I vincitori del Ca’ Foscari Short Film Festival 2023

I vincitori del Ca’ Foscari Short Film Festival 2023

I giurati della tredicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival hanno assegnato il Primo premio del concorso internazionale all’austriaco Invisible Border di Mark Siegfried Gerstorfer, racconto poliziesco notturno sul tema dell’immigrazione.

Sarà una notte breve, dice il poliziotto alla collega di colore, talmente breve da poter essere raccontata in un cortometraggio. La notte raccontata in Invisible Border (in originale Die unsichbare grende) di Mark Siegfried Gerstorfer della Filmakademie Wien, è quella di un’operazione di polizia di sgombero di un appartamento viennese finalizzato all’espatrio dei suoi abitanti, una famiglia kosovara residente in Austria da tempo, tanto che la figlia ha avuto lì i natali. La loro colpa riguarda imprecisate irregolarità nei documenti. Un’operazione brusca e violenta, in un’irruzione notturna, dove alla famiglia viene data un’ora e mezza per raccogliere i propri beni essenziali. La madre disperata si suicida lanciandosi dalla finestra, in una scena improvvisa girata senza enfasi né pathos, riprendendo poi la narrazione dopo una ellissi. Invisible Border è la storia di un’empatia che si crea tra la poliziotta di colore, a sua volta una straniera integrata, costretta a fare quell’operazione controvoglia, in quella che le garantiscono sarà una notte breve, e la ragazzina oggetto di una vera e propria deportazione. Il film ha convinto i giurati – l’artista multimediale e regista Mika Johnson, l’animatore statunitense Robb Pratt e l’attore Roberto Citran – della 13a edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival che gli hanno assegnato il Primo premio del concorso internazionale.

Assegnata la Menzione speciale “WeShort”, per l’opera che offre la migliore sperimentazione nei linguaggi cinematografici, al corto d’animazione Fly High di Giuseppina Fais, Lorenzo Pappa Monteforte, Kevin Rosso e Yagiz Tunceli, studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia del Piemonte. Il film ci riporta alla famosa frase «È un uccello? È un aereo? No, è Superman»: simili infatti sono le reazioni in una rutilante metropoli americana alla vista di un misterioso uomo volante che solca il cielo su di essa. E il film ironizza sui social e i servizi giornalistici che ne danno notizia. A un’altra storia di confini/barriere ha ricevuto la Menzione speciale “Museo Nazionale del Cinema”, per l’opera che offre il miglior contributo al cinema come espressione artistica. Si tratta di Volver al Sur – Returning South di Sofia Ayala della German Film and TV Academy Berlin che racconta l’odissea di due ragazzi, fratello e sorella, che trascinano il cadavere del padre oltre il confine messicano per dargli sepoltura nella sua terra. La storia è iscritta come in uno schermo di un’installazione in un museo, che viene lavato dall’addetta alle pulizie, come a sottolineare il distacco, o l’ipocrita partecipazioni, con cui la società considera queste storie drammatiche, così come i film che ne parlano come questo.

La Menzione speciale “Storie di Vitae” Carpenè-Malvolti per la miglior sceneggiatura è stato assegnato da una giuria diversa, composta da Domenico Scimone, Eduardo Fernando Varela, Roberto Tiraboschi e Alessandro Loprieno all’iraniano Bloody Gravel di Hojat Hosseini della Tarbiat Modares University di Teheran, ancora una storia di uomini in fuga, nel deserto con una donna incinta. La Menzione speciale “Le Giornate della Luce” per la miglior fotografia è stata assegnata, da un’ulteriore giuria composta da Donato Guerra, Silvia Moras e Luca Pacilio, a Remember Our Sister (Eonnileul Gieoghae) della regista sudcoreana Hayoung Jo, allieva del Dong-Ah Institute of Media and Arts. Si tratta di un musical, una ballata per le donne di conforto, le schiave sessuali che troppo spesso sono state sfruttate nella storia del paese. Il film prende spunto da un episodio realmente accaduto negli anni Ottanta, l’omicidio di una di queste da parte di un militare americano, uno degli abituali frequentatore di queste case di piacere, ed è visto con gli occhi di una bambina, la sorellina della vittima, che esplora quel mondo. Un’ulteriore giuria, Davide Tiso, Lorenzo Pagliei, Pierangelo Valtinoni, Pietro Tonolo ed Elisabetta Andreani ha assegnato la Menzione speciale “Conservatorio di Vicenza” alla miglior colonna sonora al corto polacco Winter Bloom (Rozkwit Zimowy) di Ivan Krupenikov, studente ucraino della Warsaw Film School, che crea un mondo postapolattico tra Blade Runner e Stalker. Infine il Premio “Pateh Sabally” per la multiculturalità, assegnato dalla Municipalità di Venezia, Murano e Burano e dedicato al ragazzo del Gambia scomparso nelle acque del Canal Grande nel gennaio 2017, è andato a Footprints of Ants del turco Ümit Güç del Dipartimento di Cinema, Radio e Televisione della Çukurova University di Adana. Il film è ambientato in un campo profughi dove le tensioni tra le diverse etnie vengono superate dall’ingenuità dei bambini. Il regista sa catturare i volti infantili, presumibilmente in un vero campo profughi, restituendoli come messaggio di pace e dialogo tra le culture.

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