Il sogno di una cosa
di Leonardo Ferrari Carissimi
Il sogno di una cosa, prendendo spunto nel titolo dal primo romanzo di Pier Paolo Pasolini, si avvicina alla filosofia dell’intellettuale bolognese da una prospettiva inconsueta, vale a dire la cosiddetta “Teoria di Zigaina” sulla sua morte. Giocando col registro documentario, ricostruendo e inventando, Leonardo Ferrari Carissimi compie un viaggio d’amore e d’odio nel mondo di Pasolini. Alla Festa di Roma nella sezione Storia del Cinema.
Poesia in forma di cosa
Qualcuno sostiene che Pier Paolo Pasolini sia stato ucciso da un ragazzetto di borgata a seguito di un rapporto finito male. Altri sostengono che sia stato fatto fuori dalla politica perché era un personaggio troppo scomodo. C’è poi un pittore, suo fraterno amico, che è invece stato convinto che lo scrittore friulano si sia immolato alla sua volontà di aderire a un ponderato e lucido progetto mortifero, in cui la morte è da intendersi come ultimo capolavoro, finale rappresentazione di un’esistenza artistica senza precedenti. Dopo la morte del poeta friulano, egli ha fatto dell’elaborazione e della ricerca di prove corroboranti la sua teoria, un’ossessione che lo ha animato fino alla fine dei suoi giorni. Il pittore si chiama Giuseppe Zigaina e a lui è dedicato questo cortometraggio. [sinossi]
Giovinetto, piove il Cielo
sui focolari del tuo paese, sul tuo viso di rosa e miele, nuvoloso nasce il mese
….Giovinetto, ride il Cielo
sui balconi del tuo paese,
sul tuo viso di sangue e fiele,
rasserenato muore il mese
Pier Paolo Pasolini, Pioggia sui confini
“È realista solo chi crede nel mito”; questo l’esergo – tratto da Il sogno del centauro – su cui si apre il primo capitolo de Il sogno di una cosa, il mediometraggio documentario (o meglio documentato: su questo aspetto si tornerà più avanti) che Leonardo Ferrari Carissimi ha costruito sulla vita, e ancor più sulla morte di Pier Paolo Pasolini. Nel centenario della nascita del grande intellettuale bolognese molti sono stati gli omaggi, molte le celebrazioni, dedicate a Pasolini; trascorso un secolo dal momento in cui nacque e a quasi cinquant’anni dal ritrovamento del corpo all’idroscalo di Ostia, il mondo borghese italiano si sente al sicuro, e può dunque ricordare Pasolini attribuendogli la dote di “genio”, o ancor meglio di “profeta”. Se questo accade è perché la lettura della società che il romanziere, poeta, saggista, e regista ha reso pubblica nel corso della sua esistenza si è tragicamente tramutata in realtà, e dunque quella classe dominante che ha sempre trovato un posto di primo piano tra i “villain” delle sue opere può gestire a proprio piacimento la memoria dell’artista, edulcorandone in modo ovviamente fuorviante il pensiero. Lo stesso processo sta accadendo e accadrà con Antonio Gramsci (ossessione/amore proprio di Pasolini), a sua volta svuotato di qualsiasi reale significato per poterlo rendere ammansito, innocuo, privo di spigoli. Sotto questo punto di vista l’operazione portata a termine da Ferrari Carissimi prorompe sullo scenario nazionale, con la prima proiezione all’interno della sezione Storia del Cinema alla Festa di Roma, squarciando in gran parte il velo di ipocrisia che sta ricoprendo le commemorazioni per il centenario. Infatti Il sogno di una cosa, che riprende il titolo “marxiano” del primo romanzo scritto da Pasolini tra il 1949 e il 1950 ma pubblicato addirittura solo nel 1962, non solo ragiona su PPP nell’ottica del suo rapporto con la morte, ma nel farlo si affida alla cosiddetta “Teoria di Zigaina”, che il pittore Giuseppe Zigaina (grande amico di Pasolini) formalizzò nel saggio Pasolini e la morte. Un giallo puramente intellettuale, pubblicato da Marsilio nel 2005. Secondo tale teoria fin dalla fine degli anni Cinquanta, quando la sua opera letteraria iniziava a ricevere la giusta attenzione dai salotti romani, Pasolini avrebbe ordito una sorta di “messa in scena” della sua stessa morte, poi avvenuta la notte tra Ognissanti e il giorno dei Morti sulla spiaggia del litorale romano.
