Je’vida
di Katja Gauriloff
Avviluppato nelle proprie stesse immagini, come una sorta di naturalismo magico, Je’vida (primo lungometraggio di finzione di Katja Gauriloff) si pone sotto il segno dell’urgenza di raccontare una storia che riguarda le sue stesse origini e il destino del popolo sami. La storia di una donna implosa e di una bambina che tanti anni prima aiutava il nonno a pescare nel lago. Alla Festa del Cinema di Roma.
Reti nel pomeriggio
Iida e sua nipote Sanna, che non si sono mai incontrate prima, si recano in Lapponia, nella Finlandia del Nord, per svuotare una casa appartenente alla loro famiglia. Iida, di etnia sami, si rifiuta di parlare e di raccontare alla nipote, che ha appena perso la madre, la storia della famiglia. Iida inizia a bruciare tutti gli oggetti personali rimasti nella casa, ma a poco a poco i ricordi tornano prepotentemente. Una bambina, di nome Je’vida, ha vissuto in quella casa, assieme alla madre e ai nonni. Fin quando non è stata costretta a entrare in un collegio finlandese… [sinossi]
Presentato in anteprima al Toronto Film Festival 2023 e poi alla 18esima edizione del Rome Film Fest, nella sezione Freestyle, Je’vida di Katja Gauriloff – già autrice di corti e di un documentario, ma qui all’esordio narrativo – è il primo lungometraggio parlato nella lingua sami skolt, facente parte del ceppo ugro-finnico, che attualmente è condivisa soltanto fra poche centinaia di persone e della quale molti dialetti si sono già estinti. La popolazione sami è indigena della regione della Lapponia, che comprende alcune regioni settentrionali di Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia, i cui appartenenti sono noti ai più come “lapponi”, ma tale denominazione non è accurata. La questione viene accennata fra l’altro nel recente La persona peggiore del mondo (Verdens verste menneske, 2021), di Joachim Trier. La regista, di origini finnico-skolt, esordisce con un film girato in bianco e nero e in formato “quadrato” 4:3, e gira fra le foreste e i laghi del nord della Finlandia adoperando un linguaggio ricercato, fra il lirico e l’onirico, per raccontare la storia di un lento e progressivo svanire e, contemporaneamente, di una resistenza. Le immagini testimoniano la volontà di una bambina di rimanere saldamente attaccata alle proprie radici e tradizioni, impersonate dalla figura del nonno pescatore; di contro c’è la prepotenza e il razzismo dei finlandesi, rappresentati qui dai professori e dagli inservienti finlandesi (“lappone russa sfollata!”, la chiama una di questi) nel collegio in cui la piccola viene mandata a studiare, per potersi poi inserire nella società “civile”. Una bambina che non vediamo piangere nemmeno di fronte al lutto e alle più crudeli angherie, ma che lascia crescere dentro di sé una rabbia che diventa la rabbia di Iida, una donna di mezza età, che riversa quella rabbia contro la sua stessa storia e i suoi stessi ricordi. È per questo che dà alle fiamme vecchi oggetti sopravvissuti in quella casa sul lago, ed è per questo che si rifiuta di raccontare la storia della sua famiglia alla nipote pittrice, che ha da poco perso la madre (ovvero la sorella di Iida) ed è così affamata di sentirsela raccontare.
In parallelo, la bambina bionda pesca con il nonno, sistema le reti, corre sulla neve. Assiste a un ballo di paese che si svolge su un ponte che sembra sospeso sul nulla, con un giradischi che a un tratto tutti si fermano a contemplare: è un tempo fantasmatico, quello in cui vive, il tempo dei ricordi, di visioni lattiginose già dissoltesi da tempo e nel tempo. Subito dopo si trova in una scuola che odia, con gente che le urla addosso parole che non capisce. Dopo ancora è una giovane donna, il cui unico obiettivo è sistemarsi e che per farlo non si fa nessuno scrupolo, neppure nei confronti della nonna o della collega di lavoro con lei sempre gentile. Je’vida è un film doloroso che si srotola nel mistero di una sorta di naturalismo magico, di contemplazione estatica, a tratti fin troppo irretito dalle sue stesse immagini (che sono bellissime, peraltro), ma che in fondo possiede la forza della semplicità e una certa urgenza di raccontare una storia. La storia di una cultura e di un popolo che stanno scomparendo anno dopo anno, un popolo che non ha mai tentato di contrastare con la violenza le prepotenze alle quali pure è stato sottoposto. Non a caso Iida è rappresentata come una donna che si tiene tutto dentro fin quasi a morire. Una donna che è tutta una reazione a catena di implosioni, invisibili, eppure intuibili dalla postura, dallo sguardo, dal respiro. Il modo in cui fuma, aspirando boccate brevi, una dietro l’altra, ritmicamente, l’espressione dura degli occhi, che a momenti sembrano sul punto di cedere e di sciogliersi in lacrime. Intanto, mentre con le parole e gli atteggiamenti rinnega ancora una volta il proprio passato, la sua mente continua a tornare a quella bambina bionda, e a quella rete che il nonno non ha mai finito di aggiustare: c’è rimasto un buco. Un buco che forse però è una via d’uscita, come lo è raccontare la propria storia alle persone che amiamo e che ci amano, per tentare in qualche modo di incollare fra loro i pezzi e sopravvivere, o quanto meno per illuminare la strada a chi verrà dopo.
Info
Je’vida, il trailer.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: Je'vida
- Paese/Anno: Finlandia | 2023
- Regia: Katja Gauriloff
- Sceneggiatura: Katja Gauriloff, Niillas Holmberg
- Fotografia: Tuomo Hutri
- Montaggio: Timo Peltola
- Interpreti: Agafia Niemenmaa, Emmi Parviainen, Erkki Gauriloff, Heidi Juliana Gauriloff, Heini Wesslin, Jarkko Lahti, Johannes Holopainen, Jouni Ante Angeli, Maarit Kiprianoff, Matleena Fofonoff, Sanna-Kaisa Palo, Sara Sulander, Seidi Haarla, Sophia Kiprianoff, Timo Vuento
- Colonna sonora: Lau Nau
- Produzione: Oktober
- Durata: 99'
