Marry My Dead Body
di Cheng Wei-hao
Frullatone dei generi di maggiore consumo nel cinema dell’Estremo Oriente e non, Marry My Dead Body di Cheng Wei-hao rilegge convenzioni espressive in chiave di scherzoso e goliardico divertissement rinnovato alla luce di fresche tematiche queer. Globalmente molto divertente, spesso esilarante, qua e là commovente. E nel frattempo conduce discorsi non banali sull’amore. In concorso al Far East Film Festival 2023 di Udine.
Ce n’è per tutti i gusti
Sulle tracce di una complessa indagine criminale, il giovane poliziotto tutto d’un pezzo Ming Han, misogino e soprattutto omofobo, s’imbatte casualmente nel “matrimonio fantasma” che la nonna di Mao-Mao, un giovane gay prematuramente passato a miglior vita, ha organizzato al nipote. Il designato al matrimonio è proprio Ming Han, che sulle prime si rifiuta e recalcitra, poi finisce per accettare, rassegnato, il proprio destino di marito di un trapassato. Il fantasma di Mao-Mao non troverà pace e non potrà reincarnarsi finché non avrà risolto le faccende lasciate in sospeso sulla Terra. Così, il fantasma aiuta Ming Han a risolvere la propria indagine, che si scopre essere in qualche modo collegata anche alla morte di Mao-Mao. [sinossi]
Mescolanza di generi. È frequente nel cinema popolare dell’Estremo Oriente, delle più diverse nazionalità, la rilassata disinvoltura e scioltezza nel buttare all’aria gli steccati delle convenzioni espressive. Spesso un film non è un solo film, ma contiene numerose anime. Un unico racconto va incontro a continue e frenetiche metamorfosi, senza il minimo scossone dal punto di vista della ricezione spettatoriale. Le durate si allungano spesso oltre le due ore, mentre da una svolta narrativa all’altra il tono e il genere svariano, restando comunque fedeli a un’idea generale di piacere e intrattenimento. Non fa eccezione Marry My Dead Body del taiwanese Cheng Wei-hao, reduce da un successo enorme in patria all’uscita nelle sale, tanto da puntare alla top ten degli incassi taiwanesi di sempre. Nell’arco dei 130 minuti di durata si passano il testimone l’action, il poliziesco, la commedia demenziale, il film di fantasmi, qualche cenno horror, il fantastico, il film di scontri, combattimenti e arti marziali, il romantico, e molto immancabile melodramma. In realtà non si tratta di un vero e proprio alternarsi di tono, bensì di un unico e solido mood espressivo, essenzialmente fondato sul gioco e il piacere, che avvolge una storia dai mille registri. A rinnovare i codici giunge un nuovo elemento; il primario innesco narrativo discende da uno dei due protagonisti, il fantasma di un giovane gay, Mao-Mao, prematuramente scomparso a seguito di un investimento automobilistico, che da trapassato non trova pace (e non potrà reincarnarsi) finché non avrà risolto le questioni della sua vita rimaste in sospeso, a partire dall’individuazione dei responsabili della sua morte. L’elemento nuovo è dato dall’emergere, in un contesto scopertamente popolare, di una giovane figura gay in veste di protagonista – in tal senso Marry My Dead Body è diventato ad oggi il film taiwanese con protagonista omosessuale dal maggiore incasso in assoluto nella storia del cinema nazionale.
Giunto al suo quinto lungometraggio, Cheng coniuga il suo divertissement impegnato con le tradizioni locali, prendendole benevolmente in giro e mettendo un po’ tutto tra virgolette. È infatti usanza, nella cultura tradizionale cinese, che per i defunti single si organizzino matrimoni ultraterreni con un essere umano ancora in vita. In Marry My Dead Body è la dolce nonnina di Mao-Mao ad architettare il piano matrimoniale, e il caso vuole che il prescelto sia un ipercinetico, misogino e soprattutto omofobo poliziotto, Ming Han, maschio alpha fieramente etero fin nelle radici che si oppone con tutto se stesso all’idea di sposarsi con un fantasma-uomo. Dopo le prime resistenze Ming Han si rassegna al suo destino, e si ritrova così al centro di un dramma/commedia in cui il fantasma di Mao-Mao finisce per aiutarlo a risolvere un intricato caso criminale che (si scopre) coinvolge anche la morte dello stesso Mao-Mao. Cheng esordisce innanzitutto su note espressive scopertamente demenziali, goliardiche e scorrette. Sugli omosessuali e l’omosessualità non risparmia luoghi comuni e vecchi schemi comportamentali, ma si tratta di un gioco consapevole, messo tutto tra parentesi, che entusiasma per la sua intelligenza e che spinge a un’adesione immediata – un esempio per tutti, il primo fatale incontro fra Ming Han e Mao-Mao, sotto la doccia, complice un’archetipica saponetta scivolata a terra. Cheng si diverte moltissimo a mescolare generi e livelli espressivi, l’alto e il basso, il serio e il faceto. Qua e là fanno capolino piccole parentesi schiettamente horror (il fantasma s’incarna talvolta in un teschio che parla, piazzato a mo’ di shock audiovisivo in inquadrature-lampo) che tuttavia rinviano a loro volta a un sentimento generale di “scherzo serio”. Si scherza, ma intanto si affrontano anche questioni non di poco conto. Al fondo domina un convenzionale discorso sulla reciproca accoglienza che tuttavia finisce per apparire anche sincero e ispirato, facendosi largo in una giungla di svolte espressive diversificate che ogni tanto lasciano libero corso a pagine di spudorato sentimentalismo, a volte trattenuto e malinconico, altrove sanamente strappalacrime – vedasi il soffertissimo prefinale.
