Indielisboa 2013 – Bilancio

Indielisboa 2013 – Bilancio

Indielisboa 2013, con cui il festival internazionale del cinema indipendente festeggia le dieci edizioni, conferma la statura sempre più rilevante della kermesse lusitana, nonostante le ristrettezze economiche con le quali si è dovuto fare i conti.

Ogni anniversario ottenuto con il lavoro e la fatica merita la sua celebrazione. Iniziamo dalla fine. Indielisboa 2013, Festival Internazionale del Cinema Indipendente, ha chiuso con successo la sua decima edizione. Dopo due lustri – tutti in salita, sia nel senso del costante ampliamento delle attività e dell’autorevolezza sia, meno felicemente, rispetto alle crescenti difficoltà sul piano economico viste le misure di drastiche riduzioni ai finanziamenti adottate dalle istituzioni locali e nazionali che hanno garantito fin qui l’esistenza della manifestazione lisbonese – Indielisboa 2013 si conferma una delle nuove teste di serie aggiunte sul tabellone festivaliero europeo. E questo per motivi diversi, molti dei quali sarebbe interessante analizzare nel dettaglio dal momento che si tratta forse delle caratteristiche che ogni buon festival “moderno” potrebbe desiderare. Di tutte ne citiamo solo due. La prima: nonostante l’ampliarsi e l’organizzarsi della piazza virtuale del web, e anzi forse proprio in grazia di questo rapido cambio d’orizzonte, è la ricerca a fare di un festival un’istituzione utile e necessaria; non solo un luogo in cui si diffonde e divulga conoscenza, o si promuove una certa parte dell’industria culturale, ma un’agenzia che contribuisce concretamente alla produzione di nuova cultura, alla promozione di nuovi autori, alla messa in circolo di idee nuove. La seconda: un festival di cinema è qualcosa di molto più complesso, ricco e articolato di una semplice vetrina per l’anteprima mondiale del nuovo film del più osannato tra i registi del momento; in questo senso sono importanti tanto la costruzione di un palinsesto ragionato e ragionevole (che non segua solo ed esclusivamente le sirene dell’inedito) quanto l’allestimento di un ambiente che favorisca l’incontro e lo scambio, non solo tra pubblico e professionisti, ma anche all’interno del sempre più numeroso e sparpagliato, più disperso e autistico gruppo dei filmmaker.

Venendo alla cronaca, la decima è stata certo l’edizione che di più ha patito l’incertezza del momento, la crisi economica ma anche la presenza opaca ed evanescente della politica. Nonostante tutto il nuovo direttivo – ridotto da tre a due membri, perdendo Rui Pereira e conservando invece Nuno Sena e Miguel Valverde – è riuscito a comporre un programma quantitativamente più contenuto ma strutturalmente invariato capace – nonostante la media non eccelsa della produzione dell’anno – di regalare le solite chicche. Questo grazie anche alla rinnovata alleanza con la Cinemateca Portuguesa, presso la quale è stato possibile assistere a splendide e quasi commoventi proiezioni in pellicola di classici “minori” come per esempio il godardiano Les carabiniers, ma anche a un programma monografico dedicato allo sperimentalissimo Peter Kubelka.

