The Old Oak

The Old Oak

di

Presentato in concorso al Festival di Cannes 2023, The Old Oak potrebbe davvero essere l’ultimo film di Ken Loach, l’atto definitivo di una parabola cinematografica straordinariamente coerente, intrisa di fede politica, lotta, resistenza. Ed è proprio il concetto di resistenza, sia parola sia azione, quello che rimane alla fine: poco, pochissimo, tantissimo. Militante, sincero, indubbiamente imperfetto, The Old Oak prende atto di una sconfitta ma suggerisce una via alternativa, possibile, residuale.

Come era verde la mia valle

The Old Oak è un posto speciale. Non solo è l’ultimo pub rimasto in piedi, ma è l’unico spazio pubblico in cui le persone possono incontrarsi in una comunità mineraria un tempo fiorente che ora sta attraversando un periodo difficile dopo trent’anni di declino. TJ Ballantyne, il padrone di casa, si aggrappa a The Old Oak con la punta delle dita, e la sua presa è ancora più in pericolo quando il pub diventa territorio conteso dopo l’arrivo dei rifugiati siriani che vengono collocati nel villaggio. Nel frattempo, un’improbabile amicizia prende forma tra TJ e Yara, una giovane siriana che si aggrappa alla sua macchina fotografica e alla voglia di raccontare il mondo. Riusciranno a trovare un modo per far convivere le due comunità? [sinossi]
Where there was no work, hope drained away, and
alienation, frustration and despair took its place.
– Ken Loach.

Forza, solidarietà, resistenza. Le tre parole chiave di The Old Oak, l’ultimo film di Ken Loach. Probabilmente proprio l’ultimo. La storia è semplice, a tratti troppo retorica e didascalica, con alcuni personaggi bidimensionali, ma è anche estremamente commovente, lucida, capace di tratteggiare l’attuale situazione politica, la mancanza di prospettive, la sconfitta della sinistra, della classe operaia. E allora cosa rimane? Rimane soprattutto la resistenza, anche in un retrobottega, in una sala di quartiere, in un ridottissimo spazio comunitario. Già, la situazione è questa. Non sarà il miglior film di Ken Loach, ma The Old Oak chiude in maniera degnissima un lunghissimo discorso politico e cinematografico.

Loach e il sodale Paul Laverty, croce e delizia dei loachiani, partono dalle immagini, dalle fotografie, da volti veri, dalla realtà. Anche se in alcuni passaggi può sembrare quasi favolistico (si vedano alcuni snodi narrativi un po’ bruschi, in primis l’apertura della mensa), The Old Oak si cala senza timori in mezzo alla gente, quella vera, al disagio, alle contraddizioni. Il film è un punto di arrivo, la stazione finale di un lungo martirio sociale e politico: dopo Daniel di Io, Daniel Blake e Ricky di Sorry We Missed You, ci restano solo TJ Ballantyne, i suoi amici più fidati, Yara, i rifugiati. L’onda anomala delle destre, il neoliberismo sempre più arrembante, hanno smembrato quel che restava della sinistra, oramai distantissima anche dalla classe operaia, dagli ultimi. E allora non resta che resistere, trovare nuove forme di trasversale solidarietà, una nuova unione anche infinitesimale. Uno spazio minimo, ma esistente, resistente. E nella parata finale, tutti per le strade, si scorge un’amarezza non dissimile dal commiato de Il sol dell’avvenire – altro contesto, indubbiamente non operaio, eppure…

Nelle foto di oggi e di ieri, quelle dei minatori, c’è quel filo rosso che TJ e Yara, quasi miracolosamente, riescono a riavvolgere, a tenere vivo. La mente torna a Come era verde la mia valle, a quello che via via si è costruito e poi perso; all’Inghilterra thatcheriana di This is England, persino ai minatori gallesi di Laputa – Il castello nel cielo; a tutto il cinema di Loach, al suo fervore politico, a una coerenza mai doma. Nello scrivere e mettere in scena The Old Oak, Loach e Laverty sembrano voler sfrondare tutto ciò che non è necessario per arrivare all’essenza del discorso, al puro atto resistente e politico. A quel che resta della politica. Da qui la scelta degli attori non professionisti, del microcosmo, del perseverare nel racconto di una regione devastata. Il discorso diventa quindi sempre più basilare, chiaro, perfino didascalico. Ma è giusto così, The Old Oak è un atto politico. L’ennesimo. Forse l’ultimo. Non solo per Loach.

