Beautiful Duckling
di Li Hsing
Restaurato e riproposto al Far East Film Festival 2024 di Udine, il taiwanese Beautiful Duckling di Li Hsing si dedica a un’enfatica e solare esaltazione della vita rurale in appassionata difesa di tradizionali valori etici facendosi forte di un apparato visivo di squisito gusto pittorico. Melodramma familiare di impronta popolare, percorso da avvincenti interrogativi morali.
Questo è il paradiso in Terra
Giovane donna dedita all’allevamento di anatre in compagnia dell’affettuoso padre Lin Tsai-tien, Yue è corteggiata da bizzarri vicini di casa ed è ignara di essere stata adottata. I suoi genitori naturali sono morti e di lei si è occupato il buon Lin insieme alla moglie finché questa è rimasta in vita. Cantante itinerante d’opera, Chao-fu è il fratello naturale di Yue, e spesso si presenta a casa del buon Lin per ricattarlo, chiedendo denaro in cambio del suo silenzio riguardo alla storia familiare di Yue. Durante una fiera di villaggio Chao-fu inizia però a meditare di coinvolgere Yue nella sua attività di artista viaggiante, con somma rabbia e preoccupazione di Lin. [sinossi]
C’è una purezza di sguardo in Beautiful Duckling (Li Hsing, 1965) che lascia stupefatti. Certo niente è quasi mai del tutto puro e innocente, specie nell’arte, e anche il film di Li, restaurato e riproposto al Far East Film Festival 2024 di Udine, risponde in parte a necessità espressive di carattere ideologico inerenti a un preciso progetto culturale. La CMPC (Central Motion Picture Company), organismo del governo taiwanese dedicato alla produzione cinematografica dell’epoca, caldeggiava dagli inizi degli anni Sessanta la realizzazione di film improntati al cosiddetto Sano Realismo, con riscoperta di valori e tradizioni locali e celebrazione dell’eroismo degli umili. In questo contesto vede la luce anche Beautiful Duckling, rilettura intima e campestre di un archetipico melodramma familiare dove per primi a colpire sono il gusto figurativo e l’uso del colore. Il tema della povera gente guadagna il primo piano invadendo l’ampiezza dello schermo in un’esaltazione audiovisiva che in più di un’occasione ricorre agli strumenti di una vera e propria coreografia all’interno di una globale struttura di racconto placido e lineare. Per lunghi tratti il film si allinea in effetti ai ritmi di vita dei suoi protagonisti, un modesto allevatore di anatre, Lin Tsai-tien, e la sua giovane figlia Yue, che in realtà è stata adottata anni addietro per la prematura morte dei suoi genitori naturali. Ignara di essere figlia adottiva, Yue stravede per quello che crede essere suo padre ed è ben contenta della sua vita in mezzo ai campi. Come in ogni situazione idilliaca, anche in questo caso la minaccia viene dall’esterno. Si fa spesso vivo, infatti, il fratello naturale di Yue, Chao-fu, che estorce denaro al buon allevatore di anatre in cambio del silenzio sulla vera storia familiare di Yue. Ridotto ai suoi minimi termini, il melodramma popolare spartisce i propri personaggi con nettissime pennellate anche nella sua ricollocazione in ambiente contadino. Il padre Lin è pressoché santificato, Yue è la quintessenza del personaggio positivo, mentre a Chao-fu e ancor più alla sua arpia moglie sono riservati gli oscuri tratti dei malvagi – ancorché, specie nel caso di Chao-fu, il profilo si faccia più problematico del previsto, e pure il buon padre Lin, nel suo roccioso spirito protettivo nei confronti di Yue, interroghi limiti ed effetti nefasti dell’affetto possessivo e incondizionato. In buona sostanza Beautiful Duckling propone un’idea di racconto immediato ed elementare nelle sue implicazioni etiche, incentrato intorno alla lacrimosa oppressione degli umili da parte di cattivi senza scrupoli inquadrati in una guerra fra poveri, un soggetto da classico melodramma che stimoli l’immediata adesione emotiva da parte di sensibili platee popolari.
