Rakenrol

Rakenrol

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Il filippino Quark Henares torna alla regia con Rakenrol, divertente commedia musicale che ruota attorno al sottobosco dell’indie rock di Manila; evita le pause “maudit”, Henares, e se si esclude la sottotrama romantica anche tutti i cliché legati al rock, dimostrando una notevole vitalità espressiva.

Pilipino Rock

Odie e la sua amica del cuore Irene sono due outsider che trovano una seconda casa nella scena rock musicale underground delle Filippine. I due decidono di formare una band e mettono insieme un gruppo improbabile che comprende il bullo della scuola, un barista ex-punk e una bambina prodigio diventata manager musicale… [sinossi]
No Retreat, No Surrender.
Jean-Claude Van Damme in No Retreat, No Surrender di Corey Yuen (1986)

Tra le varie “mode” che partendo dall’occidente hanno poco per volta invaso il mercato del sud-est asiatico, fino a venire ricreate e modellate sulle culture locali, il rock è senza ombra di dubbio una di quelle che ha attecchito in maniera più fertile. Dal Giappone alla Thailandia, passando per Hong Kong, Corea del Sud e Indonesia, a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso è stato tutto un fiorire di gruppi musicali, tendenze, ispirazioni iconografiche che dopo aver scimmiottato (in modo più o meno riuscito) i colleghi inglesi e statunitensi, hanno trovato una propria peculiarità espressiva, con una libertà spesso altrove dimenticata. Anche nelle Filippine, terra economicamente colonizzata dagli Stati Uniti, la “musica del diavolo” ha trovati veri e propri eserciti di cultori: era filippino, tanto per dirne una, il geniale e sregolato frontman dei seminali Speed, Glue & Shinki, il dinoccolato Joey Smith.

È da questo dato che prende piede Rakenrol, divertente commedia musicale che ha trovato posto nella selezione della tredicesima edizione del Far East Film Festival: Quark Henares, regista già apprezzato in precedenza per lo spassoso Keka (visto sempre a Udine nel 2004), approccia il magmatico mondo del rock underground con uno stile davvero convincente, evitando per buona parte del film di prendersi troppo sul serio e raccontando con sincerità il sottobosco di gruppi che trovano spazio nei club e nelle bettole di Manila. I primi cinque minuti di Rakenrol, con la voce fuori campo del protagonista che passa in rassegna tutte le sue band indie preferite, con immagini e fotografie di scalcinati gruppi che non troveranno mai spazio nelle cronache internazionali e che spesso anche in patria non possono contare che su un piccolo gruppo di affezionati fan, vale da più di molte pellicole ben più ricche e strombazzate passate di recente anche sugli schermi nostrani. Il valore aggiunto di Rakenrol è proprio la disarmante sincerità che trapela da ogni sequenza: Henares è una persona che ha vissuto il mondo del rock, fatto di impianti elettrici mal funzionanti, cantanti stonati, spettatori ubriachi e molesti, band imbarazzanti – divertentissima la band di rock satanico che dedica le proprie canzoni a Pazuzu. Tutto assai lontano dall’insopportabile posa maudit che troppo spesso in occidente si accompagna a una materia che andrebbe trattata con assai meno seriosità di quanto venga solitamente fatto. Rakenrol è un film che vive in maniera viscerale il proprio rapporto con la musica, senza addolcirne inutilmente suoni e rumori, mettendo piuttosto alla berlina proprio la sciocca idolatria, figlia di una concezione edonistica che ha trovato da anni a questa parte asilo (politico?) sugli schermi di Mtv: il personaggio del vanesio e borioso Jacci Rocha, interpretato dall’ottimo Diether Ocampo (forse qualcuno lo ricorderà ne La vida rosa di Chito S. Roño), è in questo senso indicativo del pensiero del regista, come la geniale digressione sul fenomeno “emo”, ridicolizzata fino alle estreme conseguenze.

Per il resto Rakenrol è una commedia divertente, riuscita in particolar modo nella prima parte, in cui gli elementi di contorno si fondono con intelligenza e arguzia ai protagonisti della vicenda (il samurai, il primo concerto, l’artista concettuale che si rotola negli escrementi per dare sfogo alla sua “arte fecale”), riuscendo a donare un quadro composito della realtà underground di Manila, con sguardo sornione e divertito. Meno compiuta appare invece la digressione romantica, che a parte qualche trovata non riesce a discostarsi da una visione prevedibile e sclerotizzata della storia d’amore. Ciononostante Rakenrol è una fresca commedia, girata in totale economia ma con gusto e professionalità: il rock merita di ricevere un trattamento più leggero e meno pretenzioso, una volta tanto. Sarebbe interessante vederlo sugli schermi nostrani, ma ovviamente si tratta di pura utopia.

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