Info
La scheda di The Old Oak sul sito di Cannes.

  • The-Old-Oak-2023-Ken-Loach-01.jpg
  • The-Old-Oak-2023-Ken-Loach-02.jpg
  • The-Old-Oak-2023-Ken-Loach-03.jpg

Articoli correlati

Array
  • Festival

    festival di cannes 2023Festival di Cannes 2023 – Presentazione

    Star, film, mercato, red carpet, una fiumana autopromozionale che è indubbiamente il fiore all'occhiello dell'industria transalpina, una macchina da guerra che sembra voler radere al suolo il nemico, Venezia ma non solo. Insomma, il centro dell'universo cinematografico, ma con più di una crepa.
  • Festival

    Cannes 2023

    Cannes 2023, il festival transalpino spegne le settantasei candeline e dichiara al mondo la sua voglia di non cambiare mai, tanto nei pregi quanto nei difetti. Biglietti da prenotare, rush line alle quali prepararsi, sale da riempire e da svuotare. Nel mezzo ovviamente un numero impressionante di film.
  • Festival

    Cannes 2022Cannes 2023 – Minuto per minuto

    Cannes 2023, settantaseiesima edizione del festival transalpino, riparte dalle prenotazioni dei posti in sala (quando si trovano), e da una struttura che oramai è quella consolidata tra concorso, Un certain regard, film fuori dalla competizione, sezioni collaterali. Chi vincerà la Palma d'Oro?
  • Classici

    terra e libertà recensioneTerra e libertà

    di Terra e libertà è uno dei pochi film in cui Ken Loach abbandona il panorama britannico e irlandese per mettere in pratica la sua visione internazionalista. L'occasione è la più storicamente compiuta, visto che il film si concentra sul fallimento della lotta repubblicana nella guerra civile spagnola.
  • Cannes 2019

    sorry we missed you recensioneSorry We Missed You

    di Resoconto dettagliato delle condizioni di vita di un lavoratore contemporaneo, Sorry We Missed You è l’ennesimo film “necessario” di Ken Loach, forse l’unico regista per il quale l’aggettivo “didattico” ha sempre un’accezione positiva. In concorso a Cannes 2019.
  • Buone feste!

    Looks and Smiles

    di Non tutti i film di Ken Loach sono arrivati in Italia, in particolar modo quelli diretti durante l'era Thatcher. Rientra in questo novero di titoli anche Looks and Smiles, cupa riflessione sulla gioventù mandata alla macelleria sociale dal liberismo.
  • Cannes 2016

    io-daniel-blakeIo, Daniel Blake

    di Palma d'Oro al Festival di Cannes, Ken Loach ritrova quella verve politica e narrativa che sembrava smarrita. Una pellicola imperfetta, che Laverty sovraccarica con eccessi e sottolineature didascaliche, ma saldamente avvinghiata alla quotidianità, alle difficoltà della classe operaia, al perenne conflitto tra Stato e cittadino.
  • Archivio

    Jimmy’s Hall

    di Una storia sulla carta esemplare che scivola via senza lasciare traccia, raccontata con una cadenza meccanica, smaccatamente didascalica. Tra le pellicole in concorso a Cannes 2014, Jimmy's Hall è senza dubbio la più prevedibile, probabilmente la più esile.
  • Archivio

    La parte degli angeli RecensioneLa parte degli angeli

    di Presentato in concorso al Festival di Cannes 2012 e accolto con un certo entusiasmo dalla stampa internazionale, La parte degli angeli ha i contorni del mero intrattenimento, sicuramente gradevole, ma privo di mordente, di una reale ragion d'essere. Il Loach politico, arrabbiato e sincero era ben altro.
  • DVD

    Piovono pietre RecensionePiovono pietre

    di Ambientato a Manchester, città simbolo della rivoluzione industriale divenuta poi scenario di precarietà e degrado, Piovono pietre fotografa con realismo e oggettività, ma anche con ironia, le giornate di chi è costretto ad arrangiarsi per potersi garantire la sopravvivenza. In dvd con RaroVideo.
  • Cannes 2009

    il mio amico eric recensioneIl mio amico Eric

    di Loach continua a schierarsi con i suoi uomini ‘comuni’, non rinuncia alla nota polemica e non accenna a discostarsi da uno stile di regia ormai collaudato. Ma mette, per un attimo, da parte la rabbia, lo spirito caustico e ‘rivoluzionario’, si ferma a bere una birra con i suoi protagonisti.