Passing Dreams

Passing Dreams

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Nuova opera per il regista palestinese Rashid Masharawi, Passing Dreams è un road movie in cui i personaggi si muovono tra diverse città e diversi luoghi palestinesi, la geografia di un paese virtuale, la costruzione di un’identità nazionale congiungendo punti di una mappa ipotetica. Presentato in apertura del 45° Cairo International Film Festival.

Dove volano i piccioni

Sami, un ragazzo di dodici anni, conduce una vita tranquilla in un campo profughi in Palestina, insieme alla madre e alla nonna paterna. Ma tutto cambia il giorno in cui il suo prezioso piccione viaggiatore vola via e non torna più. Convinto che il suo amato uccello sia tornato alla sua casa originale a Betlemme, Sami decide di mettersi alla sua ricerca, spinto da una profonda convinzione e da un’incrollabile determinazione. [sinossi]

Ci sono film che hanno cercato di definire l’identità di una nazione ripercorrendone la storia recente e attraversandone il territorio geografico. Esempi sono, anche opere molto diverse, Forrest Gump, con una mappa degli spostamenti che passa ripetutamente dalla east alla west coast, oppure in Italia La meglio gioventù, dove ogni città è introdotta da una cartolina/didascalia. Lo stesso concetto, più sviluppato nello spazio che nel tempo, viene fatto proprio da Rashid Masharawi, storico regista palestinese, con Passing Dreams, film d’apertura del 45° Cairo International Film Festival, con la differenza che si tratta di una mappa virtuale, della rappresentazione geografica di un territorio nazionale inesistente, occupato e frammentato, uno spazio geografico ideale, come dovrebbe essere la Palestina. Il film ripercorre la storia di un ragazzo di 12 anni, Sami, che vive in un campo profughi, il cui amato piccione viaggiatore un giorno non fa più ritorno nella sua gabbietta. Sappiamo quanto siano precisi questi animali, nel ritornare al punto di partenza anche dopo viaggi lunghissimi. Così Sami convince l’amico ad accompagnarlo, gabbietta in mano, dal campo profughi in cui vive, a Qalandia, vicino a Ramallah, in un viaggio a Betlemme, dove vive lo zio da cui pensa che il piccione sia andato a finire. Con lo zio e la cugina, studentessa di giornalismo, prendono la via della vecchia Gerusalemme, dove si trova l’allevatore di piccioni presso il quale potrebbe essersi rifugiato il pennuto disperso. Ma ancora il risultato è nullo e quindi decidono di tentare verso l’origine ultima del pennuto, cui potrebbe essere tornato, ovvero un altro allevatore nella città di Haifa. Non lo troveranno ma resteranno ammirati dalla bellezza di quella città dalle luci al neon, che si affaccia sul mare. Tutto il tragitto avviene in una giornata, il territorio geografico palestinese è davvero un piccolo lembo di terra pur con una storia antichissima. Masharawi descrive un paesaggio: quelle colline brulle e quelle cittadine della tipica cultura araba, con i loro suk, i bazar, le attività artigianali degli intagliatori, ecc. Passing Dreams è un road movie con percorsi molto travagliati, dove viaggiare significa fermarsi spesso ai posti di blocco israeliani, ed essere perquisiti. Fin troppo facile la metafora del piccione, che può volare e viaggiare liberamente. Ma si tratta di un piccione viaggiatore che tende a tornare all’origine del suo viaggio. E Haifa è un territorio ancestrale, quella città da cui vennero deportati migliaia di palestinesi durante la Naqba del 1948. Quella città dove, dice lo zio al nipote, vivevano i suoi nonni.

Rashid Masharawi è un esponente del quarto periodo del cinema palestinese, quello della seconda generazione dalla Naqba. Negli anni ’80 e ’90 è stato l’unico regista in attività nella Gaza occupata, inaugurando una nuova era del cinema palestinese, non limitandosi a documentari e puntando su opere di finzione nei territori occupati, con crew esclusivamente locali. La sua filmografia, con film come Curefew o Haïfa, può essere vista come una storia della Striscia di Gaza, dove il regista è nato in un campo profughi, e della gente che ci vive. Con Passing Dreams sceglie paradossalmente di non parlare di Gaza, citata solo una volta, perdipiù in questo momento particolarmente drammatico. Su Gaza è peraltro appena uscito, e circola per i festival a partire dall’anteprima di Taormina, il film collettivo From Ground Zero, da lui coordinato, fatto di cortometraggi sull’attuale massacro nella Striscia. Con questo film decide di affrontare la condizione palestinese in una prospettiva più ampia e storica. All’inizio si vede un murales sbiadito con il volto di Arafat, figura centrale nel cinema del regista, protagonista anche del suo documentario intervista Arafat, mon frère, verso il quale ha sempre nutrito un rapporto di amore/odio. Nelle vicende del ragazzo alla ricerca del piccione, dei suoi famigliari e amici, è sempre palpabile il racconto della condizione di sofferenza del popolo palestinese, sia diretto che, neanche tanto sottilmente, metaforico. Il padre di Sami è in prigione da 12 anni; si allude spesso a situazioni di privazioni della libertà, come quella dell’amico del ragazzo che è chiuso in casa dalla madre per punizione. Un amico dello zio invece ha subito uno sfratto ingiusto. Un artigiano che lavora con lo zio racconta una barzelletta su un palestinese che incontra un genio della lampada, cui può esprimere un desiderio. Vorrebbe un ponte che colleghi la Palestina con Roma. Ma il genio è in difficoltà, si tratta di qualcosa di troppo difficile da esaudire. Così il genio chiede un secondo desiderio più fattibile. «Voglio uno stato palestinese libero e indipendente con Gerusalemme come capitale», risponde a quel punto l’uomo e il genio ribatte: «Di quante corsie deve essere il ponte?». «Non ti sto chiedendo di liberare Gerusalemme», come sinonimo di una cosa impossibile, dice lo zio al negoziante cui chiede di aiutarli a ritrovare un piccione.

Tutto può sembrare semplice e diretto, ma in Passing Dreams è importante anche ciò che viene omesso, ciò che non viene fatto vede ma sappiamo che c’è. Non ci sono riferimenti alle religioni che si contrappongono nel conflitto, mentre sono frequentissimi i riferimenti alla simbologia cristiana: i crocifissi intagliati nel legno, quello, tutto decorato, che un mercante cerca di vendere a una turista. E poi si vede una processione, sempre con dei crocifissi come una via crucis. Delle tre religioni monoteiste per le quali sono sacri i territori in cui si svolge il film, Masharawi ne esibisce una sola, quella cui non si richiamano le due parti in conflitto. E carica il finale di una nota ambigua. Perché i personaggi sono così ammirati dalla bellezza di Haifa? Forse non si tratta, solo, di un richiamo delle proprie origini. Ad Haifa arrivano di sera, quando fa buio. La città è molto diversa da quelle che abbiamo visto prima: è appariscente, scintillante, grondante di luci. Richiama a moderni locali, luoghi del divertimento, come nelle ricche città occidentali, quali sono in effetti le città israeliane. Il piccione può essere stato un MacGuffin oppure un pifferaio magico che li ha attirati verso una destinazione ambigua.

Info
Passing Dreams sul sito del MedFilm Fest.

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