Se è vero che Marry My Dead Body riesce a trovare un prodigioso punto di equilibrio fra i suoi toni variegati, è altrettanto vero che i momenti più gustosi discendono tutti da una vorticosa comicità sempre all’insegna della trovata geniale. Basti pensare a Mao-Mao che, in qualità di fantasma, può saltare da un corpo all’altro per condizionare le azioni dei viventi. Succede con lo stesso Ming Han (che subito assume mossette effeminate). Succede poi – ed è uno dei culmini espressivi nel film – durante un decisivo combattimento/sparatoria, in cui il fantasma, impossessandosi dei loro corpi, determina il comportamento di una serie di efferatissimi criminali. C’è del genio, e la platea si rovescia di risate. Non vi è la minima ombra di umorismo omofobo – semplicemente, Cheng si diverte e fa divertire, in primis il pubblico gay. La libertà di giocare con gli stereotipi è un lusso che può permettersi chi ha davvero acquisito e scavalcato qualsiasi steccato discriminatorio. In tal modo Marry My Dead Body si propone come una pedina di rinnovamento all’interno di generi fortemente codificati. È una provocazione tutta dall’interno dei generi, di cui Cheng rispetta convenzioni, cadenze, modalità espressive. È conservato il côté fracassone dell’action – specie nella prima parte non si contano gli inseguimenti, gli incidenti d’auto, gli scontri corpo a corpo, sorretti dalla consueta sovrabbondanza di effetti video e soprattutto audio. È conservato il più scoperto sentimentalismo da melodramma epidermico – in prefinale scendono lacrime in scena per minuti e minuti, e alla fine, che vogliamo fare, due lacrime scendono pure a noi. È conservato il poliziesco, con tutte le sue intricate vicende e indagini. Così come il romanticismo fantastico s’invola verso note coinvolgenti quando Mao-Mao s’impossessa di un corpo dopo l’altro dei guidatori in autostrada per fare spazio all’ambulanza che sta trasportando Ming Han ferito a morte. Al contempo Cheng innesta infatti spunti per niente banali sull’evoluzione del rapporto fra i due protagonisti. Ming Han è e resta etero, ma i due finiscono per volersi davvero bene. Più del rispetto reciproco, più di un semplice affetto. È un affetto profondo che va letteralmente oltre i corpi – vedasi la bella sequenza, comico-seria, della ricerca dello sguardo di desiderio nel club gay da parte del roccioso poliziotto. Oltre i corpi: non a caso uno dei due protagonisti è un fantasma. Esistono forme d’amore non necessariamente mediate dalle convenzioni della fisicità.
Così, per buona parte del suo film Cheng Wei-hao ci fa tornare un po’ bambini, a ridere provocatoriamente di cose serissime. Ha voglia di giocare, Cheng, con tutto e tutti, è evidente. Con tutte le convenzioni culturali e cinematografiche più radicate. Ha voglia di scherzare pure con le credenze più tipizzanti di una cultura – il fantasma di Mao-Mao deve trovare pace per potersi reincarnare, e il forte legame fra i due protagonisti è dovuto anche al fatto che nelle loro vite precedenti uno era il cane dell’altro. Ma nello stesso momento Cheng ha anche voglia di commuoverci, di farci riflettere e di raccontarci una specie di storia d’amore tutto fuorché scontata. La visione di Marry My Dead Body rinfranca, fa uscire dalla sala pieni di gioia. Fa bene alla salute.
Info
Marry My Dead Body sul sito del Far East 2023.
- Genere: action, commedia, fantasy, melodramma, poliziesco, sentimentale
- Titolo originale: Guan Yu Wo He Gui Bian Cheng Jia Ren De Nei Jian Shi
- Paese/Anno: Taiwan | 2023
- Regia: Cheng Wei-hao
- Sceneggiatura: Cheng Wei-hao, Feng Chi-chun, Liao Min-kai, Wu Chin-jung, Wu Yi-chien
- Fotografia: Chen Chi-wen
- Montaggio: Chen Hui-chun
- Interpreti: Aaron Yan, Austin Lin, Gingle Wang, Hsu Kuang-han, Liu Kuan-ting, Ma Nien-Hsien, Tou Chung-hua, Tsai Chen-nan, Wang Maan-chiao
- Colonna sonora: Kay Liu
- Produzione: QC Entertainment
- Durata: 129'
