Alla ricerca di Vivian Maier

Alla ricerca di Vivian Maier

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Dopo diversi festival e riconoscimenti, il documentario Alla ricerca di Vivian Maier è pronto a stupirci raccontandoci la vita e l’arte di una persona comune con le sue ombre e i talenti sottaciuti.

Un tesoro nascosto

Una tata misteriosa che ha scattato in segreto oltre 100mila fotografie, ritrovate dopo decenni, è oggi considerata uno dei fotografi più importanti del XX secolo. La vita e l’arte di Vivian Maier rivelate attraverso fotografie, filmati e interviste inedite alle persone che la conoscevano. O pensavano di conoscerla. [sinossi]

Presentato nella sezione Panorama Dokumente della 64esima Berlinale e vincitore del Gran Premio della Giuria al Miami Film Festival 2014, Alla ricerca di Vivian Maier approda nelle sale italiane grazie alla strategia distributiva di Feltrinelli Real Cinema [1]. Va riconosciuto un grande merito a Feltrinelli non solo per il lavoro sull’uscita in sala di film che spesso venivano visti come adatti solo a un pubblico di cinefili, ma anche per la collana che ha saputo creare (ogni cofanetto presenta dvd + libro), un investimento di energie a 360º che sta dando i suoi frutti sia alla casa editrice che agli utenti, i quali finalmente hanno la possibilità di soddisfare la curiosità verso un genere – quale quello documentaristico – poco frequentato dal grande pubblico.

Si dice spesso che sono le storie a cercare gli artisti perché le raccontino: questo è accaduto, nel 2007 al filmaker John Maloof, mentre stava scrivendo un libro sul proprio quartiere di Chicago, si recò a una vendita d’aste per cercare delle foto che accompagnassero il volume. In questa circostanza il ventiseienne americano ha acquistato per 380 dollari una scatola di negativi senza immaginare il valore artistico e storico in essa contenuto, ma ne ha subito fiutato il potenziale, forte di chi è cresciuto al mercato delle pulci. Alla ricerca di Vivian Maier ci fa rivivere il percorso che Maloof ha compiuto assecondando l’attrazione verso la storia di una donna che faceva ufficialmente la tata (ha lavorato a servizio di moltissime famiglie), ma con un dono speciale: cogliere la vita nel suo farsi quotidiano, dalla nascita alle difficoltà nel sopravvivere. «Non si limitava a fotografare. Voleva scoprire quanto ci si può avvicinare al volto di qualcuno […] Riusciva a generare questo istante». Molte delle persone che l’han conosciuta e con cui ha vissuto non avrebbero mai pensato che avesse un talento artistico. Basta vedere alcuni scatti in b/n per percepire come la donna riuscisse tramite la Rolleiflex a fare la radiografia dei sentimenti di chi le capitava a tiro.
Fotogramma dopo fotogramma i due registi cercano di ricomporre un puzzle in cui viene sempre più a galla un materiale che ha cambiato la storia della fotografia, di pari passo con le ombre che attanagliavano la donna. Lo spettatore è calamitato dalla ricerca quasi ossessiva di Maloof, ci si chiede fino a che punto ci si può addentrare nella vita di una persona, tanto più scoprendo dei lati caratteriali particolari come la riservatezza e ascoltando le testimonianze di donne e uomini che l’hanno avuta come baby-sitter. Non vogliamo darne un giudizio morale e forse siamo anche contenti che Maloof e Siskel non abbiano potuto (o voluto) svelare quel lato oscuro che abbiamo intuito, legato alla rabbia verso gli uomini e a metodi non molto ortodossi (come lo spingere il cibo in bocca nei bambini).

Il gusto estetico della Maier lo si coglie anche negli autoritratti che ci ha lasciato, dove la composizione del quadro è ben studiata e spesso presenta un gioco di riflessi che stupisce se si pensa alla professione ufficiale. Grazie a queste istantanee e ai filmati in 8 e 16mm, uniti ai racconti, riusciamo a visualizzarla: una donna che portava le camicie da uomo, con spalle larghe e poco sorridente, ma con uno sguardo che sapeva andare oltre, guidato anche da quei dolori che aveva provato e che noi mai sapremo fino in fondo.
Alla ricerca di Vivian Maier è uno di quei film che parla a più destinatari. Il modo in cui è stato messo in quadro e pensato sul piano narrativo permette di coinvolgere più persone possibili, da chi ama la fotografia a chi si appassiona alle investigazioni, ma su tutto è una storia di una donna comune che per quanto volesse essere enigmatica, merita di essere raccontata in primis per l’immenso valore artistico del suo lavoro, fatto di quell’onestà di sguardo che ti lascia senza fiato.

Michele Smargiassi nel suo articolo del gennaio 2010 esemplifica quello che abbiamo provato di fronte a quelle foto: «quello che mi colpisce, personalmente, e che ogni volta che una di queste immagini mi compare sullo schermo, mi richiama alla mente grandi immagini che già conosco […], ma che (salvo attenta verifica della cronologia) Vivian in alcuni casi non poteva conoscere perché non erano ancora state scattate. Arbus, Abbott, Evans, Strand, Levitt, Erwitt, Weegee, Model, Klein, Frank, Friedlander, Winogrand sono i nomi che mi girano per la testa. Architetture, ritratti, humour, istanti rubati e pose, perfetti bilanciamenti e immagini conturbanti: Vivian sembra avere sperimentato, e in qualche caso anticipato, quasi tutte le tendenze della fotografia americana del Novecento».

NOTE
1. Senza questo impegno non avremmo potuto vedere (se non in cornici festivaliere) documentari come Marley di Kevin MacDonald, Sugar Man di Malik Bendjelloul e Love, Marilyn – I diari segreti di Liz Garbus.
INFO
Il trailer di Alla ricerca di Vivian Maier.
Alla ricerca di Vivian Maier su facebook.
Alla ricerca di Vivian Maier su twitter.
Il sito ufficiale di Alla ricerca di Vivian Maier.
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