Nomad

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Quintessenza della New Wave hongkongese, di un cinema libero come quello di tutte le nouvelle vague, Nomad di Patrick Tam è stato riproposto al cinema Visionario in una versione restaurata, corretta dai tagli della censura dell’epoca, nell’ambito degli omaggi del Far East Film Festival 2023. Tam racconta una storia di vitelloni nell’allora colonia britannica in Cina, tra benessere e libertà sessuale, con uno sguardo alle donne.

Amare e morire a Hong Kong

Louis è un giovane benestante che vediamo oziare a casa, bighellonare per la città e lavorare in un negozio di dischi. Inciampa in una relazione quando in un ristorante conosce Tomato, che lo inviterà a letto in un love hotel. L’amica nippofila di Louis, Kathy, fa delle avances a Pong, bagnino e tassista. Al loro primo incontro in una piscina, Kathy stuzzica Pong sul suo trespolo prima di strappargli il costume da bagno e scappare. Quando i due si incontrano i loro tentativi di spassarsela nell’appartamento di Pong vengono interrotti così scendono in strada e fanno l’amore su un tram in movimento. Si scopre che Kathy aveva anche un fidanzato giapponese, Shinsuke, che arriva a Hong Kong dopo aver disertato l’Armata Rossa giapponese e si nasconde dai membri di questo gruppo terroristico. Louis, nel frattempo, suggerisce di dirigersi verso nuovi lidi a bordo della nave del padre, Nomad, che salpa regolarmente per l’Arabia. [sinossi]

Correva l’anno 1982. Hong Kong non aveva ancora una data di scadenza, come quella delle scatolette di Hong Kong Express: gli accordi sino-britannici per la restituzione della colonia sarebbero stati stipulati due anni dopo. Era un’enclave di capitalismo sfrenato in mezzo a un sistema socialista, portata avanti in questo senso anche come avamposto di propaganda, un’isola di edonismo tatcheriano-reaganiano occidentale. Patrick Tam è un nome chiave della New Wave hongkongese, come altri suoi colleghi, tipo Ann Hui, di provenienza televisiva. Da sempre interessato alle nuove generazioni di quella colonia dalla cultura di sintesi, orientale e occidentale, che vivevano nel benessere, sviluppa con Nomad un film manifesto, corale. Film che ebbe problemi di censura per aver raccontato una gioventù libertina e libera, senza remore, e che subì tagli e aggiustamenti. Così il restauro/director’s cut è un’operazione degna di nota, presentato ora al Far East Film Festival 2023. Anche Patrick Tam era un vitellone, nel senso cinematografico-produttivo, perché, con i suoi colleghi, poteva sviluppare un cinema d’autore nell’ambito di un sistema commerciale che poteva permetterselo, per la sua floridezza.

Guardano a David Bowie i ragazzi protagonisti, mentre il film è pervaso da quelle canzoncine tipiche da ristorante cinese, e chi anche alla cultura giapponese, quella di un altro paese asiatico occidentalizzato ma dalle tradizioni antichissime, che affascinano tanto gli occidentali come alcuni hongkongesi. L’orgoglio culturale cinese emerge nei protagonisti, nell’incontro con Shinsuke: emergono le ferite degli eccidi di Nanchino, e le rivendicazioni che tanti di quegli elementi della cultura nipponica che tanto piacciono in occidente, siano in realtà di origine cinese. Paradossalmente il ragazzo giapponese è un fuoriuscito della United Red Army, in realtà all’epoca già sgominata ma fa parte del nonsense del film, il gruppo terroristico giapponese di ispirazione marxista, ovvero quei giapponesi che combattevano contro il capitalismo guardando ai sistemi delle vicine Cina e Corea del Nord. L’infiltrato giapponese serve anche per un tripudio grand guignol alla fine, ironico omaggio di Tam al cinema di genere. Sempre però in chiave leggera, con una katana brandita da un motoscafo, duelli e un seppuku filologicamente scorretto, fatto con la katana invece che con il wakizashi, la spadina destinata al suicidio rituali dei samurai.

Tam racconta una generazione di giovani yuppies della colonia, libertini e disinibiti, con una rappresentazione della sessualità davvero anomala per il cinema di Hong Kong. Ed è un racconto al femminile, dove le ragazze sono audaci e aperte di mente, giocando un ruolo attivo nella seduzione. Quelle che in massa assaltano il bagnino, lo buttano nella piscina togliendogli il costume da bagno. Per arrivare a quel momento torbido, di passione incontenibile tra Ha e Tong che, continuamente disturbati a casa di lui, da intromissioni di famigliari, finiscono per fare l’amore nel secondo piano di un autobus double-decker, altro simbolo britannico in terra asiatica. Ma è un mondo che tende comunque alla fuga. Con il Nomad, un veliero, nell’esotica destinazione Arabia. La libertà dei costumi dei personaggi va di pari passo con la libertà espressiva del regista, che guarda alle nouvelle vague, a Godard come a Skolimowski (si pensi a La ragazza del bagno pubblico). Patrick Tam, regista poco prolifico e rimasto a lungo lontano dalle scene, rappresenta il crocevia del cinema nazionale, tra le commedie e il cinema di genere della Shaw Brothers e Wong Kar-wai. Quest’ultimo ne è il degno erede: tante cose ritornano nel suo cinema di dinamiche sentimentali, a partire del personaggio ossessionato al telefono che si ritrova in Angeli perduti. E l’edizione restaurata di Nomad non poteva che essere presentata al Far East, manifestazione che sull’autore realizzò un omaggio nel 2007.

Info
Nomad sul sito del Far East 2023.

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