Comme un fils
di Nicolas Boukhrief
Comme un fils è come uno squarcio sul muro di ostilità e pregiudizi che ancora oggi grava sulle popolazioni romaní. Nel raccontare la storia dell’incontro tra un ex professore francese e un giovane ladruncolo rom, Nicolas Boukhrief si avvale di un metodo documentaristico militante per evitare di scadere nella retorica e nelle reprimende, e trova un valido alleato nel suo interprete protagonista, un grande Vincent Lindon. In concorso alla Festa del Cinema di Roma.
Il ragazzo selvaggio
Jacques Romand è un professore di storia che ha perso la fede nella sua vocazione. Una sera, assistendo alla rapina a negoziante da parte di tre giovani rapinatori, riesce a catturarne uno, Victor, un 14enne rom. Jacques rimane colpito da questo “giovane selvaggio” che, a poco a poco, risveglia la sua passione per l’educazione. Determinato a dargli l’opportunità di una via di uscita dalla sua situazione, l’uomo entra rapidamente in conflitto con le leggi spietate della comunità del ragazzo e, contemporaneamente , con il muro di indifferenza e ostilità della società. [sinossi]
Nelle note di regia del presskit di Comme un fils l’autore del film Nicolas Boukhrief, francese di origini algerine, racconta che l’idea gli è venuta diversi anni fa dopo aver visto in televisione uno sketch comico sui rom, satirico nelle intenzioni, ma palesemente razzista nei fatti. Dice Boukhrief: “Un pubblico che ride a crepapelle davanti a quell’immagine ripugnante dei rom ma che, insieme ai media, avrebbe probabilmente linciato l’autore di un simile sketch comico se avesse osato deridere la stessa violenza un membro di qualsiasi altra comunità”. L’antitziganismo, ovvero il pregiudizio verso le comunità rom e sinti non è certo una questione recente, ha radici lunghe e profonde che risalgono fino al Medioevo, con episodi di violenze e genocidi che raggiunsero l’apice durante il Nazismo. Ci si dimentica infatti troppo spesso che l’odio nazista non riguardò soltanto gli ebrei, ma anche minoranze etniche come appunto le popolazioni romaní. In una società come quella occidentale, oramai da lungo tempo stanziale, il nomadismo di queste comunità che parlavano una lingua incomprensibile e vivevano in grande povertà e miseria, era ed è tuttora inaccettabile. Essi sono i diversi per eccellenza: vagabondi, poveri, ladri. Zingari.
Victor (l’esordiente Stefan Virgil Stoica) ha 14 anni, è un rom e ruba. Ruba spesso e in tutti i modi possibili, dalle rapine nei negozi al borseggio in metropolitana, alle intrusioni nelle case. Ruba tutto quello che può perché altrimenti lo zio, che lo aspetta in un campo e si ubriaca spesso e volentieri, lo riempie di botte. Ma questo veniamo a saperlo soltanto più avanti. Inizialmente il regista non fa nulla per mettere il ragazzo in buona luce, si attiene anzi a fatti e statistiche emersi durante le ricerche fatte prima di realizzare il film. Per cui Victor viene mostrato nel pieno delle sue attività illegali, col suo sguardo indifferente, la sua mancanza di ogni codice e valore morale, di qualsiasi forma di riconoscenza nei confronti di questo strano uomo, un ex professore, che non solo non lo caccia via, quando se lo ritrova addormentato nel letto, dopo che il ragazzo ha provato a svaligiarli casa, ma addirittura lo nutre, lo accoglie, prova a comunicare con lui. Il volto del ragazzo appare come una maschera di indifferenza e di ottusa ostilità.