Il rischio più grande che corre il mediometraggio è quello di fossilizzare il rapporto dialettico con lo spettatore, che potrebbe approcciarsi al lavoro da una posizione intellettuale già formata e cristallizzata nel tempo e dunque aderire acriticamente o rifiutare altrettanto in blocco ciò che prende corpo sullo schermo. Ed è qui, nell’ideazione ed edificazione della sua struttura, che Il sogno della cosa compie lo scarto indispensabile per smarcarsi da una simile trappola. Alle interviste ad Antonio Mancini (sì, proprio l’ex esponente poi pentito della Banda della Magliana, conosciuto nell’ambiente criminale capitolo come “Accattone” in qualità del suo amore per l’opera di Pasolini nel suo complesso e il suo esordio registico in particolare) e Marina Cicogna, che produsse Medea, si frappongono altre dichiarazioni rese alla videocamera, a una psicanalista, un accademico, e un regista. Peccato che queste interviste siano completamente inventate, affidate ad attori, costruite. Partendo dall’idea di un giallo intellettuale sulla morte di una delle figure chiave del Novecento italiano Ferrari Carissimi costruisce una sorta di giallo documentario, che è puramente documentato ma rifugge dalla placida coperta del “vero”. Di nuovo: è realista solo chi crede nel mito. Forse non crede nel mito questo lavoro, ma crede sicuramente nell’immagine come veicolo di una mitologia (im)possibile, controstoria cocciuta proprio perché messa in posizione minoritaria dalla vulgata comune, dal pensiero dominante, dallo status quo. Non è rilevante “credere” o meno alla teoria di Zigaina o alla rappresentazione di Ferrari Carissimi, che in ogni caso puntella anche ricorrendo al materiale d’archivio il suo film di riferimenti che rendono plausibile tale punto di vista; è però rilevante credere nell’immagine, e nel corpo infinito lunghissimo del cadavere di Pasolini, un cadavere così lungo che ha attraversato i decenni e riaffiora sempre, perché parte integrante della storia di una nazione che lui stesso aveva descritto e anticipato. Il valore de Il sogno di una cosa non è solo nella sua funzione puramente spettatoriale – che pure funziona nel meccanismo creato, anche a una durata saggiamente contenuta: in tal senso è un’ulteriore dimostrazione di non accettazione della prassi il fatto di fermarsi ai tre quarti d’ora, tempistica che pone il film fuori tanto dal lungometraggio quanto dal corto, categoria sempre più ricca all’interno degli schemi produttivi – ma soprattutto nella sua dimostrazione, nell’accezione filosofica del termine, quella di un “procedimento discorsivo che, attraverso una sequenza di passaggi logici, conduce alla conclusione che una certa affermazione è vera o è conseguenza di alcuni principi, ipotesi o assiomi”. In molti si affannano a trovare il “divino” attraverso l’opera di Pasolini, e al contrario Ferrari Carissimi si spinge in profondità per riscoprire il Pasolini più detestato, quello messo all’indice non solo dalla destra fascista, ma dall’intero sistema benpensante del Paese. Questo giallo dunque non deve arrivare a una conclusione ferrea sulla verità della morte di Pasolini, ma vuole e riesce a trovare la morte in Pasolini, nel suo pensiero, nella sua opera, nella sua stessa esperienza di vita. Quel che ne viene fuori è un lavoro del tutto fuori dagli schemi, che non tradisce la sua natura indipendente e si colloca in uno spazio liminare, quello spazio in cui nessuno sembra volersi posizionare. Ed è questa una dote non comune, che Pasolini è plausibile pensare avrebbe particolarmente apprezzato.
Info
Il sogno di una cosa sul sito della Festa.
- Genere: documentario
- Titolo originale: Il sogno di una cosa
- Paese/Anno: Italia | 2022
- Regia: Leonardo Ferrari Carissimi
- Sceneggiatura: Leonardo Ferrari Carissimi
- Fotografia: Leonardo Ferrari Carissimi
- Montaggio: Enrico Carrozzino
- Interpreti: Esther Cuspinera Ramons, Mica Smadja, William Smith
- Colonna sonora: Scott Buckley
- Produzione: Velvet Movie
- Durata: 45'