The Shadowless Tower
di Zhang Lu
Presentato in concorso alla Berlinale 2023, The Shadowless Tower di Zhang Lu è un film cinese dalla freschezza Nouvelle Vague, tra storie d’amore che si snodano andando in cineteca, danze al ritmo del valzer delle candele, ritrovi di divorziati ubriachi, mentre incombe una tradizione famigliare, patriarcale, tra avi da ricordare e un passato oscuro da dimenticare.
Questo amore è la torre di una pagoda
Gu Wentong è un uomo di mezza età, divorziato, con una figlia affidata alla sorella e al cognato. Un giorno scopre che suo padre, caduto in disgrazia per un episodio di molestie sessuali, vive da solo a Beidaihe, una città costiera a 300 chilometri a nord-est di Pechino. Nel frattempo inizia una relazione con una collega più giovane, la fotografa Ouyang, anche lei di Beidaihe. Si incontrano spesso nella zona vicino alla Pagoda Bianca. Wentong inizia quindi a riconsiderare i suoi ruoli nella vita come padre, figlio e amante. [sinossi]
Una riunione famigliare al cimitero, a rendere omaggio agli avi, portando fiori ma anche cibo, inchinandosi davanti alle lapidi, come nella tradizione cinese. Può ricordare tanto cinema giapponese, da Ozu in poi, incentrato sulla famiglia. La famiglia al cimitero è cinese ed è protagonista di The Shadowless Tower (il titolo originale è traslitterato come Ba ta zhi guang), film del cinese di etnia coreana Zhang Lu, presentato in concorso alla Berlinale 2023. Una famiglia anomala, altrimenti allargata, con due uomini, una donna e una bambina, quella presentata all’inizio. Gu, uomo di mezza età alle prese con la classica crisi esistenziale, è divorziato e ha lasciato la figlia in affidamento alla sorella con il cognato. Un conflitto quindi macroscopico già in questo primo momento, tra tradizione sociale e modernità, dove la prima può tornare nell’omaggio alla tomba di famiglia e per i piatti all’aglio ormai in disuso al giorno d’oggi. Gu è un intellettuale, un giornalista gastronomico, tipico esponente di un ceto sociale medio, urbano. Conduce un’esistenza nei locali di ritrovo di professionisti e vive una storia con una ragazza molto più giovane, Ouyang, che ha iniziato a frequentare per motivi di lavoro. Una ragazza forte, emancipata, una cinese apolide di origine cantonese. Una relazione moderna, fugace, dove spesso lei prende l’iniziativa: «Sono io che ti bacio», gli dice in un momento di passione.
Quanta spontaneità, anche narrativa, da Nouvelle Vague, oppure da Wong Kar-wai, quanta leggerezza nel mostrare questo amore spontaneo, libero, che si snoda tra ambienti urbani, nel ceto intellettuale. Tra danze al ritmo di Auld Lang Syne, il Valzer delle candele o il canto dell’addio, ritrovi in locali, ristoranti e proiezioni in cineteca. Perché, come nelle migliori Nouvelle Vague, non possono mancare gli omaggi al cinema del passato, qui rappresentato da una retrospettiva su una diva del cinema classico in bianco e nero, ma anche del presente: si cita Burning di Lee Chang-dong, ma anche Ryuichi Sakamoto, autore di indimenticabili colonne sonore. In un film dove tutti sognano, dove frequenti sono le battute che alludono ad aver sognato una situazione relativa a un altro personaggio, a partire dalla scena iniziale con la bambina al cimitero.
I personaggi si muovono in ambienti sofisticati, tra architetture del passato e del presente, in un film dove molto curata è la composizione dell’immagine, come spesso nell’uso di specchi e immagini riflesse. Compare all’improvviso, mostrata con un movimento di macchina, la torre senza ombra del titolo, della pagoda bianca. Una pagoda magica, eterna, studiata perché abbia una forma che non faccia mai ombra, e, vuole la leggenda, che la sua ombra sia trasferita in un tempio tibetano. Simbolo di una madrepatria cinese eterna, dell’appartenenza a una terra natia, che richiama ovviamente alla pagoda di Wenfeng di Al di là delle montagne di Jia Zhangke, con lo stesso significato. Sospeso tra presente e passato è Gu, appartenente a quella generazione di mezzo cinese, in cui evidentemente si identifica anche il regista stesso, che ancora cita Mao, che si ritrova in serata conviviali tra amici divorziati per ubriacarsi, che è ancorata a un passato spesso controverso, qui rappresentato dall’anziano padre che vediamo passare i suoi giorni senili con un aquilone, su una spiaggia bianca. Un uomo caduto in disgrazia per un’onta, una mano morta su un autobus, considerata censurabile nella società moderna, degna della pena rieducativa nei campi di lavoro. La presenza del padre è rivelata al pubblico da Zhang Lu con un gioco sottile di occultamenti e non, di quadretti famigliari in bianco e nero, tra padre e figlio nella casa del primo. Nella tormentata scelta di Gu di riallacciare i rapporti col padre si rispecchia il dilemma esistenziale di una generazione cinese perduta, sospesa tra passato e futuro.
Info
The Shadowless Tower sul sito della Berlinale.
- Genere: commedia, drammatico
- Titolo originale: Bai ta zhi guang
- Paese/Anno: Cina | 2023
- Regia: Zhang Lu
- Sceneggiatura: Zhang Lu
- Fotografia: Piao Songri
- Montaggio: Liu Xinzhu
- Interpreti: Huang Yao, Li Qinqin, Nan Ji, Tian Zhuangzhuang, Wang Hongwei, Wang Yiwen, Xin Baiqing
- Colonna sonora: Xiao He
- Produzione: Emei Film Investment, Great Luck Films, KO Media, La Fonte, Lu Films
- Durata: 144'
