Close

Close

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Impeccabile nella confezione, adagiato con grazia sulle spalle del giovanissimo Eden Dambrine (performance davvero notevole), Close è un dramma piccolo piccolo, un coming of age che conferma le qualità del belga Lukas Dhont, regista del pluripremiato Girl. Tutto torna, forse persino troppo. Al di là di possibili premi, pronosticabili, il film non sembra(va) poi così adatto al concorso, non per demerito ma per semplice dimensione narrativa. Ma al Festival di Cannes e al cinema in generale servono nuovi autori.

Dhont You (Forget About Me)

Léo e Rémi sono amici, migliori amici. Indivisibili, praticamente vivono in simbiosi, passano insieme tutto il loro tempo libero, le lunghe giornate estive, spesso anche le notti. Si vogliono bene, si cercano, si abbracciano, ridono e giocano senza sosta. Entrambi dodicenni, Léo e Rémi adesso sono anche compagni di classe. Il loro legame attira l’attenzione di alcune ragazze: la loro curiosità, una semplice domanda, sconquasserà in maniera imprevedibile e drammatica il rapporto dei due ragazzini… [sinossi]

La circolarità di Close, il tornare esattamente in uno dei luoghi dell’incipit, è una scelta estetico-narrativa ben precisa, comprensibile, anche condivisibile. È anche, e forse soprattutto, l’indicazione di un modo di pensare e fare cinema, di raccontare la vita, di sottolineare le traiettorie interiori. Non è un approccio giusto o sbagliato, è un’indole autoriale. Facendo un passo indietro, tornando al fortunato e più che apprezzabile Girl, l’opera d’esordio di Lukas Dhont, potremmo azzardare che già lì fossero scritti incipit e finale di Close. Tutto già tornava, come se lo stile del giovane regista belga fosse già cristallizzato, senza sbavature, senza eccessi. Anzi, sottraendo con calibrate ellissi, distillando parole, inquadrature, sguardi. Stile, certo. Poetica, senza dubbio. Ma anche il sottile e penetrante dubbio che Dhont preferisca sistematicamente la via più facile, da compito impeccabile e inattaccabile. Perché, da qualsiasi parte lo si voglia guardare, Close è un oggetto perfettamente levigato.

Sempre nell’incipit, molto ispirato, i due ragazzini giocano tra di loro, inventano, ridono, fanno quello che solo alla loro età è possibile fare. Ridono e non riescono a smettere, anche se la parola silenzio torna più volte. Ecco, forse lì, proprio lì, si sarebbero potute fare altre scelte. Questioni apparentemente di lana caprina, ma il confine col manierismo è sempre sottilissimo – e, ça va sans dire, spesso assolutamente soggettivo.
In un certo senso, Close finisce qui, proprio con la sua prevedibile circolarità. Ci porta e ci riporta proprio dove volevamo andare, nel luogo dei dodici anni, in un prima e dopo struggente. Può non piacere? Ecco, il dubbio sull’opera seconda di Dhont è che la confezione, questa tendenza al bello e poetico di stampo indie-malickiano, prevalga sulle scelte narrative e sulle stesse scelte di messa in scena.

La via più facile? Non ci sarebbe nulla di male e nemmeno di sbagliato, però (viste le premesse di Girl, la presenza in Concorso e il prevedibile rumore attorno al regista trentunenne) vale la pena interrogarsi sul cinema di Dhont, sulle sue prospettive, su un possibile cul de sac stilistico. È questo, in fin dei conti, l’unico dubbio nei confronti di un film che riesce a porsi alla medesima altezza dei suoi giovanissimi protagonisti, che riesce a cogliere lo smarrimento di Rémi e di Léo, la loro inevitabile immaturità e l’incapacità – del tutto naturale – di rapportarsi ad alcune situazioni. In questo senso, è emblematica la scena del bosco, del bastone tenuto disperatamente in mano da Léo, con quello sguardo realmente e immotivatamente impaurito.
Dhont conferma di saper scegliere e dirigere egregiamente i suoi attori, di prediligere i gesti alle parole, di saper ricorrere alle ellissi, di saper staccare al momento giusto un primo piano, ma anche si sapersi soffermare su un dettaglio, un riflesso, uno momento che sembra interminabile – come nella lancinante sequenza sull’autobus, con Léo che non vuole scendere, che vuole restare avvinghiato ai suoi dodici anni.

Info
La scheda di Close sul sito del Festival di Cannes.

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