Sull’Adamant – Dove l’impossibile diventa possibile

Sull’Adamant – Dove l’impossibile diventa possibile

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Orso d’Oro alla Berlinale 2023, Sull’Adamant è il nuovo documentario di Nicolas Philibert, che si occupa ancora una volta di un presidio sociale estremo, anche come struttura. L’Adamant è come una grande imbarcazione ormeggiata sulla Senna, dove ha sede un centro terapeutico per le persone affette da patologie mentali. Un’isola che resiste ostinatamente in un mondo che pensa solo all’efficienza economica anche nel settore sanitario.

Nessun uomo è un’isola

L’Adamant è un centro diurno unico. Una struttura galleggiante sulla Senna, nel cuore di Parigi, che accoglie persone affette da disturbi mentali, offrendo il tipo di cura adatto al loro contesto e li aiuta a recuperare o mantenere alto lo spirito. Il team che lo gestisce cerca di resistere al deterioramento e alla disumanizzazione della psichiatria nel miglior modo possibile. [sinossi]

Alcuni anziani protagonisti ricordano le trasmissioni di candid camera o di camera invisibile, come la chiamano, ossia quel format creato negli Stati Uniti nel 1948, consistente nel riprendere persone con telecamere nascoste, messe in situazioni buffe o in scherzi, rivelando loro il trucco solo alla fine. Si tratta di un momento teorico importante in Sur l’Adamant (Sull’Adamant), ultimo lavoro del documentarista francese Nicolas Philibert, presentato in concorso alla Berlinale 2023. La camera nascosta infatti è l’antitesi del metodo di lavoro del cineasta, oltre che un qualcosa di moralmente discutibile. Il suo approccio è sempre stato quello di farsi accettare dai suoi personaggi, di non cercare l’invisibilità quanto piuttosto la prossimità, la coesistenza, l’entrare nel mondo dei soggetti che vuole raccontare. Così è anche in questa opera, dove in più di un’occasione si sentono i protagonisti rivolgersi a chi sta dietro la macchina da presa, chiedendo se stiano filmando, presentandosi loro. «Mi chiamo Nicolas» così il regista manifesta la sua presenza, inserendo questo momento.

Nicolas Philibert è noto in Italia per il film Essere e avere dove documentava le attività di una scuola sperduta in un mondo rurale. Ancora una struttura di frontiera e quella dell’Adamant, nonostante questa sia ubicata nel centro della capitale francese. Si tratta di un centro di cura delle malattie o dei disturbi mentali, evidentemente ispirato ai principi dell’antipsichiatria, decisamente anomalo anche per la sua conformazione, in una grande imbarcazione ancorata sulla Senna. Un’isola in senso figurato come letterale, dove si portano avanti principi di ascolto e rapporto umano con il paziente, personalizzando così le terapie. Un centro di resistenza contro la tendenza alla sanità disumana se non all’ospedalizzazione, che strapperebbe i soggetti in cura dal loro contesto di vita. Un manipolo di operatori psicologici e psichiatrici che porta avanti strenuamente un progetto contro il disinteresse delle autorità sanitarie. Che seguono persone che si trovano in quel limbo tra essere considerati sano o malati, tra essere degni o meno di un’assistenza, sociale e/o sanitaria, strappandoli a una deriva. «Avrei potuto diventare un clochard», dice uno di loro, se non fosse stato seguito dall’equipe dell’Adamant.

Philibert riprende le sedute collettive e individuali, le pratiche di accettazione dei soggetti nella struttura. E soprattutto incontra lui stesso i pazienti, a uno a uno. Li fa parlare, li lascia esprimere. Come sempre con il suo approccio di prossimità. Emergono così figure straordinarie, diversamente straordinarie, artisti, cantanti, musicisti. C’è quello che canta una canzone dove cita Agnés Varda, chi disegna o dipinge sentendosi van Gogh. Ci sono gli amanti del cinema, di piuttosto che di Effetto notte. Già all’inizio si vedono le varie persone del centro discutere dell’organizzazione del loro film festival. Philibert fa una carrellata di questi personaggi che poi vengono ritratti anche da un fotografo, con e senza mascherina. Come nello stile dei grandi autori di documentari, mai didattico, Sull’Adamant comincia con varie immagini di quella bizzarra struttura, nel racconto dello spazio, in quel massiccio complesso galleggiante, mentre la mattina si aprono le finestre. E il film torna su quella scena in un finale malinconico, autunnale, nella foschia del fiume, mentre i platani sulle rive hanno le foglie gialle. Si riaprono le finestre e comincia una nuova giornata sull’Adamant, struttura preziosa che si spera non abbia i giorni contati.

Info
Sull’Adamant sul sito della Berlinale.

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