È altresì in linea con moralità conservative il ruolo riservato al mondo dello spettacolo all’interno del racconto. Fra le minacce più temibili che gravano sull’innocenza e ingenuità di Yue vi è l’intenzione di Chao-fu, cantante d’opera taiwanese, di coinvolgerla nei suoi spettacoli itineranti. Per una giovane donna significa sostanzialmente l’abbandono della retta via per la strada della perdizione. Li Hsing non nasconde in realtà tutto il fascino che sprigiona da quelle tavole di teatro imbastite nei villaggi per il piacere di un pubblico festante. Conferendo grande potenza audiovisiva al racconto, Beautiful Duckling squilla infatti di vivaci cromatismi anche nella ricostruzione dei costumi, delle acconciature e dei volti truccati dell’opera taiwanese. È dunque un mondo di grande fascino al quale assistere con grande piacere. Il film pare suggerire che è un grande piacere fruire dello spettacolo in qualità di pubblico, ma che è bene starne alla larga se coinvolti come esecutori. In realtà Li Hsing sembra dare vita a una sorta di frizione fra moralità condivise e libera espressione, cosicché non si può negare che la purezza di Yue sia in pericolo di perdersi, ma al contempo si afferma con decisione che l’opera è un sano piacere popolare, da esaltare e celebrare quanto il lavoro nei campi. Appartiene in tutto, a conti fatti, a quella cultura popolare che il film si propone di esaltare. Altre minacce che provengono dall’esterno sono rintracciabili nei nuovi metodi di allevamento delle anatre, imposte dall’alto al tradizionale Lin Tsai-tien, abbastanza sorpreso di dover segnare e monitorare la crescita dei suoi animali da cortile. Coinvolto infatti in una sorta di sperimentazione di eugenetica animale, Lin si trova a dover contaminare la propria tradizionale cultura rurale con la modernità, abbandonando una volta di più la quieta usanza del passato a causa di influenze esogene vissute come violazione a un sacro equilibrio omeostatico fra Uomo e Natura. L’incrocio con altre razze di anatre corrisponde metaforicamente al meticciato culturale che minaccia la sana integrità del mondo di Lin e di sua figlia Yue, collocati in una sorta di Eden idealizzato. A suggellare tale esaltazione della vita contadina intervengono poi parentesi di coreografia audiovisiva in cui è valorizzato anche l’elemento del canto popolare – si veda la sequenza in cui il lavoro nei campi è enfatizzato dal ritornello collettivo «Questo è il paradiso in Terra», che non solo esalta l’attività rurale ma si connota pure per un fiero spirito nazionalista.
Malgrado il netto segno opposto di Taiwan sotto il profilo politico, il Sano Realismo di Beautiful Duckling mostra, nella sua veste espressiva e nei suoi metodi realizzativi, diversi punti in comune con i diktat del cinema del Realismo Socialista. Oltre alla multimedialità degli strumenti adottati (gusto pittorico, ricorso a musica e canti quando non a vere e proprie coreografie di danza) il Realismo Socialista si manifesta infatti, fra le sue polimorfe realizzazioni, anche in opere mirate all’esaltazione della vita rurale, narrata come terreno incontaminato di atavici e purissimi valori, riscoperti (in versione socialista) come primari attori della Rivoluzione. Nel film di Hsing la vita rurale è invece tributata del ruolo di depositaria di una tradizione da preservare dal progresso, e la tendenza alla costruzione pittorica dell’inquadratura è riconfermata dai frequenti campi lunghi di puntuale composizione visiva, così come lo stesso incipit del film si delinea del resto per una dichiarazione d’intenti – con l’intervento di una voice over il racconto prende le mosse da un dipinto a tema campestre. È il colore, soprattutto, ad assumere decisive intenzioni espressive. Le scelte cromatiche di Beautiful Duckling (basti pensare a mo’ di esempio alla lunga sequenza della fiera nel villaggio) sono semplicemente stupende, nella loro giustapposizione di tonalità simili e contrastate, sempre nette ma mai in violenta contrapposizione primaria.Le moralità seguono a loro volta tale visione stretta sulla cultura contadina. Gli affetti tra i familiari sovrabbondano e tracimano, secondo un’idea di esaltazione dei puri di cuore che tengono ai figli più che a qualsiasi altra cosa poiché sono l’unica proprietà di cui dispongono. La corruzione della giovane donna è un tabù dal quale difendersi con tutte le forze. E nel finale i cattivi sono esemplarmente puniti tramite la condanna morale e il castigo della solitudine, mentre Yue, in compagnia di padre e fratello adottivi, ritorna verso la campagna saltellando allegramente nel sole, e la vittoria della tradizione sulla modernità è ribadita fino all’ultimo pure nella decisione di tornare a casa da parte del figlio che si è messo a fare il falegname per rifiutare il lavoro con le anatre. Tutto è bello, tutto è meraviglioso. Fra le pieghe di questo idillio, però, fa capolino qua e là anche il dubbio, l’interrogazione. Alla fine Chao-fu non è così cattivo come sembra. Il suo congedo dal racconto, con quel rumore di treno che stride sulle rotaie in lontananza, ne sottolinea la grama esistenza di emarginato. In fin dei conti nel dedicarsi all’opera non c’è nulla di male. Ci sono crimini ben peggiori. Tra le righe del racconto esemplare Li Hsing forse lascia trapelare qualche ombra, qualche crepa in mezzo a un tripudio di riconciliazione. Niente di male nell’allevare anatre, ma anche cantare l’opera ha il suo perché.
Info
Beautiful Duckling sul sito del FEFF.
- Genere: melodramma
- Titolo originale: Yǎng yā rénjiā
- Paese/Anno: Taiwan | 1965
- Regia: Li Hsing
- Sceneggiatura: Chang Yung-hsiang
- Fotografia: Lai Cheng-ying
- Montaggio: Shen Ye-kang
- Interpreti: Chang Wen-wen, Chen Kuo-chun, Ko Hsiang-ting, Ou Wei, Tang Pao-yun
- Colonna sonora: Lo Ming-tao
- Produzione: Central Motion Pictures
- Durata: 111'