Mr. Kneff

Mr. Kneff

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Nella retrospettiva The Wish to Be a Red Indian: Kafka and Cinema del 58° Karlovy Vary International Film Festival, si è potuto vedere Mr. Kneff, il recut che Steven Soderbergh ha fatto del suo secondo film, ovvero Delitti e segreti (Kafka) del 1991, come un’operazione di pop art sul suo stesso film che viene così assurto a classico.

Kafka 2.0

Kafka, impiegato in una compagnia di assicurazioni nonché autore di romanzi, si trova a indagare sulla scomparsa di un amico. Le vicende lo portano a intrufolarsi nel Castello che sovrasta la città di Praga, sede del Potere. Scopre un gabinetto di “mostri”. Dopo aver sabotato questo laboratorio, fugge e ritorna in città. Si fa sera e Kafka, solo nella sua stanza, si immerge nella scrittura. [sinossi]

Nel 1991 un giovane Steven Soderbergh, reduce dal successo di Sesso, bugie e videotape, Palma d’Oro, realizza Kafka, che in Italia viene distribuito come Delitti e segreti. L’autore dava così una prova di eclettismo passando dalla profonda provincia americana di annoiati borghesi, dediti a pratiche voyeuristiche con videocamere, al cuore dell’Europa di inizi Novecento, dall’atmosfera di cinema indie a quella letteraria e cinematografica dell’espressionismo e del noir. A distanza di trent’anni da quel film, il regista lo ha rieditato come recut, con qualche rimaneggiamento, come vedremo, reintitolandolo Mr. Kneff, in occasione di un cofanetto di dvd a edizione limitata. La nuova versione del film è stata presentata a Toronto e ora a Karlovy Vary, nella terra boema del grande scrittore, come da promessa fatta dal regista a suo tempo con il festival ceco.
Delitti e segreti era già di suo una reinvenzione postmoderna. L’universo letterario di Kafka veniva messo in scena con il corrispettivo estetico del cinema di quell’epoca. La fine degli anni Dieci, in cui è ambientato il film, prelude a Il gabinetto del dottor Caligari e a Il Golem – Come venne al mondo. Soderbergh si rifaceva palesemente anche ai classici del noir, come L’infernale Quinlan, La signora di Shanghai o Il terzo uomo. Quest’ultimo, ambientato anch’esso nel pieno della Mitteleuropea, a Vienna, è richiamato, per esempio, dalla figura in chiaroscuro dell’assassino. La costruzione dell’immagine arriva a soluzioni estremamente complesse, come i giochi di specchi, con moltiplicazione della figura, le architetture visive geometriche e labirintiche alla Escher. Anche nella parte finale a colori predominano le inquadrature sghembe, le obliquità tipiche di Welles, come di buona parte del noir degli anni Trenta-Quaranta.

Tutta questa elaborata costruzione estetica era al servizio di un’opera che distillava lo sguardo visionario e angosciante dello scrittore boemo, la parabola dell’uomo oppresso dal sistema, in una storia che vedeva lo scrittore, nella grande interpretazione di Jeremy Irons, connotato da elementi biografici, come il fatto di essere un agente di assicurazioni, essere invischiato in un’avventura che poteva essere uscita dalla sua stessa penna. Il Castello, edificio imponente, dalla severa architettura, è il centro del Potere che domina la città, il simbolo di un sistema tentacolare che controlla capillarmente le vite dei cittadini, spiati in ogni loro movimento, incasellati e ridotti al rango di semplici numeri. Quando Kafka si intrufola nel palazzo, sbuca in un gigantesco schedario. Una volta entrati nel cuore del sistema, si scopre che questo brulica di anonimi burocrati, ed è pieno di archivi. Il Potere è un’entità, una sorta di Leviatano rappresentato da un gigantesco occhio. È un sistema che utilizza la burocrazia per schiacciare e opprimere gli individui. Un “errore amministrativo”, viene definita l’eliminazione di una persona. È un potere che comanda con i suoi commissari, pronti a fare rapporto, e che infiltra la società di spie, come i due gemelli nell’ufficio di Kafka, simbolo dell’omologazione dell’intera popolazione, costituita di marionette. «Prima viene la fisiologia, poi l’ideologia», dice il dottor Murnau.
Il giovane Soderbergh, al suo secondo lungometraggio, si dimostrava un grande visionario, ma scivolava in alcune ingenuità come le citazioni pacchiane, il personaggio del “Dottor Murnau” e la parola “Orlac” ripresa da Les mains d’Orlac, il romanzo di Maurice Renard portato sullo schermo sia da Robert Wiene che da Karl Freund, due figure chiave dell’espressionismo e del noir. Troppo sopra le righe anche la battuta del protagonista che dice: «Ho appena finito di scrivere la storia di un tizio che diventa uno scarafaggio».

A distanza di trent’anni, Soderbergh costruisce una nuova impalcatura postmoderna sulla sua opera. Mr. Kneff dura 20 minuti in meno, toglie la voce ai personaggi convertendo i loro dialoghi in scritte come sottotitoli. Avvicinandosi così ancora di più alla concezione del cinema muto senza però sposarla in pieno, perché non usa intertitoli su cartelli. Alcune scene sono colorate con viraggi sulla pellicola originale in bianco e nero, per distinguere le parti oniriche da quelle reali. A ciò si aggiunge l’esplosione cromatica già nel film originale, una volta nel Castello, con l’immenso occhio del potere. Il titolo Mr. Kneff sottolinea la nuova ambiguità raggiunta in questa dimensione da silent movie, in quanto altra parola che si potrebbe leggere dal labiale, oltre a Kafka. L’operazione di Mr. Kneff si avvicina più quindi a quella, ormai dimenticata, di Giorgio Moroder su Metropolis del 1984, o a una di quelle sonorizzazioni live di un muto che vanno di moda. Soderbergh inserisce infatti una nuova partitura musicale che comprende la versione strumentale di Enter Sandman dei Metallica, che è ancora un ragionamento sulla contemporaneità, essendo il brano del 1991, stesso anno di uscita di Delitti e segreti. Nella colonna sonora anche la versione ‘sintetizzata’ di Also sprach Zarathustra di Richard Strauss, commissionata ad Andy Summers per un altro film dimenticato come 2010 – L’anno del contatto, il sequel di Peter Hyams di 2001: Odissea nello spazio, altra operazione su un’originale, il cui azzardo forse piace a chi ha voluto rifare al cinema Solaris. Mr. Kneff in definitiva esprime una concezione simile alle serigrafie colorate di Andy Warhol, il che comprende una iconicizzazione del materiale originale. Per la serigrafia di Marilyn Monroe ci deve essere Marilyn Monroe.

Info
Mr. Kneff sul sito di Karlovy Vary.

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