The New God
di Yutaka Tsuchiya
Il documentario The New God, che anticipa molta dell’estetica che abbonda oggi nei social media visivi, è un video diario che scava e rivela quello che si nasconde dietro l’attrazione per l’estrema destra e l’ultranazionalismo da parte di alcuni giovani giapponesi alla fine del secolo scorso.
Confusi e (in)felici
Video attivista e regista, Yutaka Tsuchiya filma le sue interazioni con la cantante ultranazionalista Karin Amamiya e i membri del suo gruppo di estrema destra. Seppur di orientamento politico completamente diverso, Tsuchiya rimane così affascinato da quello che la ragazza ha da dire che decide di darle una videocamera con cui possa registrare le sue riflessioni quotidiane…. [sinossi]
Il
documentario inizia con la protagonista, Karin Amamiya, davanti al
santuario di Yasukuni, dove sono venerati anche soldati e alti
generali che, durante la Seconda Guerra Mondiale, hanno commesso
crimini di guerra di classe A. Un luogo che ogni anno, a causa delle
visite a questo santuario da parte di politici giapponesi più o meno
importanti, continua a causare feroci polemiche e tensioni fra
Giappone e la comunità internazionale.
Quello che dalle prime
scene sembra quindi essere un lavoro di taglio molto politico e
dedicato alle varie fazioni dell’estrema destra giapponese, si rivela
nel suo prosieguo invece come qualcosa di assai diverso. Quando il
regista Yutaka Tsuchiya, attivista di sinistra e feroce oppositore
del sistema imperiale, comincia infatti a filmare Karin Amamiya e il
suo gruppo musicale, si accorge che dietro la patina dura di
estremisti di estrema destra si nasconde un senso di smarrimento
quasi esistenziale non dissimile da quello che accomuna altri
giovani. The New God è un affascinante ritratto di un gruppo
di giovani assai confusi che cercano nell’ideologia di estrema destra
e nella celebrazione dell’imperatore un punto fermo su cui centrare
le loro esistenze. Strutturato come una sorta di video confessione
low-fi e di dialogo visivo composto dalle immagini e parole girate da
Amamiya e Tsuchiya, il documentario è l’esplorazione della reazione
al malessere di vivere di un gruppo di giovani, che non va
assolutamente generalizzato ma considerato nel suo essere
minoritario, in cerca di qualcosa che riempia il loro vuoto
esistenziale. In questo senso, uno degli elementi del lavoro che più
colpisce è la sincerità con cui la giovane cantante si auto
analizza, spesso nelle sue parole e per sua stessa ammissione
l’attitudine politica è solo una maschera, una reazione personale a
un senso di non appartenenza alla società giapponese contemporanea.
Amamiya spesso parla della mancanza di senso che la realtà ha per
lei, specialmente quando paragonato alle scelte di vita e di morte
dei soldati durante la Seconda Guerra Mondiale, naturalmente si
tratta di una visione piuttosto superficiale, confusa e mitizzata del
passato bellico e presunto eroico del Giappone.
Amamiya nelle sue confessioni o nelle sue discussioni con Tsuchiya e Itō, il chitarrista della band, cerca qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa di solido che dia senso alla sua realtà quotidiana e molto spesso questo senso viene fornito dall’orgoglio di appartenere all’etnia giapponese che i due credono essere un blocco uniforme e solido.
Una
delle parti più affascinanti di The New God è il viaggio dei
due, Amamiya e Itō, in Nord Corea dove incontrano alcuni dei membri
legati alla Nihon Sekigun (Armata Rossa Giapponese) che il 31 marzo
1970 dirottarono un aereo JAL diretto a Tokyo e che finirono per
rifugiarsi in Nord Corea, dove ancora si trovavano quando il film fu
girato. Qui Amamiya, benché ideologicamente e anagraficamente molto
distante dal gruppo, prova una certa invidia sia per questi
sessantenni ex-terroristi, sia per il senso di unità etnica che
trova, nella sua interpretazione, nel paese asiatico. In uno dei suoi
video, la ragazza confessa che qui non maltrattano i bambini come
invece avviene in Giappone, sia da bambina che da ragazza Amamiya è
infatti stata più volte bullizzata dai suoi compagni.
Con il passare dei minuti, il documentario svela quindi le debolezze e i sentimenti della ragazza che, come si diceva, non ha nessuna paura a confessare le sue paure e indecisioni davanti alla videocamera. Attraverso i video che Tsuchiya e Amamiya si scambiano, a un certo punto vengono a galla i reciproci sentimenti di attrazione che i due cominciano a provare l’un verso l’altra, i due finiranno addirittura per sposarsi a riprese finite. Proprio questo senso di progressivo denudamento e di scoperta di sé attraverso l’occhio della videocamera è ciò che rende il documentario un interessante esperimento che si lega anche, da una parte al videoattivismo da cui Tsuchiya proviene, What Do You Think About the War Responsibility of Emperor Hirohito? (1997) dello stesso regista è in qualche modo il punto di partenza di The New God, dall’altra, alla lunga tradizione del self documentary giapponese. Vale a dire, il documentario personale, diaristico, spesso amatoriale che annovera fra i suoi capostipiti Kazuo Hara con Extreme Private Eros: Love Song 1974 (1974) e Shirōyasu Suzuki con Impressions of a Sunset (1975).
Visto oggi grazie a Made in Japan, Yamagata 1989 – 2021, a distanza di più di vent’anni, The New God rappresenta un interessante esempio di quel processo di liberazione e di democratizzazione del soggetto filmante, problematico e non a senso unico, portato dalla rivoluzione tecnologica delle piccole videocamere, analogiche prima e digitali in seguito. Allo stesso tempo, lo stile da videomessaggio con cui è costruito il lavoro preconizza l’onnipresente estetica odierna dei social media visuali.
C’è molto esibizionismo dietro alle video lettere e video confessioni di Amamiya, il modo in cui si relaziona con l’occhio della videocamera più che le sue dichiarazioni. Ce la fanno sentire molto vicina e non è un caso che il film si concluda con questa frase pronunciata dalla ragazza prima di spegnere il video: «Non posso vivere la mia vita senza una videocamera!».
Info
La scheda di The New God sul sito dello YIDFF.
The New God su DAfilms.com.
Il trailer di The New God.
- Genere: documentario
- Titolo originale: Atarashī kamisama
- Paese/Anno: Giappone | 1999
- Regia: Yutaka Tsuchiya
- Sceneggiatura: Yutaka Tsuchiya
- Fotografia: Hidehito Itō, Karin Amemiya, Yutaka Tsuchiya
- Montaggio: Yutaka Tsuchiya
- Interpreti: Hidehito Itō, Karin Amemiya, Yutaka Tsuchiya
- Colonna sonora: Ken Katō
- Produzione: W-TV OFFICE
- Durata: 99'