Gli oceani sono i veri continenti

Gli oceani sono i veri continenti

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Una Cuba desolata e decadente è il contesto in cui si sviluppa Gli oceani sono i veri continenti, esordio al lungometraggio per Tommaso Santambrogio, opera d’apertura in concorso alla 20a edizione delle Giornate degli Autori veneziane. Un aspro bianco e nero è scelto per illustrare la vita di personaggi che rappresentano il presente, il passato e il futuro dell’isola caraibica.

Guantanamera, guajira guantanamera

Alex ed Edith, due giovani teatranti, vivono la loro relazione fatta di piccoli gesti e di una tenera quotidianità tra le rovine degli edifici cubani. Milagros, anziana signora, cerca di sopravvivere vendendo «manì» (tipici coni di noccioline cubane) e trascorre le sue giornate ascoltando la radio e rileggendo vecchie lettere. Frank e Alain, due bambini, vanno a scuola e sognano di emigrare assieme negli Stati Uniti per diventare giocatori di baseball professionisti. Tutto questo avviene nel contesto di San Antonio De Los Baños, paesino dell’entroterra cubano, dove sembra che il tempo si sia fermato. [sinossi]

Alex ed Edith, una coppia di trentenni teatranti, Milagros, un’anziana donna, Frank e Alain, due bambini: sono i protagonisti di Gli oceani sono i veri continenti (il titolo originale è Los océanos son los verdaderos continentes), l’esordio al lungometraggio per Tommaso Santambrogio, presentato in apertura alle veneziane Giornate degli Autori 2023. Sono personaggi raccontati con narrazioni alternate, rappresentativi di diverse generazioni cubane, il passato, il presente e il futuro. Nell’ultima scena del film, Santambrogio li mostra tutti insieme, nella stessa inquadratura per la prima volta. Potremmo decifrare quest’immagine in vari modi. Come un ultimo istante su un palcoscenico teatrale, magari per ricevere gli applausi dal pubblico, in un film dove spesso ci sono degli spettatori. Ma il quadro si allarga ed entrano nella cornice altre persone, anonime. I personaggi che sono stati visti, raccontati, fanno parte di una moltitudine di gente che vive ormai in un limbo, quello della Cuba rurale, in un paese che ormai ha perso lo spirito identitario castrista ma rimane vittima del boicottaggio del nemico statunitense.

In quest’ultima scena, siamo in una stazione, un treno sta arrivando. Li porterà via tutti da quel piccolo borgo anonimo di San Antonio De Los Baños? Centro verso il quale i personaggi sentono un misto di attrazione e repulsione: già Alex ed Edith discutono di portare in tour il loro spettacolo, ma è una performance site-specific, oppure riproposta a un pubblico analogo, come quello amazzonico, forse corrispettivo a quello cubano, nella visione dei due artisti, per un rapporto stretto con la natura. Tra natura e misticismo è proprio questo spettacolo con cui si apre il film. Alex è crocifisso su una croce coperta di vegetazione, su un isolotto su un fiume che si muove nell’acqua, sotto la pioggia. Edith è di fronte a lui, su un’altra chiatta. Capiamo che si tratta di una rappresentazione, tra il sacro e il folkloristico, alla terza inquadratura quando si svela il pubblico, in cui peraltro ci sono gli altri personaggi del film, su una sponda. Questa scena, materica, elementare, in bianco e nero, ricorda molto il cinema di Lav Diaz. E in effetti il regista filippino è uno dei due autori, insieme a Werner Herzog, che Tommaso Santambrogio può vantare di aver avuto quali mentori. E il regista italiano usa quel bianco e nero per abbracciare il paesaggio tropicale umido, di Cuba come delle Filippine. La pioggia torrenziale, gli ambienti naturali estremi, come la grotta con un fondo d’acqua dove Alex ed Edith fanno il bagno, e le abitazioni fatiscenti, dove l’acqua percola dal soffitto quando piove.

Come spesso in Lav Diaz, Gli oceani sono i veri continenti è pieno di rappresentazioni interne. Ci sono teatri anche fatiscenti e abbandonati, con poche sedie rimaste e dal sipario ridotto in brandelli, e si vedono performance come quella iniziale, in mezzo alla natura. Sono Alex ed Edith i portatori dell’anima artistica cubana. Un’arte povera fatta da artisti alternativi. Alex medita di filmare il suo spettacolo sul fiume, alludendo così all’arte superiore, ovvero il cinema. Vengono snocciolate citazioni, dalla letteratura, con Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, al cinema, con Ociel del Toa di Guillén Landrián, film cubano di poesia socialista del 1965, sulla vita attorno al fiume Toa. Il più importante sottotesto è quello del teatro di marionette, di cui Edith è un’abile animatrice. Uno spettacolo incantevole e poetico, dove la marionettista è presente sul palcoscenico, non occultata ma semplicemente tenuta al buio, vestita di nero: solo alla fine apparirà illuminata da un occhio di bue. Mentre l’introduzione, sul proscenio, con un’unica marionetta e un narratore a lato, ricorda un po’ le famose tre scritture con cui Barthes definiva il teatro Bunraku giapponese. Ancora una volta il cinema può decidere cosa mostrare o meno, e le due stanze, su cui si gioca la parte finale di quello spettacolo di teatro di figura, prima riprese separatamente, si riveleranno nell’inquadratura finale come parte della stessa scenografia.

Se la coppia di giovani rappresenta l’arte, diversa è la funzione dell’anziana Milagro, che passa il tempo a leggere le lettere che il marito le mandava dal fronte della guerra civile in Angola, dove Castro inviò truppe a sostegno del Movimento Popolare di Liberazione. È la rappresentazione di un passato eroico, quando il paese giocava un ruolo nello scacchiere internazionale e operava una politica internazionalista a sostegno dei popoli sottomessi. Quelle lettere per la donna rappresentano l’ancora che la tiene in vita. Arriverà anche a stenderle, come panni ad asciugare, per recuperarle dopo un allagamento. I due bambini sono invece il futuro, con il loro sogno di giocare a baseball negli USA, rappresentati dall’immagine ricorrente del canarino in gabbia. E spesso la radio parla di flussi migratori. Sono gli oceani, spesso citati nel film, nelle lettere del marito di Milagro come nello spettacolo di marionette, i veri continenti, riempiti dalle emorragie umane dei migranti in un mondo polarizzato in un nord ricco e in un sud povero.

Info
Gli oceani sono i veri continenti, il trailer.

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    di Con Taxibol il regista Tommaso Santambrogio sceglie di scindere in due parti la narrazione, alla ricerca di una dialettica forse impossibile tra le forme del cinema: un dialogo "leopardiano" tra un tassista e Lav Diaz nella prima parte, e il racconto dell'esilio/gabbia di uno scherrano di Marcos nella seconda.
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    di Los oceanos son los verdaderos continentes è un lavoro ben più stratificato di quanto possa apparire a prima vista. Dirige Tommaso Santambrogio, producono Lav Diaz (che compone anche le musiche) e Gianluca Arcopinto. Alla Settimana della Critica nella sezione SIC@SIC dedicata ai cortometraggi.