The Social Network

The Social Network

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Nelle mani di David Fincher e Aaron Sorkin The Social Network, la storia della nascita di Facebook e del suo giovane creatore, diventa un apologo dell’America contemporanea, di rara forza e potenza narrativa.

Friends Will Be Friends

In una notte d’autunno del 2003, lo studente di Harvard e genio della programmazione Mark Zuckerberg si siede davanti al suo computer e inizia a lavorare ad una nuova idea. Tra blogging e programmazione, quello che inizia nella sua stanza del dormitorio presto si trasforma in in una rete sociale globale, in una rivoluzione nel mondo delle comunicazioni. Sei anni e 500 milioni di amici dopo, Mark si ritrova a essere il più giovane milionario nella storia. Ma, come per ogni imprenditore, il successo conduce sia alle complicazioni personali sia alle difficoltà legali… [sinossi]
Facebook ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua vita.
Slogan di lancio del sito Facebook.com.

Oltre cinquecento milioni di utenti attivi, secondo sito più visitato del mondo nel 2010 dopo il mastodonte Google: sono questi, mantenendosi fermi alla categorica freddezza dei numeri, i dati su cui si poggia Facebook, l’impero creato da Mark Zuckerberg nel febbraio del 2004. Un social network che ha letteralmente cannibalizzato la rete internet: dalle personalità pubbliche ai bambini delle elementari, arrivando persino agli animali domestici, tutti (o quasi) nel mondo occidentale possono oramai affermare di avere contatti, più o meno continuati, con il sito dalla spartana grafica bluastra, attraverso il quale scambiare informazioni personali, stati d’animo e pensieri in libertà con amici, conoscenti, colleghi, aspiranti partner e via discorrendo. Si potrà anche trovare immorale questa degenerazione dell’umano relazionarsi, ma se si ha intenzione di comprendere la società contemporanea, sviscerandone l’indole intima e sotterranea, non è possibile pensare di poter sminuire o addirittura ignorare il ruolo svolto negli ultimi anni dal cosiddetto “faccialibro”.
Non c’è dubbio alcuno che tutto ciò sia stato ampiamente compreso da Aaron Sorkin e David Fincher, rispettivamente sceneggiatore e regista di The Social Network, presentato (vergognosamente nella versione doppiata destinata all’uscita nelle sale italiane, dove approderà il prossimo 12 novembre) come Evento Speciale alla quinta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. Un progetto di cui si parlava da più di due anni e sul quale si erano concentrate le ansie e le aspettative di ogni cinefilo dal momento in cui era stato confermato il nome di Fincher dietro la macchina da presa. Prendendo spunto dal libro di Ben Mezrich Miliardari per caso – L’invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento, The Social Network racconta la storia di Facebook attraverso la travagliata vicenda giudiziaria che il sito ha vissuto: Zuckerberg è stato infatti citato in giudizio da alcuni colleghi di università (i futuri olimpionici del canottaggio, i gemelli Winklevoss), ma soprattutto dal suo miglior amico, quell’Eduardo Saverin che aveva finanziato il primissimo prototipo del sito. Nel botta e risposta tra le varie parti in causa e i loro avvocati si ripercorre la genesi di Facebook, dal crash cui andò incontro il server di Harvard dopo l’incredibile successo del sito FaceMash (dove i membri del campus potevano di volta in volta votare la ragazza più carina scegliendo tra due foto che apparivano random sullo schermo) fino al raggiungimento da parte di Zuckerberg del titolo di “miliardario più giovane del mondo”.

