Caro mostro

Caro mostro

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Tra i corti italiani più premiati dell’anno, Caro mostro di Stefano P. Testa è un film epistolare con al centro un protagonista assente, raccontato attraverso materiali ritrovati (lettere, foto e filmini di famiglia) che rievocano un passato ormai sepolto – gli anni Sessanta – e che si connotano come amara riflessione sull’esistenza. In concorso al Molo Film Festival di Roma.

Quando si muore, si muore soli

Nel 1965 Elio ha diciotto anni e frequenta il collegio San Carlo di Torino, è stato allontanato da casa per volere del padre a causa del suo carattere indisciplinato. Durante l’anno riceve alcune lettere dai genitori, dall’amico Nino e dall’amante Raffaella; in quelle pagine è tratteggiata la storia di un giovane inquieto e sedizioso, alle prese con gli ultimi turbamenti adolescenziali e le prime responsabilità dell’età adulta. Caro Mostro è un collage fatto di sovrapposizioni di parole, immagini, suoni e rumori che rievocano un lontano passato, riportato alla luce da un macabro ritrovamento. [sinossi]

La variegata molteplicità del cinema d’archivio, che è una tendenza sempre più ricorrente nel cinema contemporaneo, si arricchisce di un nuovo tassello grazie a Caro mostro, cortometraggio diretto da Stefano P. Testa che, dopo aver girato vari festival in giro per l’Italia e all’estero (Sheffield, il PerSo – Perugia Social Film Festival, Documentaria, Visioni Italiane, ecc.), ora approda in concorso alla quarta edizione del Molo Film Festival di Roma, in programma al Caffé Letterario dal 12 al 17 dicembre.

Il film di Stefano P. Testa parte da un assunto semplice quanto “esatto”: in una casa di Bergamo viene ritrovato nel marzo del 2020 il cadavere di un uomo di cui nulla si sa, se non che era morto da due settimane; dunque non aveva più nessun affetto, era completamente solo; inoltre, all’interno dell’appartamento, dentro una scatola di scarpe viene anche ritrovato un piccolo scrigno di ricordi, lettere, fotografie e filmini di famiglia. Ed è partire da questo materiale che Testa ha costruito il suo film, facendo leggere le lettere a degli attori che si rivolgono al nostro protagonista già morto e dunque assente (lettere che risalgono alla metà degli anni Sessanta) e mostrando foto e filmini in sovrimpressione con timbri postali e, a tratti, brevi estratti dalle lettere stesse, tra cui l’incipit di una lettera che dà il titolo al film, quel caro mostro con cui una delle sue conquiste femminili apostrofa Elio (così si chiama il nostro protagonista assente).

Attingendo dunque con acume da drammaturgo ai testi delle lettere (prima il padre di Elio, poi la madre, poi un amico, quindi una ragazza, e così via, dandoci man mano il quadro complessivo del personaggio), Testa riesce così a delineare un ritratto degli anni Sessanta, dell’Italia del boom, con i giovani attratti da una vita disinibita e sessualmente libera e con gli adulti ancora legati a una civiltà più tradizionale (ad esempio, la madre che si affida al buon dio perché suo figlio Elio si rimetta in carreggiata). Ma non solo: scegliendo di non far parlare il nostro protagonista (e d’altronde sarebbe stato impossibile, visto che le lettere vergate da Elio non c’erano in quello scrigno dei ricordi), Testa costruisce un protagonista inafferrabile, fantasmatico, descritto solo dalle parole degli altri, un personaggio a suo modo wellesiano, un cittadino qualunque di una certa epoca di cui non si saprà mai il segreto. E, facendo così, si arriva al nucleo più profondo, e cioè alla solitudine assoluta di quest’uomo, morto solo, la cui vita si è dissolta come ghiaccio al sole.

In poco più di un quarto d’ora, Caro mostro ci descrive dunque la vanità dell’esistenza, racchiusa in un batter di ciglia, tra gli amori e le intemperanze giovanili e la fine improvvisa e non annunciata, ma inevitabile e ingloriosa, non scritta, non tramandata, di cui è portatore di segno solo un corpo in decomposizione. Ed è per questo che la chiosa perfetta di Caro mostro ci pare possano essere le parole di De André: “Questo ricordo non vi consoli, quando si muore, si muore soli”.

Info
La pagina dedicata al Molo Film Festival sul sito del Caffè Letterario di Roma.

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