Tomorrow Is a Long Time

Tomorrow Is a Long Time

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Presentato all’ultima Berlinale, nella sezione Generation 14plus, Tomorrow Is a Long Time è un film di Singapore del regista Zhi Wei Jow che, attraverso la vita di un sedicenne, raffigura una cultura asiatica ancora strettamente intrisa di patriarcato.

Paura e desiderio

La vita è difficile per il sedicenne Meng, vittima di bullismo a scuola e oppresso da un padre violento e frustrato, lavoratore in un contesto di sfruttamento della mano d’opera, spesso di origine straniera, non regolare. Meng entra nell’esercito e partecipa all’addestramento militare nella giungla. [sinossi]

Non ci sono donne, almeno non personaggi femminili di rilievo, in Tomorrow Is a Long Time (il titolo originale traslitterato dal mandarino è Míng tian bi zuo tian chang jiu), presentato nella sezione Generation 14plus della Berlinale 2023, esordio al lungometraggio per il filmmaker di Singapore Zhi Wei Jow. Il film è una coproduzione che vede coinvolti, oltre a Singapore, Francia, Portogallo e Taiwan. L’unica figura femminile, appena accennata, è quella della nonna, malata, che Meng vorrebbe che tornasse a vivere in famiglia. Meng è un ragazzo sedicenne che vive con il padre vedovo. Nella prima scena li vediamo rendere omaggio al nonno defunto secondo il rito buddhista degli antenati, rituale che si ripeterà verso la fine iscrivendo il film in una struttura circolare. Meng è un soggetto debole, femminile nella concezione maschilista che vige a scuola come a casa. Subisce pesanti atti di bullismo e il padre lo castiga per la sua debolezza, picchiandolo a sua volta e accusandolo di essere un buono a nulla. La scena in cui lo preleva da scuola per portarlo a casa e malmenarlo, mentre i compagni prendono a calci il padre stesso, forse non per difendere Meng quanto per poterlo ancora picchiare, ha un sapore etologico: sembrano i combattimenti in un gruppo di animali. E l’animalità è spesso usata come simbolo nel film, a partire da quel tapiro che segna alcuni momenti chiave dell’esistenza dei personaggi, e poi le scimmiette e la formica. Dopo la parte militare, nel finale Meng si ricongiunge col fratello, ulteriore figura maschile.

Zhi Wei Jow usa una narrazione ‘de-drammatizzata’, con tanti salti, ellissi, e raffigura una Singapore algida, dai palazzi dai muri bianchi, asettici, sempre con degli operatori alla disinfestazione, dalle architetture anonime, high tech, in uno slancio alla modernità che avviene a spese di lavoratori sfruttati, stranieri, soprattutto dalla Birmania, spesso irregolari. Quando uno di loro si ferisce, non è possibile chiamare l’ambulanza perché è clandestino, e viene così lasciato morire occultandone poi il cadavere. Il regista tratteggia tutti questi aspetti sociali iscrivendoli in quell’atavica struttura patriarcale che è intrinseca nella cultura asiatica. Una figura paterna è anche quella del boss dei lavoratori, il loro odioso padre padrone. Meng ne è una vittima e non può che riscattarsi entrando nell’esercito, anche per fuggire a una condanna, evidentemente perché è anche lui irregolare. La seconda parte del film, tutta incentrata sulla vita nel battaglione nella giungla, con le dinamiche cameratesche, le amicizie virili, non è che l’estremizzazione, o il corollario, di una società maschile. Sembra una guerra da Kubrick, senza nemici, o dove i nemici non si vedono, lasciati fuori campo, una battaglia mentale. Potrebbe essere un sogno di Meng, ma i graffi che gli rimangono sul volto sono il segno di qualcosa di reale. Il livello onirico è comunque suggerito dallo stato di dormienza, alla Apichatpong Weerasethakul, di Meng, con cui si apre e chiude il film.

Info
Tomorrow Is a Long Time sul sito della Berlinale.

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