Wall Street: Il denaro non dorme mai

Wall Street: Il denaro non dorme mai

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Indeciso probabilmente tra l’autarchia indipendentista delle ultime pellicole (soprattutto quelle documentarie) che gli hanno ormai fatto guadagnare le stellette di outlaw dalla stampa americana, e una corrente mainstream che non ha mai dimenticato, Stone ha provato a trovare in questo tiepido sequel di Wall Street un punto d’incontro tra i due estremi. Presentato a Cannes 2010.

Gordon Gekko Back in Action!

Poiché l’economia globale vacilla sull’orlo del disastro, un giovane trader che opera a Wall Street, insieme all’ex re della borsa Gordon Gekko, ha una duplice missione in testa: sensibilizzare la comunità finanziaria per il destino a venire e scoprire chi è il responsabile della morte del suo mentore… [sinossi]

Nemmeno il tempo di lodarlo che subito il buon Oliver Stone ci ricasca. Dopo il ritratto bushiano di W. e il documentario partigiano su Chavez, South of the Border, che (entrambi) tante polemiche hanno suscitato, pellicole magari anche discutibili ma indubbiamente interessanti e forti anche da un punto di vista ideologico, Stone ripiomba in quel cinema dal quale immancabilmente viene risucchiato. Sono passati 23 anni dall’originale Wall Street: lì Stone fece un impietoso ritratto dell’America reaganiana del grande bluff della finanza e della generazione degli yuppies, oggi il mondo degli squali in giacca e cravatta è pressappoco quello di allora, a cambiare è senz’altro il cinema del regista di Platoon. Indeciso probabilmente tra l’autarchia indipendentista delle ultime pellicole (soprattutto quelle documentarie) che gli hanno ormai fatto guadagnare le stellette di outlaw dalla stampa americana, e una corrente mainstream che non ha mai dimenticato, Stone ha provato in questo tiepido sequel a trovare un punto d’incontro tra i due estremi. Esperimento assolutamente non riuscito, si può ben dire, se non da dimenticare.

Gordon Gekko, una volta scontati i suoi otto anni di gattabuia per insider trading e altre amenità finanziarie è pronto a tornare in pista. Stone si diverte a umiliarlo, proprio a inizio film, prima avvertendo della distanza siderale intercorsa tra l’entrate e l’uscita di prigione (quando gli consegnano un telefono cellulare che sembra uscito da un gioco della Clementoni) e poi, una volta superate le cancellate della galera, lasciandolo solo senza nessuno ad aspettarlo, e facendogli anche sventolare davanti una limousine che carica un rapper nero (sono questi i nuovi ricchi, sembra ricordare Stone al suo protagonista…). Fin da subito una cosa è chiara: Stone non si risparmierà nulla, se c’è un concetto da sottolineare, state pur sicuri che questo regista ve lo illustrerà da buon illustratore, non badando a giri di parole o a facili simbolismi. Per cui, se crollano le borse nel cosiddetto effetto domino sullo schermo, ecco venir giù una masnada di tessere del domino.

Acclarata questa elementarietà perniciosa, a ben vedere distribuita in molto del cinema di Oliver Stone e in particolar modo nello squinternato apologo nazionalista che rispondeva al titolo di World Trade Center, Wall Street: Money Never Sleeps fallisce comunque anche per problemi meramente narrativi, e non solo dunque per quelli stilistici (abbiamo anche sorvolato sull’uso insistito e completamente inutile dello split-screen, usato fin dall’inizio forse per sottolineare la distanza con l’opera primigenia: ma se questa è l’evoluzione del linguaggio cinematografica più significativa per Stone, stiamo freschi). In epoca di scandali finanziari, il tentativo di Stone di cavalcare l’onda è comprensibile, ma probabilmente il freno (o meglio, il peso) costituito dal film del 1987 ha influenzato anche, e di molto, lo sviluppo di questo secondo capitolo. La farraginosa sceneggiatura concepita da Allan Loeb e Stephen Schiff tenta di nascondere prevedibilissimi coup de théâtre attraverso risibili percorsi narrativi, mettendo da parte spesso e volentieri una seppur minima veridicità della vicenda per cercare di dar interesse a una storia che sta in piedi solo grazie a una bombola d’ossigeno attaccata. A cominciare dal rapporto di coppia tra i due giovani protagonisti: lui broker d’assalto che sogna le energie alternative (ma intanto intasca bonus milionari per improvvide operazioni finanziarie), lei che invece dirige un sito indipendente che smaschera gli intrallazzi dei potenti (rigorosamente a fini non lucrativi). E i può pensare che una coppia così assortita possa pure crescere un figlio?

Chiudiamo con una doverosa considerazione sul parco attori. Promosso senza riserve il luciferino Michael Douglas nella parte che ormai recita a memoria, la piacevole sorpresa arriva da Carey Mulligan che riesce a dare credibilità a un personaggio che viaggia spesso al limite. Chi invece è inevitabilmente bocciato è Shia LaBeouf, incredibilmente monoespressivo e incastrato in una parte schizoide che proprio non gli si confà.

Info
Il trailer di Wall Street: Il denaro non dorme mai.

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