La cronaca esige anche i fatti nudi e crudi e allora passiamo al palmares, un buon modo per citare alcuni dei titoli migliori dell’edizione 2013. Il Gran Premio al Miglior Lungometraggio è stato assegnato a Leviathan del duo Ctasing-Taylor & Paravel, già avvistato a Locarno e poi premiato e celebrato anche qui da noi, a Torino. Il film è noto e i commenti sono dunque evitabili, ma è bene sottolineare che anche con questo premio l’Indielisboa conferma la sua capacità d’intercettare le tendenze (più che le mode) del momento, mettendo in cima alla lunga lista dei premi un documentario e per giunta visionario e atipico come questo, che attraverso il lavoro sul fatto nudo e crudo e sulla sua trasfigurazione lavora anche sulla ristrutturazione e sull’ampliamento del racconto audiovisivo. Come vedremo Leviathan è solo il primo di una lunga serie di film di non fiction prediletti dalle diverse giurie (cronaca nella cronaca: nella giuria della sezione Pulsar do mundo anche Maria Bonsanti, neodirettrice fiorentina del prestigioso Cinéma du Réel, tempio parigino del cinema documentario). Il Gran Premio al Miglior Cortometraggio invece è italiano: l’emiliano-milanese Yuri Ancarani con il suo Da Vinci seguita la sua turné tutta estera che l’ha già portato in più di una tappa statunitense e che ora lo vede premiato in Portogallo. Meno conosciuto del primo, anche se prodotto nazionale, il corto è l’ambiguo e discutibile esperimento d’incrocio – tutt’altro che inedito – tra scienza e cinema, quasi interamente ricavato dalle immagini elaborate da un robot chirurgico, omonimo del film: stilizzati da un viraggio al blu (all’origine del tutto accidentale), osserviamo i movimenti rigidi, esatti, disumani di due bracci meccanici che tagliano, tirano, forano e ispezionano l’interno di un corpo umano. Il sonoro – raffinato e minimalista, raramente interrotto da musica elettronica – contribuisce alla costruzione di uno sfasamento, di un’alienazione efficace ma che sa di cinica furberia. Altro documentario italiano vincitore Le Librare de Belfast – curiosamente destinatario del premio del pubblico per il miglior cortometraggio, ma si sa, le durate al cinema son sempre state una questione molto relativa – di Alessandra Celesia, racconto asciuttissimo e intenso già visto e premiato all’ultima edizione del Festival dei Popoli di Firenze.

I premi confermano poi l’ormai innegabile effervescenza del cinema portoghese. Il documentario Lacrau del giovane Joao Valadimiro ha ottenuto il premio tecnico della Digimaster per il Miglior Lungometraggio e il Premio Albero della Vita per il Miglior Film Portoghese. Il film è il secondo lungo di uno degli astri nascenti del documentario lusofono. Già passato, tra gli altri, al Fid Marseille – festival completamente concentrato sul cinema di non fiction, sempre più rivolto alle opere più sperimentali – con Jardim, sua opera prima, Vladimiro conferma la sua ispirazione che si fonda su una visione/percezione concreta e quasi materialistica del mondo. Dentro una struttura metrica da poema classico si costruiscono rime visive, ma prima ancora si punta all’annullamento di ogni referenzialismo/naturalismo, allo scioglimento di ogni legame tra immagine e riferimento, in modo da poter poi assumere la registrazione visiva e sonora del mondo, dei suoi pezzi più minuti come materiale che il cinema rimastica ri-producendolo dentro una partitura tra epica e lirismo. Il Premio Culturgest Pulsar do mundo è stato felicemente attribuito a La Chica del Sur dell’outsider argentino Josè Luis Garcia. Un film piano e tuttavia atipico che ricostruisce la storia politica, umana ed esistenziale di una donna, cittadina della Corea del Sud, attivista comunista, poi anche professoressa universitaria e professionista della politica, che ha dedicato quasi tutta la sua vita all’utopia di rivedere le due Coree unite. C’è il materiale di repertorio, ci sono i momenti d’osservazione, le interviste, c’è il diario intimo e soggettivo ma anche la distanza dello studio antropologico, della ricerca storica. Un film non perfetto e tutt’altro che inedito ma importante.

Ultima menzione per uno dei film più impressionanti e “nuovi” di questa decima edizione. Insignito del premio di Amnesty International, The Act of Killing di Joshua Oppenheimer – passato tra gli altri ai festival di Toronto e Berlino – non si contenta di raccontare o ricostruire una vicenda spinosa e dolorosa come quella delle squadre della morte e degli eccidi da esse compiuti durante l’ultimo colpo di stato in Indonesia (1965), operando una rilettura inerte del passato. Oppenheimer invece incontra e stringe amicizia con alcuni dei più temuti gangster divenuti capi delle milizie al soldo della giunta militare, propone loro di partecipare da interpreti protagonisti a un kolossal trash che rievochi i fasti delle nefandezze da essi compiute, nel quale la ricostruzione e i generi del cinema classico si mescolano insieme al sangue, alla violenza, alla musica e ai ricordi, la vittima prende il posto del carnefice, in modo che alla fine, dalla messa in scena, riaffiori la crudezza della realtà con il peso opprimente – e rimosso – della sua insopportabile verità.

Info
Il sito di Indielisboa 2013.

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