Blue Moon

Blue Moon

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Film vincitore della sezione Nuove impronte, riservata ai lungometraggi, della 23a edizione di ShorTS International Film Festival, Blue Moon rappresenta l’esordio alla regia per l’attrice rumena Alina Grigore, protagonista di tanto cinema della New Wave ai piedi dei Carpazi. Un ritratto impietoso, tutto al femminile, della vita di provincia, dove una ragazza sogna di andare a Bucarest.

Bucarest dreaming

Irina lotta per avere un’istruzione superiore e per fuggire dalla violenza della sua allargata e disfunzionale famiglia; ma si trasforma da vittima in carnefice, a causa dei contesti violenti in cui si trova. Un’ambigua esperienza sessuale con un artista le dà la forza di andare contro l’approccio violento dei maschi della sua famiglia. [sinossi]

Tarpare le ali, tagliare le penne remiganti è un’operazione che si fa, per esempio sui cigni o su altri uccelli in semi-cattività, per impedire loro di volare e di scappare via. L’immagine, straordinariamente eloquente, è raffigurata nel manifesto del film Blue Moon (il titolo originale rumeno è Crai nou), l’esordio dietro la macchina da presa per l’attrice Alina Grigore, grande protagonista del nuovo cinema tra i Carpazi. Un esordio che le ha fruttato sia il premio della sezione Nuove impronte, quello al miglior film nella sezione dei lungometraggi, della 23a edizione di ShorTS International Film Festival, sia il premio del pubblico sempre alla manifestazione triestina. In precedenza il film aveva pure ricevuto il Golden Seashell al San Sebastián International Film Festival 2021 dove era stato presentato in anteprima.

Il cigno cui vengono tarpate le ali si chiama Irina, una ragazza un po’ paffuta che vive nella campagna rumena, in un villaggio dove la sua famiglia gestisce delle attività immobiliari. Vorrebbe trasferirsi a Bucarest, Irina. Lo dice subito, per poter fuggire da quella gabbia di matti patriarcale, dove è oppressa, dove non può esprimere le sue ambizioni, non può dare il senso che vorrebbe alla propria vita. Coltiva il sogno della capitale, nella speranza di vivere in una società moderna e non retrograda. Dopo aver presentato i personaggi, aver mostrato Irina che si chiude dall’esterno con il suo cellulare, da quella famiglia disfunzionale in cui si ritrova, Alina Grigore mostra la protagonista in una festa, in casa, tra amici. Lei fa da tappezzeria, come si dice, rimane in disparte mentre alcuni suoi amici amoreggiano. Esclusa perché considerata bruttina? No, il film rifugge da questi facili schematismi, un ragazzo piacente cerca più volte di coinvolgerla. Si è in un clima di comunità di amici, dove alla fine si dorme tutti insieme sul divano. Ma qui avviene un evento centrale, che rimane fuori campo, nello stile di raffreddamento drammaturgico della regista, che poi si manifesta anche nella scena del pestaggio, che rimane fuori fuoco, vista da un finestrino all’interno di un’automobile. Un ragazzo approfitta sessualmente di lei, mentre è addormentata, ubriaca e incosciente. Tecnicamente uno stupro. Irina però non si ribella più di tanto, forse perché vede in quel ragazzo il simbolo di una via di fuga da quel mondo. Si tratta di una persona colta, che studia recitazione e vive a Bucarest, lo stesso mondo di appartenenza della regista. E che cita il grande etologo Desmond Morris, e il suo libro cult La scimmia nuda, per spiegare le pulsioni sessuali. In un ambiente dove la famiglia si vanta che tutte le proprie ragazze siano vergini, dove un fratello è ossessionato dal fatto che Wiki, sorella di Irina, possa essere incinta, mentre non lo sfiora nemmeno il pensiero che possa esserlo la sorella più bruttina. Il sangue mestruale, che più volte si manifesta nel film, in un contesto dove sembra non esistano gli assorbenti, sottolinea il punto di vista femminile con cui si guardano le cose.

Un cigno cui siano state tarpate le ali, si è detto di Irina, o forse ancora un brutto anatroccolo. In una scena tenera la vediamo accarezzare un pulcino, come provasse empatia, ma anche solidarietà e tristezza per quell’inevitabile imprinting (in un film che, come si è detto, cita un grande etologo) che che finirà per incatenare quella creatura a quel mondo. Un mondo dove le ragazze sono oggetto di tutela morbosa, e se ti svegli durante la notte, e sei vista da un fratello, devi giustificarti. Un mondo dove le ragazze devono essere obbedienti, in quanto devote cristiane, dove essere vergini è un valore mentre essere incinte un insulto. Alina Grigore mostra una buona padronanza tecnica. Usa sapientemente la macchina a mano in certi momenti, e allontana lo sguardo su alcune situazioni, occultando per esempio con il fuori fuoco. Per arrivare al finale, in un real time alla Lav Diaz, con l’immagine che perde il fuoco, diventa offuscata: non c’è speranza, solo rassegnazione.

Info
Blue Moon sul sito dello ShorTS Film Festival.

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