Con un materiale del genere a disposizione, il rischio di cadere nell’agiografia, di lasciarsi prendere la mano da un accesso di moralizzazione o semplicemente di puntare tutte le proprie carte su un’opera giudiziaria old style era davvero molto forte. Eppure, con un miracoloso gioco di sceneggiatura e regia, The Social Network si propone come una delle visioni più convincenti e sconvolgenti dell’ultimo anno: nel tessere la trama, Sorkin (noto ai più come creatore del serial “presidenziale” West Wing) non volge lo sguardo nemmeno per un secondo alle opere giudiziare che hanno ingrassato l’organismo di Hollywood da decenni a questa parte, ma piuttosto sembra concentrare tutti i propri sforzi in un ideale contatto tra questi e l’universo dei teenage movie che tanto deve al nume tutelare John Hughes. Un genere di riferimento tra i più consolidati (e solitamente meno compresi) d’America, e di cui si percepisce la fragranza fin dall’incipit, in cui Zuckerberg viene lasciato dalla sua ragazza in un ristorante dopo un fuoco di fila di dialoghi in grado di annichilire del tutto lo spettatore. Ed è forse proprio nella caratterizzazione del futuro miliardario che è possibile percepire con maggior forza il riferimento al genere: aspetto trasandato e bizzarro (si muove per il campus indossando un paio di pantofole), estrema arguzia nella gestione dei dialoghi, mostruose capacità informatiche, tendenza neanche troppo lieve alla sociopatia. In una parola, l’ideale perfetto di colui che per definizione viene chiamato nerd. E The Social Network è una vera e propria “rivincita dei nerds”, per citare il film di Jeff Kanew, uno dei teenage movie di maggior successo: quel gioco in parallelo, sfruttando il montaggio alternato, tra la disinibita e pruriginosa festa esclusiva del campus e la stanza che Zuckerberg condivide con i suoi compagni, e nella quale sta creando FaceMash (altrettanto pruriginoso, da un punto di vista teorico, ma privo di qualsiasi relazione reale, o meglio tangibile, con il mondo esterno), è un istante di cinema che arriva davvero a sfiorare il sublime. Perché The Social Network non è solo una ricostruzione storica delle origini del più clamoroso fenomeno collettivo venuto alla luce negli ultimi anni: se così fosse, tutto si esaurirebbe in un miserando rimpallo di torti e ragioni.

La pellicola di Fincher, l’ottava della sua onoratissima carriera, è al contrario una soave e divertente incursione nei meandri del nuovo capitalismo, gli Stati Uniti post-11 settembre dove l’idea di “contatto” si è fatta via via sempre più virtuale, e dove il termine amicizia – sottolineato quasi con crudeltà durante le due ore di durata del film – ha acquisito sfumature sempre meno rassicuranti. Dal canto suo, Fincher spiazza ulteriormente lo spettatore regalando una messa in scena sobria, lontana dai fasti immaginifici a lui abituali: la costruzione delle sequenze, solitamente esempi di mirabolante perizia tecnica, è qui basata su una linearità di sguardo che sorprende. E non si confonda il termine linearità con piattezza: la messa in scena di The Social Network non è una resa nei confronti di una struttura narrativa troppo forte per poter essere rimodellata, ma bensì la dimostrazione della consapevolezza di Fincher. Non c’è necessità di ulteriore attrazione in quest’opera capitale, e lo spettacolo è insito nella materia stessa che si sta trattando: guardando a sua volta dalle parti di John Hughes, dunque, Fincher sposta la sua attenzione dalle evoluzioni della macchina da presa a spazi angusti (camere da letto, locali, stanze), sottraendo aria con pervicacia agli esterni, usati con una parsimonia davvero rara. Ed è proprio nella più lunga sequenza in esterni dell’intero film, quella della gara di canottaggio in Inghilterra, che Fincher si concede l’unico evidente scarto stilistico, raggelando l’azione sulle note di una trionfale rilettura in chiave elettronica del capolavoro di Edvard Grieg Nell’antro del re della montagna, tratto dal Peer Gynt (la colonna sonora originale è in parte opera del genio di Trent Reznor). Dimostrazione palese, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, della millimetrica precisione di Fincher, e della sua maturità artistica.

Arricchito da un cast notevole, in cui spicca l’interpretazione di Jesse Eisenberg, uno dei volti giovani più convincenti di Hollywood fin dall’esordio in Roger Dodger di Dylan Kidd (anno domini 2002), The Social Network racconta l’Occidente di oggi con la giusta dose di levità e cattiveria, senza permettersi di giudicare e senza alzare inutili barriere tra ipotetici buoni e cattivi – e in tal senso si veda la lungimirante sequenza che vede i gemelli in cerca di vendetta chiedere giustizia al rettore di Harvard –, distinzione che rischia davvero di perder senso nel capitalismo della crisi (o anche crisi del capitalismo, ça va sans dire). Un miracoloso capolavoro, davvero: cosa aspettate a diventarne fan su Facebook?

Info
Il trailer italiano di The Social Network.
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