Arca russa, cinema senza montaggio

Arca russa, cinema senza montaggio

Il 27 marzo 2013 il regista russo Aleksandr Sokurov ha tenuto un workshop su Arca russa, cinema senza montaggio nell’ambito dell’iniziativa L’immagine e la parola promossa dal Festival del Film di Locarno. Poco più di un’ora e mezza, con traduzione consecutiva di Aliona Shumakova, nella quale il cineasta è partito dall’idea di “vincere la dittatura del tempo” sul cinema per arrivare al momento della proiezione del film Arca russa al Festival di Cannes 2002. Questa è la trascrizione integrale dei miei appunti scritti del suo intervento.

Arca Russa, cinema senza montaggio
Workshop di Aleksandr Sokurov

Prima parte

Dal punto di vista professionale, è stato un grande problema realizzare Arca russa, un processo lungo e complicato. Ci sono due oggetti a cui prestare attenzione: il primo è il film, il secondo è la storia. È il tempo a collegare le due cose, lo scorrere del tempo. Un film è lo scorrere del tempo. Ma cos’è la storia? La storia è il tempo trascorso prima di noi, che scorre adesso e che ci attende in una semioscurità sconosciuta a noi. Ogni film contiene il passato, il presente e il futuro del tempo. Se un film manca di uno di questi tre aspetti, non può essere considerato riuscito. Intendo un film come totale dentro la sua natura. Totale è la caratteristica del tempo. Il tempo è una forza in grado di unire, ma anche separare e distruggere. Ogni caratteristica del caos è compresa nel tempo, il tempo comprende tutto. Tutto viene divorato dal tempo. Il carattere aggressivo del tempo è nella sua sostanza, non c’è possibilità di salvarsi dalla forza del tempo. Anche l’arte non è in grado di salvarsi dall’aggressione del tempo.

L’arte è per me figlio bastardo del tempo, la storia è figlia del tempo e il cinema è tempo. Ogni cineasta ha a che fare prima con la realtà fisica e solo dopo con quella spirituale. Il cinema è accadimento fisico, è lo scorrere fisico del tempo. Tutto il cinema è tempo: se fermate all’improvviso una proiezione, il film non c’è, quindi non c’era. Mentre tutto quel che succedeva e succede continua a succedere. Il cinema all’inizio era frammentario, come uno schizzo. Nel senso peggiore era un affresco sulla storia, nel migliore un mosaico di tanti pezzi. I registi hanno avuto la possibilità di giocarci e montare le attrazioni. Le schegge del tempo, le sequenze, venivano unite alle altre e in questo modo il tempo veniva pensato. C’era una gioia goliardica del cinema all’inizio, generata come la gioia primitiva dei popoli, semplice.
I primi film significativi sono stati adattamenti dai grandi romanzi, non dai piccoli. Notiamo che l’opera letteraria è compressa nello spazio: lo spazio racchiude la letteratura come il tempo fa con il cinema. Nulla è più d’ostacolo per lo scrittore che l’altezza o la penetrazione del pensiero. Il pensiero esiste nello spazio, non nel tempo, non è preoccupato dalla mancanza di tempo. Il letterato attacca lo spazio, il cineasta cerca di sottomettere il flusso del tempo. Si possono citare centinaia di scrittori e filosofi che hanno superato i problemi dello spazio, ma il cinema ha saputo vincere l’ostacolo del tempo? Credo di no, e spero non succeda. Qualcosa deve limitare la volontà dell’autore. Ci sono sempre più pazzi che fanno questo mestiere e ci deve essere uno strumento per limitare i danni che producono.

La lotta spietata per togliere l’ostacolo tempo al cinema inizia con gli anni ’60. Prima c’era stata la possibilità di giocare liberamente con i mezzi e c’era stata la grandezza di Griffith, Eisenstein, Pudovkin. Con la scissione tra formalisti e teorici tutto si è sistematizzato. I registi si sono messi a sparare sui limiti di quest’arte, supportati dagli sviluppi tecnici e da generazioni di ingegneri che li hanno aiutati molto. A fine anni ’60 si erano capite bene le possibilità del cinema riguardo al montaggio e al sonoro e si cominciò a giocare con i formati e a fare film anche in 70mm. L’apporto tecnico-ingegneristico ha superato la proposta artistica. Ma per quanto si sforzassero di combattere contro il tempo, questa costante restava invariata. Per quanto si possa far durare un film, prima o poi deve finire. La spada di Damocle del cinema è il finale, è il problema gigantesco della specie cinematografica. I classici della letteratura si erano arenati di fronte al problema morale della morte, al cinema è successo con il finale. Un esempio di finale lo offre solo la letteratura, le altre arti si sottraggono a questo. Quando uno scrittore mette un punto, chiude uno spazio, ma la letteratura non ha a che fare con una natura fisica.

Oggi il cinema si avvicina a uno stadio di conflitto con la fisiologia umana. Dov’è il finale di un film? Dove si pone il punto? Come si può fermare il flusso del tempo? Cosa è la fine dello scorrere del tempo? È il pensiero che finisce e muore dissanguato? Sembra facile mettere il punto quando le possibilità sono esaurite o forse quando sono esaurite le emozioni. Il finale di un film è uno dei modi per governare il tempo. Per me il finale è il mio modo per governare il tempo. I grandi problemi possono essere risolti man mano, partendo dal piccolo. Il problema del tempo è paragonabile alla gravitazione dell’uomo nello spazio. Siamo condannati da questa legge fisica. I nostri sogni dell’alto e del sublime sono legati alla gravitazione, al non poterci staccare da terra. Il cinema è il governare il tempo: non dividerlo in parti o sequenze, ma far scorrere il tempo in un unico flusso e in un respiro vivere tutti gli eventi.

Rinunciare agli aspetti tecnici del montaggio e compiere un altro passo nell’evoluzione del cinema. All’inizio del cinema c’erano l’analisi e lo smembramento, bisogna passare alla sintesi, un passaggio che uno scrittore o un organismo compiono spesso. Molti grandi scrittori hanno scritto che scrivevano perché gli veniva da scrivere, non per altre ragioni. Pushkin scriveva che la sua eroina faceva una cosa perché le veniva di farlo, non si poneva il problema di perché lo facesse. La storia della scienza è un percorso lento e difficile. Il corpo umano da solo analizza tanti processi, ma da solo non sa sintetizzarli. Dobbiamo vedere un evento o un oggetto da sopra. Bell’idea vedere le cose con un po’ di distanza, ma come realizzarla? Come creare un’opera d’arte concepita in modo analitico e consecutivo? E cos’è un’immagine? Un’immagine è qualcosa che concentra molte informazioni, aspetti, qualità, in poco tempo. È come costruire una casa non in modo tradizionale con le fondamenta, i pilastri, i muri, il tetto, ma tutta d’un fiato. A volte le nostre gambe e mani sono più intelligenti della testa. Camminiamo perché camminiamo, non pensiamo come camminare o come prendere un foglio di carta, lo facciamo e basta. L’integrità dell’azione del corpo caratterizza soltanto l’essere umano adulto, cioè bisogna insegnare all’organismo come comportarsi in certe situazioni.

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INFO
La scheda di Arca russa su Imdb.
Il trailer di Arca russa.
L’immagine e la parola sul sito del Festival di Locarno.

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