
La scheda di Forever Young – Les Amandiers sul sito del Festival di Cannes.

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1 Comment

  1. enzo saponara 15/12/2022
    Rispondi

    Valeria Bruni Tedeschi si conferma una regista matura e firma un’opera da vedere assolutamente al cinema, la sua sede naturale. Bellissima la pasta della pellicola ottenuta addirittura con Arri Alexa Mini! La bella, ricca e fragile Stella intenta a salvare il dannato Etienne in un’incubatore che è la prestigiosa scuola di teatro Les Amandiers. Un covo di disperazione, ambizione e frustazione dove l’amore per il teatro è fagocitato dal sentimentalismo, dagli eccessi, dalla droga e dalla promiscuità. Non mi sono agganciato tanto ai protagonisti, ma ho empatizzato più con alcuni coprotagonisti. Ognuno ha un bagaglio personale che forse valeva la pena esplorare fino in fondo. Il finale mette in scena la dimensione matura di Stella che trasforma la tragedia personale in materia creativa. Ciò che ogni attore lavora per dare credibilità e spessore al proprio personaggio. Romantico, informe e istintivo. Da vedere

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