Jacques Romand (Vincent Lindon), che ha lasciato l’insegnamento dopo che sul Web si è diffuso un video che lo vede coinvolto in una rissa fra studenti (rissa che stava cercando di sedare) è un uomo deluso e amareggiato, chiuso verso l’esterno, che conduce una vita solitaria, covando dentro rabbia e dolore. Eppure, nel momento in cui si imbatte in Victor, prima al negozio dove il ragazzo assieme ad altri due tenta una rapina, poi in casa sua, in lui a poco a poco si risveglia l’istinto dell’educatore. All’inizio cerca solo di portarlo in ospedale per fargli controllare quei brutti lividi che ha addosso, poi vuole saperne di più, capire cosa c’è dietro a quella giovane vita così irregolare. Scopre così che lo zio del ragazzo, che lo picchia e lo sfrutta, lo chiama con un nomignolo che è l’equivalente di “figlio di puttana”, solo perché il ragazzo oramai orfano, aveva il padre rumeno e la madre tzigana. E capisce così che Victor è indurito dalle violenze non solo dello zio, quindi della “famiglia”, ma anche dal rifiuto totale e aprioristico della società verso la sua gente.
E così Jacques decide di adoperarsi per aiutarlo in tutti i modi, tentando anche di iscriverlo in un istituto dove un gruppo di volontari si occupa dell’educazione di bambini orfani o problematici, ed è lì che incontra una donna (Karole Rocher) che per prima lo rende edotto sulle varie problematiche che ostacolano i tentativi di reinserimento dei giovani rom nella società. Infine, dato che Victor si fida oramai unicamente di lui, Jacques giunge a ospitarlo regolarmente in casa e a pagarlo, in modo che Victor abbia dei soldi da portare allo zio senza doverli rubare e senza venire nuovamente picchiato. Tutto questo a patto però che il ragazzo accetti di imparare a leggere e scrivere. Comme un fils è uno di quei film che, data la tematica, è di per sé a forte rischio di retorica e di ricatto morale nei confronti dello spettatore, come il titolo stesso un po’ induce a temere. Fortunatamente quello di Boukhrief è un approccio al tempo stesso politico e umanista, appassionato, ma senza sentimentalismi, interessato primariamente alle persone e alle loro storie (non solo del ragazzo rom ma anche dell’adulto francese in crisi: la loro è una storia strettamente intrecciata). Il film sembra accadere sotto i nostri occhi, con la macchina da presa a mano che si muove nervosa seguendo il ritmo frenetico delle azioni di Victor e quello altrettanto irrequieto di Jacques (un’irrequietezza interiore, emotiva, ma anche fisica) che prova a stargli dietro. Nel tentativo educativo di Jacques risuona un gesto assai simile, quello dell’ottocentesco dottor Itard nei confronti del trovatello della foresta – anche lui ribattezzato Victor – nel film di François Truffaut Il ragazzo selvaggio (L’Enfant sauvage, 1970). Stessa prospettiva umanista. Jacques è il tramite “maieutico” attraverso il quale lo spettatore si trova pian piano a familiarizzare con Victor, passando da un’originaria, istintiva diffidenza, se non proprio ostilità, a comprenderlo, a vedere in lui un essere umano, persino a preoccuparsi per il suo presente e il suo futuro. Superando dunque quell’ignoranza che sempre è fonte di paura, pregiudizi e odio, di ogni forma di apartheid (in senso lato).
Vincent Lindon è come al solito magistrale nella sua recitazione sempre molto fisica e nervosa, con lo sguardo al tempo stesso vulnerabile e mai domo, sempre pronto a reagire. Lindon ha fortemente voluto la realizzazione di questo film, ed è in gran parte grazie a lui e alla sua “mediazione” se l’interazione da parte dello spettatore con il giovane rom interpretato da Stefan Virgil Stoica può dirsi più che riuscita.
Info
La scheda di Comme un fils sul sito della Festa di Roma.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: Comme un fils
- Paese/Anno: Francia | 2023
- Regia: Nicolas Boukhrief
- Sceneggiatura: Eric Besnard, Nicolas Boukhrief
- Fotografia: Éric Gautier
- Montaggio: Lydia Decobert
- Interpreti: Guillaume Draux, Karole Rocher, Robert Opasche, Sorin Mihai, Stefan Virgil Stoica, Vincent Lindon
- Colonna sonora: Rob
- Produzione: Eskwad
- Durata: 105'